Perché i focolarini non votano

Il “patto etico-politico” può essere attuato da un gruppo di cittadini attivi con uno o più candidati e può svilupparsi anche al di fuori di un'appartenenza partitica. L'intuizione di Tommaso Sorgi

«Quando arrivava il tempo delle elezioni, evitavo accuratamente di partecipare ad incontri della comunità dei Focolari, tantopiù se pubblici. Non volevo in alcun modo coinvolgere la realtà ecclesiale alla quale appartenevo, in una scelta politica particolare, che può non essere condivisa da altre persone della comunità. La scelta dell’orientamento politico deve sempre essere personale, responsabile, laica, fatta in coscienza e non per obbedienza».

Sono parole che Tommaso Sorgi mi disse tanti anni fa, quando aveva lasciato da tempo l’attività politica che lo aveva portato alla Camera dei Deputati per tre legislature. Ho messo tra virgolette le parole di Tommaso, perché tante volte siamo entrati in questo argomento e posso dire di conoscere bene il suo pensiero su questo punto.

Alla luce delle sue esperienze e di quelle di altri politici appartenenti ai Focolari, Tommaso propose, infatti, l’idea del “patto etico-politico” che può essere attuato da un gruppo di cittadini attivi con uno o più candidati e può svilupparsi anche al di fuori di un’appartenenza partitica. I cittadini collaborano al programma del candidato, lo accompagnano nel corso del suo mandato sostenendolo e, anche, se è il caso, criticandolo. L’eletto rende conto di ciò che fa, si impegna a informare, a spiegare, ad ascoltare.

I soggetti che stipulato il patto non sono fedeli di qualsivoglia religione, ma cittadini. Certamente la fede suggerisce a ciascuno di loro i principi e i valori più elevati, ma le scelte sui mezzi concreti con i quali attuarli – e che devono essere in ogni caso buoni – aprono a diverse possibilità politiche. Queste differenze, se vissute bene, sono un vantaggio, perché moltiplicano le strategie di sopravvivenza a disposizione di una comunità.

Il contenuto del patto non è uno scambio interessato di favori, ma la ricerca del bene comune realizzabile. Il “patto” infatti è caratterizzato da una virtù che secondo Tommaso Sorgi ha uno spazio anche in politica: la castità, che implica trasparenza e distacco dall’interesse personale nella sfera pubblica.

La sua forma è il dialogo attuato col linguaggio laico della politica e con impegno critico e costruttivo.

Ecco perché nessun focolarino o focolarina, vota, né si candida: se lo fanno, lo fanno da cittadini.

P.S.1. Aristotele, che era stato il precettore di Alessandro Magno e dunque non si può definire un ingenuo, sosteneva che per essere cittadini ci vuole virtù, perché il bene comune è molto esigente.

P.S.2. Se Tommaso Sorgi, con queste idee, è entrato in Parlamento tre volte, vuol dire che funzionano, purché ci sia la statura.

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