Mozart smascherato

“Le nozze di Figaro”. Regia G.Strehler, direttore R.Muti. Wiener Philharmoniker, Wiener Staatsopernchor. Drammaticità preverdiana, quasi, nell’avvio della “folla giornata” di Figaro e compagni. Muti, nei primi due atti, insiste sul gioco delle maschere sotto cui ognuno si cela con sterzate dell’orchestra, colpi bassi degli archi gravi e delle percussioni, ambiguità sulla pseudoinnocenza di tutti, da Cherubino a Bartolo. Poi, negli altri due atti, con l’infittirsi degli equivoci, le maschere cadono, l’ampio gesto direttoriale fa emergere la “misura” mozartiana leggera, ognuno è finalmente sé stesso, così che il “perdono” finale diventa salutare approdo, bisogno universale: nel “Contessa, perdono” si alza l’Andante-Adagio di un corale religioso, una pausa infinita, necessaria perché di perdono – una volta ripresa la vita – ci sarà ancora bisogno. Memorabile edizione del sodalizio Muti-Strehler (1981), le Nozze ravennati vedono la concezione “esistenziale” mutiana percorsa da brividi, cui i docili Wiener prestano suoni dal trepido al dolce, dal teso all’ostinato: mobilissimi dietro la “falcata” incalzante – e incantata – con cui un grande Muti indaga senza sosta il “prisma” Mozart, ricevendone tutti un senso finale di pace. Certo, l’allestimento – delicato e chiaro nelle scene e nei costumi – , la ripresa di una regia intelligente e “dentro” le righe, sostiene la musica e il cast: brillano il Figaro di Carlos Alvarez, voce pastosa ed espressiva, il Bartolo potente di Mauro Muraro, l’agile di voce e di scena Susanna di Tatiana Lisnic, la grandiosa (e maliziosa) Contessa di Melanie Diener. Successo vivissimo, in attesa di un nuovo allestimento.

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