Vicino ai migranti sotto la neve

Un centinaio di giovani sono ammassati sotto i teli sulla strada che da Ventimiglia porta verso il col di Tenda e la Francia. In tanti si sono mobilitati per offrire un aiuto. Il centro di accoglienza del Parco Roya

La neve ieri pomeriggio non ha risparmiato Ventimiglia e i nostri lettori penso sappiano cosa significhi dire neve nella città di confine. Il pensiero va ai profughi rifugiati sotto il cavalcavia della strada che porta al colle di Tenda, chiuso tra l’altro per neve. Lì sotto, accanto al fiume Roya, nascosti dai teli ricoperti di neve giacciono inermi oltre un centinaio di giovani. La temperatura ieri sera alle 17 era di un grado sopra lo zero.

Domenica sera la Croce Rossa aveva invitato mamme e bimbi piccoli a lasciare quel sito e prendere posto nel campo attrezzato poco più avanti, l’operazione pare sia riuscita senza problemi. Anche ieri i volontari, in sinergia con l’amministrazione comunale, hanno lavorato per convincere il più possibile i giovani a sistemarsi tutti nel vicino centro di accoglienza del Parco Roya.

«Nel centro, almeno, possono godere di un pasto caldo, un posto dove ripararsi e una doccia calda – spiega il commissario della Croce Rossa di Ventimiglia, Vincenzo Palmero –. Al momento sono in corso sopralluoghi per verificare la presenza nel greto del fiume di altri migranti». Tanti i volontari delle associazioni, molti privati cittadini e l’instancabile don Rito, il parroco della parrocchia di Sant’Antonio alle Gianchette, che sono sul posto. Chi con coperte, chi con thermos di bevande calde, chi con giacche a vento e cappotti per soccorrere chi ha bisogno.

Oltretutto ieri sera le famiglie di francesi che da due anni ogni sera hanno assicurato la cena calda a tutti gli occupanti del Roya, sostituendosi alla Caritas che distribuisce il pranzo, non hanno potuto scendere poiché le strade sono tutte bloccate. È stata la Caritas e distribuire anche la cena, cosa che potrebbe continuare ancora per alcuni giorni. Don Rito ha riaperto la chiesa e accolto chi non aveva spazio altrove.

Anche la stazione ferroviaria ha lasciato aperto i vari spazi interni per l’accoglienza, come pure la Cgil ha deciso di aprire la propria sede. La città pare ferma, colta dall’improvvisa ondata di freddo e neve. C’è un unico via vai: quello delle persone preoccupate per la sorte «di quei poveri ragazzi», mi spiega Andrea, un pensionato che con un borsone pieno di thermos di bevande calde si sta dirigendo sotto il cavalcavia. Marcella e Irene, invece, stanno scaricando dalla propria auto sacchi a pelo e coperte spesse. Piumoni, guanti e dopo-sci.

Il freddo si fa più pungente, ora non nevica più, sono passate da poco le 18. I locali della Caritas sono aperti e si può mangiare qualcosa di caldo, mentre nell’atrio della stazione ferroviaria i volontari servono thè caldo a volontà. Al momento la situazione pare abbastanza monitorata. Tra i rifugiati infreddoliti c’è anche chi è felice perché tocca con mano, è il caso di dirlo, la neve per la prima volta. E dopo un iniziale spavento, scoppia una risata liberatoria.

Intanto sui gruppi whatsapp circola questo messaggio: «Amici… non mi importa ciò che pensate a riguardo, ma questa settimana le persone sotto il ponte a Ventimiglia rischiano di morire di freddo. Non mi importa perché stiano lì, mi importa che non muoiano di freddo davanti ai nostri occhi senza far nulla! Servono coperte, sacchi a pelo e tende. Il primo carico parte domani alle 14,30. Chiamatemi se avete da dare qualcosa che io passo a ritirare. Vi prego di non commentare, se non vi interessa non chiamate e basta. Grazie».

 

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