Niragongo tragedia e speranza

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Stiamo preparandoci a partire da Bujumbura, capitale del Burundi dove risediamo, per visitare i nostri amici nella graziosa città del Kivu, nell’est del Congo. Suona il telefono. È Ambroise, proprio da Goma: la sua voce è grave. Ci chiede di pregare perché la terra trema e il vulcano Nyiragongo che sovrasta la città ha cominciato da qualche ora ad eruttare. A sera ascoltiamo la radio: gli abitanti della città sono scappati nel vicino Ruanda per sfuggire alla lava, arrivata all’abitato, dopo aver distrutto l’aeroporto. All’alba la radio conferma: Goma è stata tagliata in due dalla lava che ha distrutto il centro della città. La colata si raffredda nel lago Kivu. Ambroise si rifà vivo più tardi, grazie ai benedetti cellulari che anche qui cominciano a funzionare. Con suoi è rifugiato a Gisenyi, dall’altro lato della frontiera. Malgrado i disagi, ci si organizza per sopravvivere, mentre la terra continua a tremare. morale è nonostante tutto alto. Ambroise ci dice papale papale che gli amici della comunità dei Focolari alcune centinaia di persone a Goma hanno trovato in questa tragedia una nuova possibilità di mettersi a disposizione di chi ha più bisogno. L’odore di zolfo Passa qualche giorno e decidiamo di partire, in macchina. Alla frontiera, solita confusione di giornalisti e di colonne di aiuti umanitari delle Ong. Poi raggiungiamo la nostra meta. La desolazione è totale. L’aria è irrespirabile, aleggia un nauseante odore di zolfo. Gli sguardi sono abbattuti. Entriamo nel quartiere commerciale: facciate di casa senza ormai nulla dietro. Finché giungiamo all’immenso fiume di lava che ha tagliato in due città. I bulldozer sono in azione per scavare un passaggio. Riusciamo a trovare un varco, più stretto, che ci permette di superare i cinquecento metri del fronte ancora fumante: scorgiamo la croce della cattedrale, ancora dritta sulla sommità del campanileinghiottito dal magma. La scena è apocalittica. Il contrasto ci appare ancora più stridente quando arriviamo da padre Louis Quintard, un padre bianco, che è ben contento di ricevere la consolazione di una visita; tuttavia sono piuttosto lui e i suoi amici che tolgono dal nostro cuore ogni sorta di timore. È il momento del racconto: “Stavamo cenando, senza essere troppo preoccupati: tante volte il vulcano aveva brontolato senza far danni. È vero, dalla finestra si vedevano i fumi della lava levarsi al cielo, ma il pericolo sembrava lontano. Poi, improvvisamente, abbiamo sentito delle esplosioni: delle enormi palle di fuoco si elevavano fino a trecento metri di altezza. Abbiamo lasciato tutto sulla tavola e siamo fuggiti. Ci siamo diretti verso Ruanda, sola possibilità di fuga. Ci siamo imbattuti in un vero e proprio esodo: tutta la popolazione di Goma stava fuggendo, su ogni mezzo disponibile, con automezzi sovraccarichi, grida, pianti. Si è creato un ingorgo spaventoso, che ben presto ci ha costretti a lasciare le auto per continuare a piedi. La lava si avvicinava minacciosa “. Ci racconta di atti eroici, di vecchi e bambini salvati con coraggio e generosità. (Per la cronaca, la lava si è poi fermata contro il muro di cinta della casa di padre Quintard…). Ritornando a casa (se c’è ancora) Non è stato facile il breve periodo trascorso in Ruanda. Diceva una donna: “Dopo tre giorni vissuti col cielo stellato come tetto, siamo rientrati a Goma nonostante la paura. Ci costava di essere rifugiati in un altro paese, con il quale tra l’altro non ci sono buone relazioni diplomatiche”. Ma c’è anche chi racconta di avere trovato alloggio e una buona accoglienza, malgrado nella popolazione congolese stia crescendo l’ostilità per gli occupanti ruandesi. “Rientrando a Goma – ci racconta un altro amico -, la lava ancora bruciava: bisognava stare attenti a dove si mettevano i piedi. Volevamo tutti capire se le nostre case erano ancora in piedi. Ma a volte si faticava a riconoscere il luogo stesso, tanto era stato modificato dalla colata. Altri hanno ritrovato la casa, ma saccheggiata di tutto, anche del tetto di zinco”. Una pausa nel racconto: “Questo è capitato alla mia famiglia. Potete immaginare la nostra desolazione. Ma dopo qualche momento di smarrimento abbiamo letto in questo danno un richiamo di Dio: non vale la pena di legarsi troppo alle cose materiali”. Comunque, una cinquantina di famiglie della comunità non hanno più casa, e sono ora ospitate