Partecipazione che passione

Emerge un’attenzione per la città e il Paese. Tra i giovani c’è domanda di formazione. Si moltiplicano le scuole del Movimento politico per l’unità.
Giovani manifestanti

Non si trova sul pianeta Marte. E nemmeno in capo al mondo. Se sulla carta geografica tirate una linea retta tra Milano e Brescia, che sono alla stessa altezza, e poi una tra Bergamo e Piacenza, situate una sotto l’altra, al punto di incrocio è situata Crema, provincia di Cremona. Il nome evoca una patria dei ghiottoni, ma ora che i 34 mila abitanti sono prossimi al rinnovo del consiglio comunale, l’accesa campagna elettorale non privilegia nemmeno qui i toni dolci.

 

Eppure proprio in città ha preso avvio il 29 ottobre scorso un originale laboratorio, ospitato nella sede locale dell’università di Milano. Si tratta di una “scuola di partecipazione” per giovani: roba seria, impegnativa, esigente, che inizialmente aveva raccolto dieci iscrizioni, ma con il passaparola sono arrivati altri otto giovani.

Paolo Beretta è uno della prima ora. 19 anni, studente del corso di laurea in linguaggi dei media alla Cattolica di Milano, cinque anni fa aveva già aderito a Forza Italia. Subito iscritto alla scuola pure Alessandro Cinciripini, ventenne studente di ingegneria meccanica al Politecnico milanese, vicino al Partito democratico.

 

Crema e Palermo

Possibile la convivenza? Alla scuola di Crema, sì. E infatti non sono i soli di diverse appartenenze e sensibilità a fare assieme un percorso formativo di natura politica.

«Qui a Crema – spiega Beretta – si vuole lavorare per la città e non avere steccati ideologici. Modestamente abbiamo anticipato quello che si vede a livello nazionale da quando c’è il governo Monti». Molto soddisfatto della scuola: «È aperta, si rivolge a tutti ed è costruita da noi giovani. La considero una prosecuzione della formazione iniziata con l’iscrizione al Pdl, ma qui ho trovato fondamentale il principio della fraternità e il suo influsso in politica». Concorda il futuro ingegnere Cinciripini: «Appena iniziato il corso ho invitato degli amici perché stava subito cambiando il mio rapporto con la politica: alla luce della fraternità, ho imparato a non aggredire chi ha idee diverse, ad ascoltare, a nutrire stima, a favorire il dialogo, a ricercare nelle decisioni il bene di tutti. Merito dei docenti, molto preparati, e dei tutor».

 

Due donne, in questa scuola, svolgono un ruolo prezioso: la direttrice Annalisa Colombo e la tutor Ermanna Bellandi, che segue i ragazzi con passione contagiosa. La Bellandi lavora nella sede provinciale del Pdl ed è membro del Movimento politico per l’unità (Mppu), fondato nel 1996 da Chiara Lubich, iniziatrice dei Focolari.

«I giovani – racconta – esigono una nuova politica, nuovi metodi e nuovi approcci ai problemi e il principio della fraternità risponde alle loro, talora inconsapevoli, attese. Sono interessati all’avventura di portare la fraternità in politica». Un effetto: «Lo stupore dei genitori, che vedono i loro ragazzi, già molto impegnati, così partecipi e motivati».

 

Altra latitudine, Palermo, ma analoghi risultati. La scuola di partecipazione è iniziata nel febbraio 2009 e i venti giovani iscritti hanno terminato i due anni di corso. C’è chi ha dovuto lasciare l’isola per studio o lavoro, ma «tutti hanno scoperto – precisa Maria Rita Di Benedetto, uno dei tutor, docente di storia e filosofia nei licei palermitani – la dimensione positiva della politica e la bellezza di essere cittadini attivi, paladini della legalità, capaci di dialogare con apertura e convinzione».

Sulla scorta dell’esperienza positiva, c’è chi ha scelto di studiare scienze politiche e chi s’è impegnato nei luoghi di rappresentanza degli studenti universitari. Quest’anno sono dieci gli iscritti al nuovo corso e «sono ragazzi assai motivati», assicura la Di Benedetto.

 

Germogli

 

Fa un certo effetto parlare con questi giovani, così lucidi nell’argomentare le proprie scelte. E non è da meno vedere gli altri ritratti nelle foto di gruppo: sorridenti e soddisfatti di una scelta che esige tempo (due volte al mese per due anni), impegno a pensare e a scavare, allenamento al dialogo, determinazione (firmano un patto pedagogico per vivere e approfondire la fraternità come categoria politica).

