Nuovi scenari geopolitici: multipolarismo crescente

La strada della multipolarità è in crescita in tutto il mondo. Basta considerare le varie conferenze internazionali che si sono tenute nei mesi scorsi: Brics; accordi Usa, Giappone, Sudcorea; alleanze fra Paesi arabi; l’Asean del Sudest asiatico; le alleanze fra Paesi africani, ecc.
(Gianluigi Guercia/Pool via AP)

Due recenti e interessanti articoli-studio proposti da Avvenire  e dall’Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale)  mettono in evidenza come il mondo abbia imboccato la strada della multipolarità.

Basta considerare le varie conferenze internazionali che si sono tenute nei mesi scorsi: in particolare quella dei Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) che nel loro ultimo incontro di Johannesburg – a fine agosto di quest’anno – hanno deciso che dal 1° gennaio 2024 potranno unirsi a loro anche Arabia SauditaArgentinaEgittoEmirati Arabi UnitiEtiopia e Iran, in attesa di altri Paesi che sono in lista d’attesa.

Ma non possiamo nemmeno dimenticare gli accordi stretti a Washington fra Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud e la presenza sempre più importante in contesto asiatico – ma con ripercussioni mondiali – dei Paesi dell’Asean, che raccoglie le nazioni del Sudest asiatico. A Indonesia, Malesia, Filippine, Singapore e Thailandia, i Paesi fondatori, si sono aggiunti, successivamente, Brunei, Vietnam, Laos e Myanmar e, ancora, la Cambogia.

Ci sono, poi, altre alleanze fra Paesi arabi e quella fra le nazioni dell’Africa. Proprio l’Africa, a cui è dedicato l’ultimo numero della rivista di geopolitica Limes, è il terreno su cui si sta giocando molto del futuro del mondo.

La sua popolazione sta crescendo e i migranti che arrivano in Europa sono solo un numero quasi infinitesimale dei processi migratori interni al continente, che attraversa crisi e problemi di ogni tipo, ma, allo stesso tempo, costituisce una fonte di ricchezze inestimabili e potenziali contesti di investimenti a cui l’occidente non sembra – al contrario di Cina e Russia – particolarmente interessato.

Anzi, recenti colpi di stato (in particolare quello in Niger) sono messaggi chiari ai Paesi colonizzatori e neo-colonizzatori di una ricerca di vera e definitiva indipendenza. A fronte di questo, non possiamo dimenticare che gli Stati Uniti si sono, ormai, ritirati dall’Europa anche se si sono impegnati a sostenere l’Ucraina, ma con la coscienza che il vero punto di interesse e confronto è ormai quello con la Cina. La verità è che l’occidente non è più il centro del mondo, soprattutto, poi, con l’atteggiamento di difesa e chiusura che tende ad avere con chi proviene dall’esterno, di cui fra l’altro non potrà fare a meno nel giro di pochi anni. In Europa ci si difende da chi sarebbe la risorsa capace di garantire il futuro: i migranti.

Il mondo è ormai multipolare e non più occidental-centrico, mentre l’Europa (soprattutto occidentale) sembra essere entrata in una bolla isolata e isolante, da dove è capace di guardare solo ai suoi problemi con picche e ripicche interne, senza rendersi conto che di fronte al multipolarismo per essere credibili e riconosciuti è necessario essere uniti.

Inoltre, è necessario guardare agli altri con rispetto soprattutto per le loro culture e rispettive società. Non è più possibile essere paladini dei diritti umani e della democrazia – e certi atteggiamenti interni e purtroppo ancora coloniali dell’occidente non rappresentano un atteggiamento di coerenza – e pretendere di interferire nelle questioni di altri Paesi.

In questo panorama mondiale liquido, per dirla con Bauman, un recente fenomeno che suscita interesse e merita una riflessione è una crisi diffusa del sistema democratico fra i Paesi del sud est asiatico. In Myanmar, soprattutto, dal 2021, dopo il colpo di stato che ha messo fine alla speranza di riavvio di un sistema democratico, è in atto una vera e propria guerra civile con migliaia di oppositori del regime imprigionati e anche uccisi.

La Thailandia, dopo i golpe del 2006 e del 2014, si trova in una situazione di grande instabilità e, rispetto al passato, non può più contare su una figura di autorità morale assoluta e garante come il precedente sovrano, padre dell’attuale. In Cambogia le elezioni farsa stanno trasformando il Paese in una dinastia mentre Vietnam e Laos sono governati da un unico partito. Le stesse Filippine, reduci dal governo decisionista – per usare un eufemismo – di Duterte, si sono ora affidate a Ferdinand Romuáldez Marcos Jr., detto Bongbong, figlio dell’ex dittatore Ferdinando Marcos, che governa con la figlia di Duterte.

Restano la Malesia e l’Indonesia, due Paesi a stragrande maggioranza musulmana. Il primo ha una storia autoritaria ed un uso della magistratura da parte dell’amministrazione politica a fini strumentali. L’Indonesia, invece, si prepara alle elezioni del prossimo anno con il fiato sospeso e la possibilità di passare in mano all’Islam radicale. I Paesi dell’Asean hanno ed avranno un ruolo importante nella geopolitica, anche per motivi economici e finanziari, ma non sembrano in grado di assicurare governi democratici. Questo preoccupa l’occidente. Ma anche in quella parte di mondo è necessario che la democrazia faccia il suo corso e trovi modalità consone alla cultura buddhista, confuciana e musulmana, che non sempre seguono la stessa logica del mondo occidentale.

Insomma, la geopolitica dell’occidente e, in particolare, dell’Europa occidentale, appare complessa ed il suo futuro tutt’altro che roseo, anche al di là della guerra in Ucraina. L’Europa deve imparare a vivere in un mondo multipolare e a farlo insieme, mettendo fine alle continue faide interne che incrinano quella che è stata un’intuizione profetica dei suoi padri fondatori.

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