da parenti o dalle altre famiglie della comunità, disperse nella città. Conoscendo i congolesi, col loro carattere forte, gioioso, dinamico e irriducibile, riconosciamo in tutti, nonostante lo sgomento, la voglia di vivere. Camminiamo sulla lava ancora calda; qualcuno ne approfitta per cucinare del riso o per far asciugare i pochi capi di vestiario rimasti. Cadono ogni tanto scrosci di pioggia, e allora non si vede più il nero del magma, ma tutto diventa bianco di vapore. Poi, vicino alla cattedrale ormai sommersa dalla colata, vediamo un gran muoversi di uomini che trasportano pali di legno: ripassando di là qualche ora più tardi, scorgiamo un nuovo mercato. Tra nuove paure Poco più tardi vediamo delle suore caricare la macchina con grande fretta e paura. Dei vulcanologi avrebbero lasciato intendere che tra poco ci sarà una nuova eruzione del Nyiragongo, e che tutta Goma sarà distrutta. Ma si tratta di un falso allarme, psicosi collettiva. Vere paure. Eppure, il sentimento che domina nella comunità – forse si fa fatica a crederlo, ma è proprio così – è la gioia: persone “in piedi”, che vivono una esperienza intensa. Le enormi difficoltà sembrano aver risvegliato in loro i sentimenti più elevati, la solidarietà nel bisogno, l’attenzione alle necessità altrui, oltre tutti i disagi e tutte le distruzioni. Ad esempio la famiglia di Pierre e Eliane: “L’eruzione – dice Pierre – mi ha ricordato che prima di tutto devo preoccuparmi di quello che non può essere distrutto. La tragedia mi ha spinto a condividere quello che ho con i più poveri di me”. Ed Eliane: “Quando fuggivamo, avevo due bambini e una piccola valigia. Tutti correvano per cercarsi di salvarsi la vita, la circolazione era difficile. Ho visto una piccola di quattro anni che piangeva, si era persa. Una voce mi ammoniva: “Come riuscirai a prendere con te tutti questi bambini?”. E tanti mi dicevano di lasciarla perdere… Ma l’abbiamo presa. Ed è ancora con noi, perché non sono stati ancora ritrovati i suoi genitori”. La boutique Eravamo partiti da Bujumbura con la macchina carica di aiuti raccolti nella comunità dei Focolari del Burundi, che pure sta attraversando una terribile crisi economica. Passando da Kigali, capitale del Ruanda, abbiamo saputo che alcuni del movimento erano già partiti per Goma con tanti aiuti… In qualche modo avevamo l’impressione che si ripetesse l’esperienza della prima comunità cristiana, quando non c’erano indigenti, perché tutto era in comune. Arrivando in Congo, abbiamo poi visto i campi di distribuzione di alimenti, acqua e vestiario delle diverse Ong: una ressa indescrivibile, e una certa ansia di accaparramento. Così è maturata in noi l’idea di organizzare una distribuzione diversa, mettendo in moto la capacità di donare di ognuno, e non solo di ricevere. Organizziamo quindi una boutique: ognuno viene per cercare quello di cui ha bisogno, ma nello stesso tempo dà qualcosa del suo. Proviamo una vera commozione aprendo i pacchi: vestiti, zucchero, contenitori per l’acqua… Tutte cose preziose per chi non ha niente o quasi niente. È impossibile descrivere la gioia di chi dà, e poi la gioia di chi riceve. Alcuni, che non hanno proprio più nulla, si offrono di fare i commessi. Si indugia a lungo. Tutta la merce è stata distribuita; ora ci si scambiano i propri racconti, le impressioni, la gioia. Su una vecchia lavagna, un uomo scrive con un’ingenuità che esprime qualcosa di vero: “Eruzione del vulcano = Eruzione d’unità”. Goma e il Kivu 350 mila abitanti, Goma è situata a 1200 metri di altezza, alle pendici del vulcano Nyiragongo 3500 metri) e sulle rive del lago Kivu. La regione omonima costituisce la parte più orientale della Repubblica democratica del Congo, ex-Zaire. È una zona strategica, alla frontiera con Uganda, Burundi e Ruanda. Nel 1994 Goma era salita alle cronache per l’esodo dei ruandesi, causato del genocidio nel paese confinante. Nell’agosto del 1998, poi, il partito filoruandese Rcd aveva dichiarato l’indipendenza della regione dal Congo. E il governo centrale se ne è disinteressato, a causa delle questioni politiche del dopo Mobutu. Insicurezza e corruzione sono pane quotidiano in questa regione abbandonata. In questo quadro è arrivata l’eruzione del Nyiragongo, la seconda degli ultimi decenni. Nel 1977 la prima aveva provocato in pochi minuti la distruzione di un quartiere periferico, con la morte di duemila persone.

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