 

Eppure respirano il clima generale di individualismo, portano il peso di un presente lavorativo precario e di un incerto futuro, assistono alla frammentazione dell’idea di cittadinanza e fanno parte della cosiddetta “generazione digitale”, che abita la Rete ed è dotata di nuovi linguaggi, ma fa fatica a vivere il reale e, ancor più, a essere presente e a voler contare (o almeno a contribuire) nei luoghi e nei processi che generano la vita sociale e politica. Siamo in piena crisi, intrappolati nella complessità dei problemi e questi ragazzi invece vogliono capire ed esprimono un nuovo bisogno di pensare.

A loro riguardo, il sociologo Magatti, nell’articolo che segue, parla di «germogli». Un segno anticipatore, non certo una maggioranza, ma che vuole prendere su le sorti del Paese, ad incominciare da quelle della propria città.

 

Scambio tra generazioni

 

Niente più che germogli, ma per quanto riguarda le scuole di partecipazione dell’Mppu si sta assistendo a una primavera anticipata e insperata, perché se ne sono aperte o stanno iniziando un bel po’ in tutta Italia: in novembre a Latina, in gennaio a Casoria-Casavatore (Na), Giulianova (Te), Gubbio (Pg), in febbraio a Grosseto, Ascoli Piceno, Castelli romani, in marzo a Macerata e poi a Pisa. Compresa quella di Crema, sono dieci nuove realtà che si affiancano ad altrettante già esistenti.

 

Una novità e un’abbondanza che sorprende, perché un’iniziativa tanto impegnativa non si improvvisa. «La ragione – chiarisce Elio Giannetti, coordinatore nazionale delle scuole di partecipazione dell’Mppu, medico a Spoleto – sta nel fatto che c’è una presenza di adulti e giovani già impegnati nella città e che vogliono apprendere assieme, in uno scambio intergenerazionale, a diventare cittadini attivi e consapevoli, a vivere la democrazia. Alcuni giovani sono già nei diversi partiti, altri in associazioni legate al territorio».

 

La buona riuscita sembra poggiare anche sulla fisionomia dell’esperienza: «È una rete di comunità di apprendimento – afferma Ilaria Pedrini, insegnante trentina e coordinatrice con Giannetti – che coinvolge docenti generosamente disposti a muoversi lungo l’Italia, tutor che interagiscono con le istituzioni locali, giovani protagonisti delle attività d’aula e delle iniziative nel territorio. Non ultimo, la ricchezza di essere inseriti nel tessuto cittadino e accompagnati dalla comunità locale dei Focolari».

 

In Italia, di scuole di partecipazione o di politica, ne esistono un bel po’ e da molto tempo. Per rispondere alle attese di Benedetto XVI, che più volte ha auspicato una nuova generazione di politici cattolici, anche la Chiesa italiana e varie diocesi hanno dato vita a iniziative.

In casa Mppu sono 20 le scuole in Italia (la prima risale al 1992), 12 in Argentina, 9 in Brasile e una in Corea del Sud. Impegnati nei partiti, eletti nelle amministrazioni locali, tutor nelle scuole, in maggioranza attivi nella società civile: queste le scelte maturate dagli oltre 700 giovani italiani dopo il biennio di frequenza negli ultimi quattro anni.

 

Restano tra loro legati perché il percorso formativo ha qualcosa di peculiare. «Si innesta in un carisma – sostiene la Pedrini –. Le innovazioni nascono dai carismi. E la parola unità dice qualcosa di speciale alla politica, perché è proprio della politica la capacità di comporre le diversità in unità». E aggiunge: «Le nostre scuole ricreano in laboratorio uno spazio libero dal bipolarismo conflittuale. I giovani sono già pronti e aspettano altre stanze pulite, altri coetanei e altri adulti appassionati, con cui continuare a vivere l’arte della politica».

Paolo Lòriga

  

I giovani dei Focolari

 

Impegno sì,

ma serve formazione

 

Evviva la sincerità! Il 25 per cento dei giovani che hanno partecipato al sondaggio lanciato da Città Nuova sulla pagina Facebook dei Gen italiani (1.383 iscritti) ha ammesso che no, non sente crescere il desiderio di partecipazione. Il che sta a dire che il 75 per cento è di avviso contrario.

