Noi credevamo, il Risorgimento secondo Martone

Uno sguardo senza aloni romantici su un capitolo della nostra Storia.
noi credevamo

Dopo oltre tre ore di proiezione, seguite da un lungo applauso, una riflessione sul nuovo film del regista napoletano appare necessaria, anche se difficile. Attraverso la storia di tre giovani, due nobili ed un contadino del Cilento, si ripercorre la storia dell’unità d’Italia dagli anni Venti ai Settanta dell’Ottocento. Si intrecciano volti e situazione note – da Crispi a Mazzini,dalla principessa di Belgioioso a Felice Orsini, dall’insurrezione mazziniana in Savoia alla guerra d’Aspromonte, al brigantaggio. Ovviamente Martone ha scelto solo alcuni momenti, visti tuttavia, grazie ad un documentazione approfondita, non con gli occhi dei “padri della patria” ma quello di alcuni giovani idealisti. Uno sguardo originale, perché, grazie alle loro vicende di amicizia, tradimento, lealtà e trasformismo, ci si offre una indagine sull’“altro” Risorgimento, quello che i libri di storia non dicono,che però è quanto mai vero.

 

Il film appare dunque un’operazione coraggiosa – perché tocca un mito “sacro” su cui non abbiamo ancora fatto i conti – che darà certo luogo a polemiche più o meno legittime. E i grandi eroi, come ad esempio Mazzini, appaiono nella loro fragilità umana, senza alcun alone romantico. Nello stesso tempo, la chiave di lettura offerta dal regista sembra essere quella del contributo di sangue e di morte che è stato il prezzo necessario per la realizzazione dell’albero dell’unità nazionale, anche se le sue «radici sono assai fragili». Frase che getta una possibilità di lettura sulla nostra contemporaneità come frutto appunto di una nascita difficile e contrastata. E, a proposito di dolore, la scelta delle musiche di Verdi, Rossini e Bellini – quelle particolarmente sofferte (nessun coro patriottico) – diventa un film sonoro a parte che commenta e spiega ogni singola scena con rara efficacia.

 

Bisogna dire che Martone si è tenuto lontano da ogni retorica e da qualsiasi ideologismo, ma ha saputo comporre con grande sobrietà una serie di quadri di andamento teatrale, visivamente molto belli, con dialoghi autentici, privi di enfasi. La prova attoriale è valida: Toni Servillo, Francesca Inaudi, Luigi Lo Cascio, Michele Riondino e tutta la coralità degli altri interpreti hanno dato vita ad un affresco che cela, in fondo, una nota di amarezza. Noi – un noi che significa gli appassionati dell’unità nazionale – “credevamo” in un ideale, che, riportandoci all’oggi, sembra irrealizzato o realizzato solo in parte. In un anno povero di celebrazioni sentite sulla nostra “nazione”, forse il film di Martone può avere, al di là delle indubbie qualità estetiche, un invito ad una riflessione sulla nostra storia. Da guardare con occhi della verità. Forse, per ricominciare un nuovo percorso?

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