Moschea o luoghi di culto?

Il cardinale Tettamanzi precisa le sue posizioni dopo la polemica con il ministro Maroni. «Ho detto cose scomode. Io seguo il vangelo e non mi preoccupo»
Dionigi Tettamanzi

L’arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi, lancia un appello a favore dei musulmani del capoluogo lombardo: «Gli islamici di Milano – ha detto il porporato in un’intervista a La Repubblica – hanno diritto ad avere un posto dove pregare». «Spesso – ha aggiunto – la politica strumentalizza il problema aumentando il livello dello scontro. Le istituzioni civili milanesi devono garantire a tutti la libertà religiosa e il diritto di culto. La mancanza della moschea è un problema grave, che bisogna risolvere urgentemente. La questione interroga la città nel suo complesso. «Le autorità locali devono cercare di trovare una soluzione in tempi brevi – ha dichiarato Tettamanzi – rimandare il momento in cui la questione sarà affrontata, può solo incancrenire la situazione e aumentare la tensione».   

 

La presa di posizione di Tettamanzi arriva proprio nel periodo in cui sta per finire il Ramadan, il mese di digiuno e preghiera dei musulmani che a Milano, ancora sono costretti a riunirsi in luoghi di fortuna come garage o palestre. All’inizio del mese sacro islamico anche il presidente della Lombardia, Roberto Formigoni, aveva auspicato un tavolo istituzionale per trovare un rimedio alla mancanza di un luogo di culto per i musulmani della città che, nonostante i divieti del comune, stanno facendo nascere una moschea non autorizzata nella periferia est di Milano. Nel dicembre 2009, all’indomani delle critiche di Tettamanzi sullo sgombero forzato di un campo rom, il quotidiano leghista La Padania aveva duramente attaccato il cardinale proprio per le sue posizioni a favore del dialogo religioso definendolo un "imam" piuttosto che un Vescovo cattolico.

 

Ma Tettamanzi torna alla carica: «Tutti hanno diritto a un luogo per pregare». Siamo in chiusura del Ramadan e il pastore della chiesa ambrosiana ha ben presente il girovagare degli islamici in città nella ricerca di luoghi più o meno adatti per incontrarsi a pregare. Il cardinale riprende la questione a Pontida, attuale feudo dei raduni leghisti ma che soltanto un secolo fa un monaco del posto celebrava per il fatto di essere abitata, da un «popolo di una pietà unica in Italia: così era allora». «E adesso? Lascio in sospeso la domanda», commenta il presule. Tettamanzi è lì per commemorare due antichi santi della Valle San Martino, ma questo interrogativo sulla questione musulmana provoca.

 

Le reazioni dei politici all’invito del cardinale riflettono le posizioni di sempre, favorevoli e contrari, mentre interessante e calde suonano le parole di Abdel Hamid Shaari, presidente del Centro di cultura islamica di viale Jenner: «Ringrazio di nuovo il cardinale Dionigi Tettamanzi, ci ha abituato ai suoi pensieri e si conferma come l’unica voce morale di questa città».

 

Mercoledì, festa nella natività di Maria, il cardinale ha presentato in una solenne celebrazione eucaristica il piano pastorale per la diocesi, anticipandone alcuni punti ai giornalisti in una conferenza stampa. Le domande si sono focalizzate sulle polemiche dei giorni scorsi con il ministro dell’Interno, Roberto Maroni. «Non ho mai parlato della richiesta di una moschea, bensì della richiesta di luoghi di culto per gli islamici», ha precisato il cardinale, in riferimento ad alcuni commenti riportati in seguito all’intervista rilasciata a Repubblica. «Non si aggiungano altre parole a quelle che ho detto, nemmeno però si tralascino parole rispetto a quelle che ho effettivamente pronunciato».

 

Per Tettamanzi «la mancanza d’integrazione» è uno dei problemi fondamentali e poi ha continuato: «Non parlo solo degli immigrati, ci sono tanti altri ambiti, ad esempio le persone di una certa età tagliate fuori dal ciclo produttivo, i carcerati». E a proposito dei suoi appelli, ribadisce: «Ho detto cose scomode, ma anche belle. Non mi preoccupo di essere accusato o incensato, mi dico sempre che devo seguire il Vangelo, il resto non mi tocca più di tanto».

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