Minaccia di schiarite politiche

Sotto l'egida del "mediatore" socialista Di Rupo, il Belgio si avvia ad avere un governo dopo quasi cinquecento giorni. Ma l'accordo finalmente raggiunto pone serie domande sul futuro dello Stato federale
Di Rupo

C’è un’espressione curiosa, in Belgio: “minaccia di schiarite”, quando il cielo annuncia squarci tra le nubi che dominano generalmente il panorama meteorologico del “plat pays”.

 

Un annuncio di forte schiarita politica è venuto la settimana scorsa quando, mercoledì e nella notte tra venerdì e sabato, gli otto partiti della futura compagine governativa hanno trovato l’accordo sugli ultimi elementi del patto che spiana la strada alla formazione di un governo in Belgio dopo 482 giorni di stallo istituzionale. L’intesa, che sarà presentata martedì in Parlamento, contiene gli elementi per la sesta riforma dello Stato belga dalla sua fondazione nel 1830, con un ulteriore rafforzamento delle competenze delle entità federate: le tre regioni (Bruxelles, Fiandre e Vallonia) e le tre comunità linguistiche (fiamminga, francofona e germanofona), che formano il panorama del complessissimo Stato federale belga.

 

Al cuore dell’accordo, la soluzione dell’annosa “questione BHV” (acronimo di Bruxelles-Halle-Vilvoorde), cioè la scissione della circoscrizione elettorale e giurisdizionale che comprende Bruxelles e i comuni limitrofi (35 comuni in territorio fiammingo, di cui sei con una maggioranza francofona che gode di un regime linguistico e amministrativo particolare, chiamati “comuni a facilità linguistiche”), in cui vige un regime misto: gli elettori possono votare sia liste francofone che fiamminghe e i processi si celebrano sia in francese sia in neerlandese. La circoscrizione esiste dal 1830, ma è sempre stata mal tollerata dai fiamminghi, che sognano la sua scomparsa dal 1898 – data del riconoscimento del neerlandese come lingua ufficiale del Belgio accanto al francese – per fare delle Fiandre un territorio monolingue fiammingo.

 

Dalle elezioni del 2007 in poi vari partiti fiamminghi, separatisti e moderati, hanno fatto della scissione di BHV il loro cavallo di battaglia. Il dossier BHV ha segnato la fine prematura del primo governo Leterme, frutto di queste elezioni e incapace di trovare una soluzione. Soluzione che è uscita dal cappello del negoziatore Elio Di Rupo, leader dei socialisti francofoni, dopo più di un anno e mezzo di tentativi dalle ultime elezioni, e che consegna alla storia la scissione della circoscrizione in cambio di compensazioni economiche per i francofoni. Sotto l’egida di Di Rupo, l’accordo è stato negoziato da una giovanissima – per gli standard italiani – generazione di leader di partito, in gran parte trentenni (cinque su otto) e quarantenni.

 

Il governo Leterme II, in affari correnti dall’aprile 2010, e che ha ben gestito il Paese proteggendolo dalle turbolenze della crisi economica e finanziaria, si appresta a cedere il passo al governo Di Rupo. Il cinquantunenne Leterme ha già annunciato il suo addio alla politica.

 

E la minaccia? Il Belgio ha finalmente un governo, ma potrebbe essere uno degli ultimi del Belgio come lo conosciamo. Ora che le Fiandre hanno un territorio linguisticamente omogeneo (tranne i sei comuni fiamminghi a maggioranza francofona dotati di “facilità”, che potrebbero in futuro essere accorpati a Bruxelles), la strada è spianata per la realizzazione del sogno di molti fiamminghi: non solo una più larga autonomia all’interno dello Stato federale, che hanno ottenuto, ma l’indipendenza come Stato. Oggi il partito indipendentista della N-Va, che non ha partecipato ai negoziati e non farà parte del governo Di Rupo, è dato al 35 per cento delle intenzioni di voto dei fiamminghi, cui si sommano i voti del partito ultranazionalista Vlaamse Belang. Se la progressione del fronte separatista sarà confermata alle prossime elezioni del 2014, l’esperimento del Belgio federale, vero laboratorio di unità nella diversità – linguistica, territoriale, istituzionale – potrebbe accelerare il suo tramonto, che già oggi molti politici belgi vedono come un esito ineluttabile. Anche se forse il Belgio, con la sua capacità di tirar fuori dal cappello compromessi ingegnosi per le situazioni più complicate, non ha ancora finito di stupirci.

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