Nell’anima di Cuba

Èuna commistione tra arte e vita. Indagine dell’anima di un popolo. Cuba 2006, la rivoluzione energetica della coreografa Monica Casadei, rimanda – ma con una sua peculiare freschezza creativa e gestuale tutta contemporanea – agli omaggi alle città del mondo che hanno costituito un filone tematico di Pina Bausch. Lo spettacolo nasce da un periodo di residenza artistica e di scambio della compagnia Artemis Danza nel Paese ospitante: incipit creativo per assorbirne umori, storie, suggestioni, immagini. Ed è l’energia della sopravvivenza il risultato della coreografia: molto fisica, compatta, tenace, che riflette il carattere, la fierezza, e la capacità di resistenza del popolo cubano. Dietro le maschere del sorriso, della danze sinuose, dei facili approcci, dei ritmi allegri, si cela la soffe- renza trattenuta, l’urlo soffocato, il gesto interrotto. La Casadei lo esprime con straordinarie scene d’ensemble e svariati assoli, incluso il suo con un’impalpabile veste bianca sulle parole della lettera d’addio di Che Guevara. Nella nuda scena aperta sulle quinte, religiosità e cultura profana si intrecciano sulla sagoma di una stella luminosa proiettata al centro del palco, dove vengono evocati, evitando il facile folklore, alcuni simboli e stereotipi dell’immaginario di Cuba. Costumi coloratissimi (predominanti il rosso e l’azzurro della bandiera nazionale), panni stesi a illustrare la vita all’aperto, e gli ossessivi slogan del leader maximo Hasta la victoria siempre, e Patria o muerte, scandiscono scene e situazioni catturate dalla strada e sublimate in movimenti coreografici che rimandano a un vissuto sociale: come la repressione della parola nella passerella di coppie sorridenti, subito bloccate da altre coppie che con le mani coprono loro bocca, occhi e orecchie. Ma resiste, infine, la dignità. E, pur nel chiudersi soffocante della scena – con l’alzarsi di tre pareti di cartone -, e il progressivo calare delle lampade al neon che schiacciano i danzatori, scorrono inserti filmati dove la vitalità reale della gente rischiara un destino d’oppressione.

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