Media adolescenti e verità

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Di recente a Marina di Massa si è svolto un’incontro su etica e comunicazione. Erano presenti una cinquantina di uomini e donne, in massima parte genitori. Sono rimasto sorpreso dalla vivacità del dibattito, dalla intraprendenza dei presenti che intervenivano con intelligenza sull’audience, sulla necessità che gli utenti siano attori del processo comunicativo, sulla persuasività della pubblicità… Tanto di cappello. Come spesso accade in questo tipo di incontri, al centro del dibattito si sono piazzati i nostri figli, in particolare adolescenti o preadolescenti. I genitori presenti confessavano le loro difficoltà nel gestire l’influenza prepotente dei media nell’occupare l’agenda dei ragazzini: le centinaia di sms quotidiani, l’attesa spasmodica della puntata di Amici, le navigazioni senza bussola in quel buco nero che sembra essere la Rete. La denuncia è importante, perché così il genitore, individuando e dando un nome alla minaccia, evita di soccombere nel mare magnum, mare sconosciuto, dei media. Ma, poco alla volta, dalla denuncia si è passati a un atteggiamento più propositivo: c’era chi aveva sistemato il computer di casa in un luogo di passaggio, in modo che il controllo fosse naturale, attuato non solo dai genitori ma anche dai fratelli; c’era la mamma che al primogenito dodicenne non aveva ancora regalato il cellulare, supplendo con la fantasia alla diversità del figlio rispetto ai coetanei ipertecnologicizzati; c’era il padre che insegnava ai figli a smontare il giocattolo, cioè a capire come funzionano gli spot pubblicitari. È pure emersa la convinzione che noi adulti siamo più esposti dei giovanissimi all’influenza di strumenti a noi sconosciuti o quasi, mentre loro – essendoci nati dentro – hanno in qualche modo sviluppato degli anticorpi che noi mai avremo. Finché una giovane donna se ne è uscita con una frase all’apparenza sibillina: I media sono strumenti al servizio della verità. Si era appena finito di parlare di realtà e virtualità, e così è stato agevole collegare la costatazione che i media non sono altro che strumenti al fatto che possano essere veicoli di verità. Per far ciò – sostenevano mamme e papà – bisogna allontanare gli adolescenti da quella non-verità che è la virtualità senza più coscienza di essere virtuale, riportandoli periodicamente alla realtà. Come? Discutendo coi figli di un film appena visto; navigando insieme nella Rete; facendo sentir loro il più possibile la realtà dell’amore di genitori, insegnanti e animatori, rispetto a quello più o meno illusorio (o semplicemente sognato) di sms ed email; responsabilizzando i figli alla libertà che viene dall’uso frequente dell’indice della mano destra, quello che serve a spegnere tivù, computer o cellulare. Insomma, nel dialogo è parso chiaro come, per riconoscere la verità portata dai media, ci si debba appoggiare su una sana realtà. Tornato in ufficio, leggo il messaggio di Benedetto XVI per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali del 4 maggio: Anche nel settore delle comunicazioni sociali – afferma il papa – sono in gioco dimensioni costitutive dell’uomo e della sua verità; e aggiunge che i media possono contribuire a far conoscere la verità sull’uomo, difendendola davanti a coloro che tendono a negarla o a distruggerla. Insomma, bisogna impegnarsi, come diceva Wojtyla, il papa-mediatico citato dal papa teologo, a vivere quest’epoca della comunicazione non come tempo di alienazione e di smarrimento, ma come tempo prezioso per la ricerca della verità e per lo sviluppo della comunione tra le persone e i popoli. Queste affermazioni non sono solo una esortazione, un dover essere, ma qualcosa che almeno un po’ riflette quanto già esiste. È in effetti compito dei giornalisti – primi destinatari del messaggio – quello di mettere in luce quanto esiste di costruttivo. anche e soprattutto tra la gente. Questo patrimonio di vita è sempre più copioso di quanto non si possa immaginare. Anche questo è un servizio alla verità; per Città nuova è un imperativo. p.s. A proposito di adolescenti, dedichiamo la copertina a Run4unity 2008 (vedi pag. 46), per mettere l’accento sulle grandi potenzialità che, da che mondo è mondo, i giovanissimi che si affacciano alla vita portano con sé. Se le statistiche dicono che l’Italia è un Paese molto, troppo anziano… proviamo invece a dar loro fiducia!

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