Panama aspetta i giovani

Mancano pochi giorni all’inizio della XXXIV Giornata mondiale della gioventù, che si svolgerà a Panama dal 23 al 28 gennaio. Il tema dell’incontro è «Ecco la serva del Signore; avvenga per me secondo la tua parola (Lc 1,38)». Alla vigilia della partenza, abbiamo intervistato don Michele Falabretti, Responsabile del servizio nazionale per la Pastorale giovanile della Cei

 

Don Falabretti, tra pochi giorni migliaia di giovani da ogni parte del mondo si incontreranno a Panama. Quali sono le novità della Giornata mondiale della gioventù di quest’anno?

Ogni Gmg è nuova. Questa lo è particolarmente perché è un tempo e una situazione molto diversa rispetto al passato, almeno per noi. Intanto, la stagione: per noi europei non è una stagione da Gmg. Sembra una banalità ma è più difficile entrare nel clima da Gmg perché l’estate, il tempo più tradizionale, aiuta ad entrare meglio. Questo non è un tempo di vacanza: bisogna ritagliarsi lo spazio, il tempo non solo per andare ma anche per entrare in questa esperienza, in un periodo che è pieno anche di altri pensieri. È nuova perché si va in un Paese piccolo, quindi sicuramente le dimensioni sono diverse. Io penso che le dimensioni sia del Paese, quelle fisiche dello spazio, sia del numero di persone che si possono incontrare, faranno dell’esperienza qualcosa di diverso, magari anche di meno spersonalizzante perché i rapporti saranno un po’ più “corti” e ci sarà il tempo per chiacchierare, per incontrarsi, per gli scambi. Non necessariamente qualche cosa di più piccolo è qualcosa di negativo. Le novità: la Gmg ha il suo schema, credo che la novità sarà data dal Paese, dal modo di essere accolti, di vivere l’esperienza, che potremo raccontare meglio alla fine.

Il Sinodo 2018, dedicato ai giovani, è stato un momento forte di ascolto della realtà giovanile. A Panama i giovani avranno occasioni di incontro e di dialogo, anche con i vescovi?

Faremo delle catechesi dove il tema fondamentale sarà l’ascolto della Parola, l’ascolto di se stessi, poi il dialogo con i vescovi per generare lo scambio e la riflessione. Saranno gruppi molto più piccoli del solito: a una catechesi si arrivava ad avere anche 500, 1.000 persone. Questa volta saranno gruppi di 40/50 ragazzi.

Il tema della Giornata mondiale della gioventù è «Ecco la serva del Signore; avvenga per me secondo la tua parola (Lc 1,38)». È un invito alla ricerca della propria vocazione?

Noi siamo guidati dal Vangelo dell’annunciazione e quindi siamo guidati – e anche provocati – dalla figura di Maria. Il tema dell’ascolto della Parola è un tema che ci spinge a trovare una forma di vita che è quella che si fida di una Parola che scende dall’alto e chiama. È una cosa che, ultimamente, non va molto di moda: va di moda l’uomo che si fa da solo.

Dopo esperienze forti come la Gmg c’è sempre il rischio della dispersione. Quali cammini pensare per i giovani nella vita “ordinaria”?

Questa domanda nasconde sempre un’insidia che è quella, da una parte, di desiderare per i giovani che accada qualcosa, dall’altra la domanda vera non va né ai giovani, né a chi partecipa o a chi organizza, ma va alla vita pastorale ordinaria, quella che si trova a casa. Se parliamo di vita pastorale io credo che non sia corretto aspettarsi che l’ordinario cambi attraverso l’esperienza della Gmg. L’ordinario deve cambiare per altro, perché è la Chiesa che cammina, che si interroga, nel tempo, nello spazio, nel luogo, nella cultura dove vive. La Gmg è una iniziativa molto particolare, non può essere considerata l’ordinario della vita della Chiesa, quindi non mi aspetto nessun cambiamento della vita pastorale dalla Gmg. Per quanto riguarda, invece, il cammino personale della fede di ciascuno, credo che la Gmg possa generare molto, ma che cosa possa generare dipende da due fattori. Uno, sicuramente da chi accompagna, chi porta questi ragazzi: che cosa farà poi? Sarà capace di prenderli per mano, sarà capace di raccogliere un cammino, sarà capace di aiutarli fare verifica, sarà capace di aiutarli a rileggere quello che hanno vissuto? Questa è una condizione importante. La seconda, i ragazzi stessi. Se i ragazzi vanno in gita, è una gita. Se i ragazzi si lasciano provocare da quello che sentono e vivono, allora potrebbero succedere delle cose grandi e su questo mi sembra importante ricordarci e affermare che quello che viene seminato nei cuori non può essere verificato subito. Penso che un’esperienza di fede, un’esperienza di Chiesa, un’esperienza di viaggio, sono cose che segnano nel profondo e che poi riemergono anche un po’ alla volta. È un po’ una pretesa sperare e pensare che si possano misurare dei risultati nell’immediato.

Quanti sono i ragazzi che partono dall’Italia? Come sarà organizzata per loro questa esperienza?

Abbiamo un dato aggiornato che è di circa 1250 giovani. Ci sono una cinquantina di gruppi che si sono raccolti dai territori. Ogni gruppo viaggia in autonomia, poi là ci sono i giorni del gemellaggio con la diocesi di Chitrè e poi i giorni della settimana dell’evento a Panama. L’organizzazione, dal gemellaggio agli eventi centrali, fa riferimento a quello che è stato pensato da chi ci accoglie, da Panama. Ci sarà qualcuno che farà anche viaggi missionari, ma questo ognuno lo decide un po’ da se’. Nella scuola Enrico Fermi, una scuola italiana a Panama, avremo la base logistica e lì ci sarà Casa Italia, che è il punto di riferimento per gli italiani che saranno lì.

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