Milano e la festa del lavoro

Tra esercizi aperti e chiusi le manifestazioni dei lavoratori e dei precari, giunti alla 11ma edizione del Mayday, il corteo di chi non ha impieghi stabili
Manifestazione Mayday

Sciopero. Alcuni negozi aperti, altri chiusi. Primo maggio, con i lavoratori lasciati nel caos, o abbandonati a se stessi. Milano ha vissuto una giornata “strana” anche se poi le ripercussioni non si sono fatte sentire. In città c’erano tanti turisti che hanno dribblato, tra esercizi aperti e serrande abbassate mentre i milanesi hanno preferito la gita fuori porta, favoriti dal bel tempo. Dal maxi schermo allestito in Piazza Duomo in tanti hanno seguito la diretta dalla Città del Vaticano per la Beatificazione di Papa Giovanni Paolo II.

 

Forse in 10 mila – sicuramente non più – le persone che hanno partecipato in mattinata al corteo organizzato dai sindacati confederali per la Festa del lavoro: manifestazione chiusa dai segretari milanesi dei sindacati con un tono minore., rispetto all’altrettanto partecipato anche se meno ufficiale organizzato da  sinistra antagonista e comunità nordafricana che hanno sfilato da Piazzale Loreto, lungo via Padova, la strada che taglia uno dei quartieri multietnici della città. Alla testa del corteo uno striscione che chiedeva "l’unità dei lavoratori",al di là della provenienza nazionale. Nel pomeriggio invece la manifestazione organizzata dai precari, la MayDay.

 

I partecipanti hanno provocato qualche tafferuglio e alcune vetrine di banche, agenzie interinali e immobiliari sono state «bersagliate da lanci di vernice e danneggiate con iniezioni di acciaio liquido nelle serrature». Sono dichiarazioni di un rappresentante del collettivo dei Corsari, impegnati in queste azioni, mentre, invece i militanti di “San Precario” hanno effettuato un blitz pacifico in un supermercato che aveva deciso di tenere aperto nel giorno di festa, distribuendo volantini per informare le persone sulla loro iniziativa. La May Day Parade compie quest’anno 11 anni e riunisce precari e precarie dalle storie spesso drammatiche o per certi versi paradossali. Nel manifesto di quest’edizione hanno voluto sottolineare particolarmente la loro condizione, ingabbiata in contratti troppo differenziati che li rendono schiavi del bisogno e dello spettro del licenziamento, senza un welfare che li tuteli e soprattutto senza garanzie per il futuro. Hanno poi voluto immaginare un giorno in Italia senza che i call center rispondano alle chiamate, senza autisti part-time nei trasporti, senza le pubblicazioni delle case editrici, senza lavoratori nelle fabbriche. Oppure hanno provato ad immaginare precari che prendono la casa che non possono avere, perché nessuno gli fa un prestito o appropriarsi di quei diritti che gli spettano, sottraendone qualcuno troppo abbondante a chi è sicuro: insomma hanno paventato il caos, poiché il sistema della nostra nazione sotto aspetti fondamentali si basa proprio sul loro lavoro.

 

Insomma, questo primo maggio è stato un giorno di polemiche, con negozi aperti e chiusi a scelta dei commercianti e con uno sciopero generale annunciato, fortunatamente rientrato e rimandato da alcune sindacali al sei maggio. Insomma una festa, con ben poco da festeggiare.

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