Minibot: cosa sono e perché vengono criticati

La Lega guidata da Matteo Salvini vorrebbe usarli per sanare i debiti della Pubblica amministrazione nei confronti di aziende e privati, ma questi mini titoli rischiano di essere illegali o di generare ulteriore debito pubblico. Contrarie anche le aziende

In questi ultimi giorni si sta molto parlando di “minibot”, cioè dei titoli di Stato di piccolo taglio e privi di scadenza che hanno l’obiettivo di  sanare i debiti contratti dallo Stato verso aziende e privati. Questa iniziativa, fortemente voluta dalla Lega ed inserita nel famoso contratto di governo, ha avuto una accelerazione lo scorso 28 maggio con l’approvazione all’unanimità della Camera di una mozione/suggerimento per lo Stato affinché paghi tutti i debiti commerciali contratti dalla Pubblica Amministrazione anche attraverso strumenti quali titoli di piccolo taglio appunto chiamati “minibot”.

Questi nuovi titoli sarebbero però molto diversi dai tradizionali Buoni Ordinari del Tesoro (Bot), che vengono emessi periodicamente dallo Stato per finanziare il proprio debito. La prerogativa più importante è che questi nuovi titoli non avrebbero né scadenza (quella dei buoni ordinari va dai 3 ai 12 mesi) né tassi di interesse. Inoltre, secondo alcuni sostenitori, il saldo di parte dei debiti della Pubblica amministrazione attraverso questi mini titoli, dovrebbe garantire un aumento della domanda interna in quanto spendibili per l’acquisto di beni e servizi. Vediamo meglio di cosa si tratta.

Cosa sono i minibot
I minibot sono dei Buoni Ordinari del Tesoro di piccolo taglio tra i 5, 10, 20, 50 e 100 euro che non garantiscono interessi ai possessori e non hanno una scadenza naturale. A quanto pare dovrebbero essere cartacei e non digitali come gli attuali titoli di stato e non sarebbero obbligatori, quindi lo Stato non sarebbe costretto a emetterli periodicamente come accade con i Bot. Inoltre questi mini titoli sarebbero spendibili solamente all’interno del perimetro italiano e in relazione ai beni e servizi relativi alla pubblica amministrazione. In definitiva servirebbero per pagare qualsiasi bene o servizio legato allo Stato quindi tasse, biglietti del treno o la benzina.

Perché i minibot sono così criticati
Tanti sono gli analisti scettici sull’emissione di questi titoli di piccolo taglio e secondo alcuni addirittura questi minibot rischiano di consentire “un debito sul debito” e quindi essere inutili se non addirittura dannosi. In effetti, da un lato, questi titoli di piccolo taglio sono letteralmente titoli del debito pubblico: più ne emette lo Stato, più cresce il debito pubblico italiano. Dall’altro lato, non è chiaro se i minibot possano essere considerati una vera e propria moneta. Un’altra critica è quella secondo cui i nuovi titoli sarebbero una strategia per sostituire l’euro poiché, se questo circuito di utilizzo fosse avviato, di fatto si andrebbe a mettere in circolazione una moneta alternativa all’euro.

I rimborsi della Pubblica amministrazione
La questione dei rimborsi della Pubblica amministrazione è un problema è abbastanza grave e persiste da lungo tempo. Per dare un’idea della situazione, basti pensare che l’ultima edizione dell’European Payment Report di Intrum Justitia rivela che in Italia il tempo medio di pagamento da parte del settore pubblico è salito nell’ultimo anno da 95 a 104 giorni. Secondo invece un’analisi elaborata dalla Cgia di Mestre, nel riportare la stima diffusa il 31 maggio dal governatore della Banca d’Italia, nel 2018 l’ammontare complessivo dei debiti commerciali della pubblica amministrazione ha raggiunto ben 53 miliardi di euro, in calo rispetto al 2017 di 4 miliardi. Praticamente siamo i peggiori in Europa.

Ma la soluzione dei minibot non convince comunque il Dipartimento del Tesoro e nemmeno la Banca centrale europea. Il presidente Mario Draghi ha infatti manifestato la sua preoccupazione e in una dichiarazione non ha lasciato alcun dubbio alle sue considerazioni: “I minibot o sono altra moneta, e quindi sono illegali, oppure sono altro debito, e allora il debito sale”. La linea Draghi è condivisa anche dal presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia: “Aumentare il debito mi sembra una scelta inopportuna”.

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