Il papa: non abbiate paura di accogliere

Ripercorriamo le tappe dell'intensa giornata che il pontefice ha trascorso nel capoluogo lombardo, dalla visita alle famiglie del quartiere Forlanini al carcere di San Vittore, dall'incontro coi vescovi in Duomo alla messa al Parco di Monza, e con i cresimandi allo stadio San Siro. Immagini che difficilmente saranno rimosse dal ricordo dei milanesi e di chi vi ha partecipato

«La premura, la sollecitudine della Chiesa, che non rimane nel centro ad aspettare, ma va incontro a tutti, nelle periferie, va incontro anche ai non cristiani, anche ai non credenti…; e porta a tutti Gesù, che è l’amore di Dio fatto carne, che dà senso alla nostra vita e la salva dal male». Subito dopo aver lasciato l’aeroporto, eccolo già nella periferia a farsi prossimo con le persone che abitano nel quartiere Forlanini fatto in gran parte di case popolari abitate da famiglie in difficoltà. Papa Francesco è a Milano per la sua prima visita pastorale alla città e alla chiesa di Ambrogio e Carlo, due giganti della santità.

Papa Francesco con una famiglia del quartiere Forlanini

La mattinata è umida, il sole è coperto dalla nebbia solita, ma ben presto si alzerà e svelerà un giornata di sole bellissimo e di persone. Tantissime felici che aspettano Bergoglio per applaudirlo, salutarlo, ascoltarlo. Ed eccolo che bussa alla porta di tre famiglie, quella di Lino Pasquale, 59 anni, costretto a letto da una grave malattia, e la moglie Dori Falcone. Poi ad aprirgli la porta è una famiglia musulmana, Mihoual Abdel Karim e sua moglie Tardane Hanane con i figli Nada (17 anni), Jihane (10 anni) e Mahmoud (6 anni), e ancora in casa di Nuccio Oneta, di 82 anni, che l’ha accolto da solo perché la moglie Adele Agogini, 81 anni, tre giorni fa è stata ricoverata in ospedale: il papa allora la chiama al telefono e saluta. Stupore e gioia s’intrecciamo sui volti per questa visita straordinaria ma Francesco sdrammatizza: «Siete voi che mi accogliete all’ingresso in Milano, e questo è un grande dono per me: entrare nella città incontrando dei volti, delle famiglie, una comunità». È questo il senso della visita del papa a Milano. La Chiesa che va incontro a tutti, nelle periferie, ai non cristiani, ai non credenti e porta a tutti l’amore di Dio fatto carne. E lo ripete nuovamente «Milanesi sì, ambrosiani certo, ma parte del popolo di Dio, multiculturale e multietnico. Questa è una delle nostre ricchezze. È un popolo chiamato a ospitare le differenze, a integrarle con rispetto e creatività e a celebrare la novità che proviene dagli altri; è un popolo che non ha paura di abbracciare i confini, le frontiere; è un popolo che non ha paura di dare accoglienza a chi ne ha bisogno perché sa che lì è presente il suo Signore».

Papa Francesco e il card. Scola

Poi in Duomo accolto dai vescovi ausiliari, dall’arciprete, dal Capitolo metropolitano, dal Consiglio episcopale milanese e dai vescovi della Lombardia. In Duomo il papa scende nella cripta e sosta nello “Scurolo di San Carlo”,  dove sosta in adorazione del Santissimo Sacramento e in venerazione delle reliquie del santo. Risalito incontra i sacerdoti e i consacrati. Tre domande e tre risposte dense di ricchezza umana e di spunti spirituali.

Papa Francesco a San Vittore, Milano

All’uscita la recita dell’Angelus sul sagrato e la partenza alla volta della casa circondariale di San Vittore. Altro momento toccante. L’umanità di Bergoglio raggiunge i detenuti, tocca i cuori, commuove. Dopo il saluto alla direttrice al cappellano l’incontro con alcune mamme detenute e i loro bambini. La visita continua in tutti gli spazi della casa circondariale: primo raggio, centro clinico, settore femminile e giovani adulti, rotonda centrale – con una rappresentanza di 80 detenuti di tutti i reparti -, sesto raggio per l’incontro con i detenuti “protetti”. Poi il pranzo al terzo raggio, assieme a 100 detenuti rappresentanti di tutti i reparti, con menù ambrosiano: risotto allo zafferano, cotoletta e patatine, panna cotta.

Quasi tre ore riservatissime senza immagini, ma che fanno dire a Francesco: «Vi ringrazio dell’accoglienza. Io mi sento a casa con voi».

 

Alla messa al Parco di Monza ad attenderlo c’e un milione di fedeli, il papa celebra seguendo il rito ambrosiano. È il Vangelo dell’Annunciazione a guidare l’omelia in cui il papa domanda: «Come è possibile vivere la gioia del Vangelo oggi all’interno delle nostre città? È possibile la speranza cristiana in questa situazione, qui e ora?», domande, dice, che  toccano la nostra identità, la vita delle nostre famiglie, dei nostri paesi e delle nostre città. Toccano la vita dei nostri figli, dei nostri giovani ed esigono da parte nostra un nuovo modo di situarci nella storia. Se continuano ad essere possibili la gioia e la speranza cristiana non possiamo, non vogliamo rimanere davanti a tante situazioni dolorose come meri spettatori che guardano il cielo aspettando che “smetta di piovere”. Tutto ciò che accade esige da noi che guardiamo al presente con audacia, con l’audacia di chi sa che la gioia della salvezza prende forma nella vita quotidiana della casa di una giovane di Nazareth. Il Parco di Monza è come un grande prato fiorito, con tanti colori, tanto entusiasmo, tanta gioia, tanta preghiera. Il colpo d’occhio regala immagini che difficilmente saranno rimosse.

Papa Francesco a San Siro

Ma c’è ancora un altro appuntamento per il papa. Ci sono 80 mila ragazzi che lo aspettano con i loro genitori e catechisti, padrini e madrine riuniti allo stadio di San Siro. Il papa ha risposto alle domande di Davide, un ragazzo, Alberto e Monica, una coppia di genitori, e di Valeria una catechista. Fino all’invito finale che si è trasformato in una grande promessa pubblica contro il bullismo: «Mai più bullismo, non fate mai questo e non permettere mai che si faccia nel vostro collegio, nella vostra scuola, nel vostro quartiere». Il milione di persone radunato per la Messa a Monza, oltre 500 mila negli altri incontri e lungo i 100 km percorsi da papa Francesco nella sua giornata dicono dell’amore della gente per questo pontefice. A fine giornata il card. Scola traccia un primo bilancio e dice: «Di questa visita certamente ci rimane la grande responsabilità della Chiesa milanese e lombarde che deriva dalla provocazione così potente e universale che Francesco ci ha portato. Il popolo lo segue con entusiasmo perché lo capisce e gli vuole bene, sente che Francesco ne ha cura e ne è appassionato. È fondamentale prendere sul serio il suo monito di praticare uno stile di relazione tra la Chiesa e la realtà civile che ridica il gusto e la gioia di costruire insieme in una società che è in grande e turbolento cambiamento».

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