In quanto agli ambiti d’impegno, in prima linea c’è il volontariato (46 per cento), seguono le varie forme di cittadinanza attiva (31) e le attività culturali (17). In coda la politica locale, con il 6 per cento: una conferma del distacco tra palazzo e giovani? Forse, ma non basta a far passare la voglia di rimboccarsi le maniche: la totalità degli interpellati afferma infatti di sentire l’esigenza di formarsi attraverso una scuola di partecipazione del Movimento politico per l’unità in vista di un maggiore impegno.

 

Le scuole, peraltro, hanno riscosso parecchio successo tra i giovani che vi hanno partecipato. Luca, piemontese, afferma che «a me hanno dato davvero molto: contando che mi consideravo apolitico e antipolitico, è un risultato non indifferente». Anche Sara, siciliana, riconosce che «è un’esperienza che rimane, e soprattutto cambia radicalmente la visione che hai della città in cui vivi». In fondo, le fa eco sempre Luca: «Il vero lavoro inizia nel momento in cui ci si prende le responsabilità come cittadini».

Chiara Andreola

 

Giovani e società

 

Risposte van cercando

 

di Mauro Magatti, preside della facoltà di Sociologia dell’università Cattolica di Milano

 

Parlare di una stagione già evidente di impegno da parte delle nuove generazioni è ancora prematuro. I giovani soffrono in questo momento di una serie di difficoltà e la maggioranza di essi, come peraltro avviene di solito, tende a ripiegarsi su di sé.

Ma è altrettanto vero che sono percepibili segnali di mutamento rispetto a qualche anno fa, quando i giovani erano stati sedotti dall’idea che tutto poteva svolgersi in maniera facile, senza la loro partecipazione e il loro impegno personale. La crisi di questi anni, le perduranti difficoltà economiche e lavorative che li hanno investiti hanno maturato in loro la consapevolezza che l’intero Paese sta attraversando un periodo assai critico.

I giovani cominciano a percepire che la vita non è semplicemente un videogame o qualcosa che va consumato. Siamo in una fase in cui la realtà torna a galla e pone domande. Siamo in un tempo di interrogazione e tutti, giovani compresi, vengono interpellati.

 

A questo hanno sicuramente contribuito le mobilitazioni, lungo l’intero 2011, nel Nord Africa, dove i giovani hanno rivestito un grande ruolo. Ma altre spinte sono giunte dalle manifestazioni dei cosiddetti indignados in vari Paesi del mondo occidentale. Sono segnali importanti, che contribuiscono a elaborare la convinzione che siamo in una fase di uscita da una stagione in cui tutto sembrava immutabile e perciò superfluo e inutile ogni tipo di impegno.

Sono fenomeni significativi che aiutano a capire che il tempo sta cambiando e si può tornare a essere protagonisti. Cresce la consapevolezza che si è dentro dei processi storici, sociali ed economici importanti, per cui la vita non finisce nel perimetro del privato.

 

In questo contesto, anche nelle realtà ecclesiali italiane si vedono dei germogli, ovvero che una parte dei giovani d’oggi, una parte di essi, quella più attenta e sensibile, incomincia a rendersi conto che bisogna interrogarsi e prepararsi, che bisogna assumersi le proprie responsabilità.

Germogli, ripeto. Non si può pensare che ci sia già un movimento di massa. Certamente però – e diffusamente – è cambiato il sentimento: dal non porsi il problema a capire che i problemi ci sono e che possono diventare, per i giovani più avvertiti, una sfida positiva.

Ecco perciò che si va facendo strada l’idea che è importante offrire il proprio contributo, fare la propria parte di cittadino per la costruzione del bene comune. Questo è il senso della politica che si sta recuperando, mentre assai cauti e molto più freddi sono gli atteggiamenti verso la politica in senso istituzionale o nei confronti dei partiti, riguardo ai quali permane forte diffidenza.

 

Da seguire infine l’effetto sulle nuove generazioni dell’operato del governo Monti. Credo che sia molto importante il contributo che questo esecutivo sta dando nel tornare a legittimare le istituzioni. D’altro lato, però, ci sarà da valutare l’impatto sui giovani delle misure che si stanno prendendo, per capire se la voglia di partecipazione non si trasformi unicamente in conflitto, in opposizione.

Mauro Magatti

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