Oltre il referendum sulle trivelle. Per la “casa comune”

Ha vinto l’astensione con il mancato raggiungimento del quorum previsto dalla legge sul referendum abrogativo. Il dibattito avviato può essere tuttavia, oltre le polemiche, l’occasione per discutere sulle politiche energetiche future senza mettere in conflitto tra loro occupazione e ambiente
Ansa referendum

Affluenza bloccata al 32%. Il referendum di domenica 17 aprile non ha raggiunto il quorum, come era prevedibile per ogni osservatore anche superficiale.

 

Nonostante ogni polemica ricorrente, ha vinto la scelta dell’astensione che è una strategia efficace, come si è visto in altre occasioni precedenti, ad esempio nel voto referendario sulla fecondazione assistita o per quello sull’estensione della tutela dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori alle aziende con meno di 15 dipendenti. Nel primo caso l’invito ad astenersi dalla cabina elettorale è arrivato dal presidente della Conferenza episcopale italiana, nel secondo dai vertici dell’allora Pds. Questa volta il messaggio esplicito è arrivato dal presidente del Consiglio e dalla maggioranza del suo partito.

 

La questione dibattuta del regime concessorio delle trivellazioni in mare è sembrata troppo complessa a gran parte degli italiani che probabilmente, prima dell’indizione del referendum, ignoravano addirittura che in Italia esistessero giacimenti per l’estrazione di fonti di energia come il petrolio o il gas.

 

L’aver fissato la data del voto al 17 aprile, senza abbinare la scadenza con quella delle amministrative che riguarderanno oltre 1300 comuni il prossimo 5 giugno, ha abbassato la percentuale di possibili votanti ma ha anche accentuato questa carenza di informazione difficile da recuperare in tempi brevi. Il rischio, come sempre, è quello di decidere puntando più alla logica degli schieramenti e alle simpatie e antipatie viscerali che alle questioni in gioco.  Sull'impossibilità dell'abbinamento si era espresso così il ministro degli interni Angelino Alfano:«Difficoltà tecniche non superabili in via amministrativa: ci vuole una legge apposita».

 

Stavolta, inoltre, non c’è stata, come nel 2011 quando il quorum è stato raggiunto, la stessa mobilitazione sull’acqua pubblica e il contemporaneo disastro nucleare in Giappone che hanno fatto da leva sull’immaginario dell’elettore per muoverlo verso le urne. Così nel 1991 l’invito dell’allora presidente del Consiglio Bettino Craxi ad andare al mare per far fallire il referendum sulla legge elettorale, si rivelò perdente perché si scontrò con l’insofferenza crescente verso la corruzione, che esplose con gli scandali del 1992.

 

Nella conferenza pubblica notturna convocata dal premier Matteo Renzi poco dopo la notizia del mancato raggiungimento del quorum, il presidente del Consiglio ha dedicato questo risultato agli 11 mila lavoratori del settore estrattivo che avrebbero visto compromessa la propria occupazione, mentre i comitati del sì continuano a sostenere che a essere tutelati da questo risultato sono solo le lobby delle società petrolifere.

 

Citta Nuova ha dato spazio a un dibattito aperto ed esigente sul quotidiano web e ha promosso un forum a Roma mettendo a confronto l’ex presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza, sostenitore del sì, con la controparte rappresentata da Antonello Assogna, segretario generale della Femca Cisl (energia e chimica). Un dibattito che si è avvalso della grande competenza di Alessio Valente, professore di Geologia all’Università del Sannio.

 

Nel dialogo approfondito che ha toccato argomenti sensibili come le strategie reali dell’Eni con le ricadute geopolitiche (si pensi al rapporto con l’Egitto), sono emerse tutte le contraddizioni di orientare il discorso ponendo in conflitto lavoro, cioè occupazione, e tutela dell’ambiente. Una prospettiva perdente che richiede, invece, un cambio di passo.

 

Il referendum, al di là del risultato scontato, potrebbe rilanciare ora il discorso con una maggiore consapevolezza sulla politica energetica italiana, sugli investimenti dedicati alle fonti rinnovabili e le necessarie scelte di investire su ricerca e innovazione. Per chi ha a cuore l’ecologia integrale proposta dalla Laudato si’ il cantiere per una democrazia reale che va oltre il voto è destinato a restare aperto.

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