Pantelleria, 300 anfore puniche ritrovate nei fondali

Il Mediterraneo restituisce pezzi importanti della civiltà cartaginese. Insieme alla 4000 monete rinvenute nel 2011 e ai reperti della grande battaglia delle Egadi, che pose fine alla prima guerra punica, un’altra scoperta importante che disegna la storia del Mediterraneo prima dell’avvento dell’Impero Romano
Pantelleria
Pantelleria sito archeo gadir_photo Claudio Provenzani_SDSS

I fondali del Mediterraneo restituiscono le antiche anfore puniche. Millenni di storia affiorano nei pressi dell’isola di Pantelleria. Più di 300 anfore sono state individuate a 130 metri di profondità, a qualche centinaio di metri dal porticciolo di Gadir. Il giacimento di anfore era stato avvistato per la prima volta nel 2011 da due subacquei, Fabio Leonardi e Francesco Spiaggiari.

Ora, una nuova ispezione dei fondali è stata effettuata da 7 subacquei altofondalisti della Sdss (The Society for Documentation of Submerged Sites), società specializzata nelle ricerche subacquee. I subacquei specialisti, guidati da Mario Arena, hanno lavorato con il coordinamento di Ferdinando Maurici e Salvo Emma, della Soprintendenza del Mare nell’ambito del progetto di ricerca “Pantelleria 2022”: è stata realizzata una fotogrammetria tridimensionale ad alta risoluzione, attualmente in fase di elaborazione.

Le anfore sono sparse su un’area di circa 400 metri, con una larghezza di 80-90 metri. Solo un terzo di esse appare fratturato, le altre appaiono in buone condizioni. Sarebbero di pregevole fattura e appartenenti a 5 diverse tipologie, ma tutte di epoca punica. Nella zona della Cala Gadir, a nord di Pantelleria, non sono state trovate tracce di imbarcazioni. «L’ampia zona di ritrovamento ci fa fare alcune ipotesi – spiega Salvo Emma –, potrebbe trattarsi di un carico lasciato andare durante un naufragio: questo spiegherebbe l’ampia zona in cui sono sparse tutte le anfore. Il naufragio potrebbe essersi concluso con l’affondamento della nave in un’altra zona. Questa è una delle ipotesi possibili. La fotogrammetria in 3D ci permetterà di capire di più, di comprendere la tipologia delle anfore, il loro stato e ricostruire la possibile dinamica della loro dispersione».

Le anfore, per il momento, non saranno recuperate. Resteranno in fondo al mare anche perché, a quella profondità, non si corre il rischio che vengano depredate. «La decisione sarà assunta successivamente – spiega Emma –, potremmo recuperare solo alcuni esemplari per avviare uno studio».

La campagna di studio proseguirà anche il prossimo anno. «Siamo solo all’inizio di una campagna di rilievo e documentazione – dichiara il soprintendente del Mare, Ferdinando Maurici – che certamente svelerà importanti tracce del passato. La costa nord di Pantelleria ha già restituito preziose testimonianze relative alla navigazione e alla frequentazione dell’Isola in tempi remoti. Continueremo lo studio di questo interessante e difficile sito subacqueo, vista la notevole profondità, grazie alla collaborazione dei professionisti che in questi anni ci hanno consentito di raggiungere eccellenti risultati nello studio della Battaglia delle Egadi».

pantelleria
Monete di Pantelleria recuperate nel 2011_photo Salvo Emma_Sopmare

Il ritrovamento delle 400 anfore non è l’unico avvenuto a Pantelleria, a conferma del fatto che l’isola fosse nelle rotte delle navi dei cartaginesi. Nella zona di Cala Tramontana, sempre nel 2011, vennero recuperate 4000 monete puniche. Nella stessa zona, a circa 20 metri di profondità, sono stati ora ritrovati 11 chiodi in bronzo di un’imbarcazione naufragata nello stesso tratto di mare, 26 anelli in piombo facenti parte della dotazione dell’imbarcazione e alcuni frammenti in metallo, oltre ad alcuni in ceramica. Lo scorso anno, sempre a Cala Tramontana, erano state trovate 40 monete della stessa tipologia, altri chiodi, materiale ceramico e anelli in piombo. I reperti recuperati sono stati trasferiti a Palermo presso il laboratorio di primo intervento della Soprintendenza del Mare per ulteriori studi e analisi.

Una parte delle monete è attualmente in esposizione nella mostra dedicata a Sebastiano Tusa, il soprintendente del mare, che fu anche assessore ai Beni culturali del governo regionale guidato da Nello Musumeci, morto nel 2019 in un incidente aereo a Bishoftu, in Etiopia. «Queste monete saranno poi collocate nel Museo del Mare di Pantelleria, intitolato proprio a Sebastiano Tusa».

Un ritrovamento archeologico non è mai fine a se stesso. Apre squarci di luce su un passato che ci appartiene e che disegna la storia degli uomini che ci hanno preceduto. Cartagine, era stata fondata dai fenici: la sua posizione geografica, a pochi chilometri dal mare, le consentiva di dominare il golfo di Tunisi, al centro del Mediterraneo. I cartaginesi, o “puni”, come li chiamavano i romani, erano signori incontrastati del Mediterraneo con le loro flotte e i loro possedimenti sparsi lungo le coste. Una civiltà coeva con quella romana che invece si affermava sulla penisola italica. Ma la Sicilia e la Sardegna, insieme alla Corsica, erano sotto il controllo dei cartaginesi. Faceva eccezione Siracusa, città greca, che era indipendente da Cartagine e cadde successivamente, ad opera dei romani. A poco a poco contrasti politici e desiderio di dominio sfociarono nelle tre guerre puniche (dal 264 al 146 avanti Cristo). La guerra si concluse con la distruzione di Cartagine che venne rasa al suolo dai romani. Annibale fu costretto in esilio e si uccise prima di essere consegnato ai romani.

I ritrovamenti nel mare, a Pantelleria così come al largo di Levanzo, dove si svolse la celebre “battaglia delle Egadi” (241 a.C.) che mise fine alla prima guerra punica, consentono di ricostruire la storia di quegli anni, narrata anche dagli storici del tempo (Polibio, Tucidide). Mozia, Palermo, Solunto (nei pressi di Palermo), Erice, Lilibeo (l’odierna Marsala), ma anche Malta, Gozo, Pantelleria e Lampedusa (dove però non ci sono ritrovamenti importanti) furono i luoghi di questa civiltà fenicio-cartaginese. Una civiltà che si sviluppò soprattutto a partire dal mare (le città sono tutte costiere, non nell’entroterra). Dominarono l’intero Mediterraneo da Tiro ad Alessandria e Cirene, da Cipro fino alle isole siciliane, alla Sardegna, alle Baleari, a Cadice, nella penisola iberica. Le isole erano sulle rotte di quei popoli di marinai. E nelle isole (Egadi, Pantelleria) in questi ultimi anni si sono avuti i ritrovamenti più importanti.

__

Sostieni l’informazione libera di Città Nuova! Come? Scopri le nostre rivistei corsi di formazione agile e i nostri progetti. Insieme possiamo fare la differenza! Per informazioni: rete@cittanuova.it
_

I più letti della settimana

Mediterraneo di fraternità

Tonino Bello, la guerra e noi

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons