Mattarella, il discorso della dignità

Giuramento del “nuovo” presidente della Repubblica tra le ovazioni dei parlamentari. Una lezione della Costituzione nei nodi irrisolti del Paese. Un forte invito a ribadire la centralità del Parlamento per garantire la democrazia. Il ricordo del giovane Lorenzo Parelli e la necessità di abbattere le diseguaglianze. Cominciano altri 7 anni decisivi
Mattarella Foto Roberto Monaldo / LaPresse

Mattarella a Montecitorio. Una lezione sui fondamenti della Repubblica ed elementi di base del diritto costituzionale. È stato questo in sostanza il discorso di Sergio Mattarella alla Camera nel pomeriggio di giovedì 3 febbraio 2022, giorno del suo formale reinsediamento al Quirinale.

Come sempre, va letto con molta attenzione il testo del discorso, che risente di un’attenta limatura, per coglierne gli elementi più reconditi, anche se poi resta la reazione dell’assemblea in seduta straordinaria che ha sottolineato alcuni passaggi dell’interno con vere e proprie ovazioni. È scattato automaticamente l’applauso nella citazione del personale sanitario e di tutti coloro che hanno assicurato la continuità dei servizi essenziali durante questa lunga fase della pandemia che ha obbligato i presenti ad indossare la maschera di protezione.

Foto Mauro Scrobogna /LaPresse

Mattarella non ha dimenticato nel suo discorso il giovane Lorenzo Parelli, morto a 18 anni durante il periodo di alternanza scuola lavoro, e il numero enorme delle vittime sul luogo di lavoro: una cifra da azzerare come ha detto il presidente tra gli applausi degli parlamentari che sono consapevoli dell’inefficacia degli strumenti finora adottati.

È stato un discorso contrassegnato, infatti, dalla tensione tra gli obiettivi da raggiungere e il costante sforzo per rimuovere “gli ostacoli” che si frappongono nel cammino di una comunità nazionale chiamata a riaffermare e riscoprire la propria dignità. È il compito della Repubblica definito nell’articolo 3 della Costituzione citato di fatto ad ogni passaggio dello scenario mondiale, europeo e nazionale offerto da Mattarella che non ha rimosso in questa analisi il pericolo dovuto all’attrazione, perché apparentemente più efficienti, dei modelli autocratici e all’esistenza di «poteri economici sovranazionali che tendono a prevalere e a imporsi, aggirando il processo democratico».

Foto Roberto Monaldo / LaPresse

Assume perciò un valoreparticolare il richiamo esplicito fatto alla centralità del Parlamento che ultimamente, ben prima della pandemia, non è stato messo in condizione di “conoscere per deliberare” ma costretto alla prassi dei voti di fiducia decisi da pochi. Si è inteso un boato di consenso quando il presidente della Repubblica ha affermato che «appare comunque necessario …. particolarmente sugli atti fondamentali di governo del Paese il Parlamento sia posto in condizione sempre di poterli esaminare e valutare con tempi adeguati». Un’istanza fondamentale per non rendere inutili le istituzioni democratiche. «Senza partiti coinvolgenti, così come senza corpi sociali intermedi, il cittadino si scopre solo e più indifeso. Deve poter far affidamento sulla politica come modalità civile per esprimere le proprie idee e, insieme, la propria appartenenza alla Repubblica»: un concetto chiave del discorso che vuol porre un argine verso ogni pericolosa deriva plebiscitaria.

Nel suo intervento Mattarela ha solo lambito la questione della possibile guerra in Ucraina ribadendo che non «non possiamo accettare che ora, senza neppure il pretesto della competizione tra sistemi politici ed economici differenti, si alzi nuovamente il vento dello scontro; in un continente che ha conosciuto le tragedie della Prima e della Seconda guerra mondiale».

L’Italia e l’Europa, in questo senso, devono svolgere un ruolo di pacificazione così come in tutta l’area mediterranea che ci tocca da vicino. Non è compito del presidente entrare nello specifico delle scelte politiche, come il memorandum Italia Libia denunciato da un grande numero di associazioni in questi giorni, ma Mattarella ha puntualizzato che «la nostra dignità è interrogata dalle migrazioni, soprattutto quando non siamo capaci di difendere il diritto alla vita, quando neghiamo nei fatti dignità umana agli altri».

Più esplicito è stato invece il messaggio quando ha toccato il tema della giustizia per affermare che «la Magistratura e l’Avvocatura sono chiamate ad assicurare che il processo riformatore si realizzi» perché «i cittadini devono poter nutrire convintamente fiducia e non diffidenza verso la giustizia e l’Ordine giudiziario. Neppure devono avvertire timore per il rischio di decisioni arbitrarie o imprevedibili che, in contrasto con la certezza del diritto, incidono sulla vita delle persone». Concetti molto espliciti espressi nella sua funzione di Presidente del Consiglio superiore della Magistratura. Il potere giudiziario è infatti nel pieno di una grave crisi interna tra lotte intestine e gran parte dei parlamentari si sono alzati per sottolineare l’adesione a questo severo richiamo.

Un discorso che, come da consuetudine, ha il tono di un messaggio inclusivo che cerca di non dimenticare nessuno, dagli anziani ai disabili, dalle forze armate e di polizia al mondo della scuola e quello delle carceri. La lotta alle mafie e quella contro la violenza delle donne, il corpo diplomatico, il papa e gli italiani all’estero, il mondo degli artisti con il ricordo dell’appena scomparsa Monica Vitti.

Un tratto distintivo del messaggio è stato quello del contrasto delle diseguaglianze e della povertà esplicitando un concetto molto chiaro nell’articolo 3 della Costituzione e cioè che «le diseguaglianze non sono il prezzo da pagare alla crescita. Sono piuttosto il freno di ogni prospettiva di crescita». Un criterio che appare decisivo, se letto nel suo complesso, per affrontare «il declino demografico a cui sembra condannata l’Italia e l’Europa».

Foto Francesco Ammendola/Ufficio Stampa Quirinale/LaPresse

Il giuramento del Presidente della Repubblica è molto sobrio, non risente, come in altre nazioni, di citazioni religiose ma ha un suo tratto liturgico ottocentesco stranamente intatto nel tempo, con l’inno di Mameli davanti Montecitorio e poi il tragitto in macchina, assieme al presidente del consiglio Draghi, verso l’Altare della Patria con la musica del Piave che accompagna la salita dei gradini per l’omaggio al Milite ignoto, lo sfrecciare in cielo delle frecce tricolori e i 21 colpi di cannone dal Gianicolo.

Non è mancato infine l’incontro su via dei Fori con la giunta e consiglio comunale di Roma a fare gli auguri al loro cittadino Mattarella. Il sindaco Gualtieri ha usato parole non banali per dire che «Roma convive con una speranza e un desiderio di universalità. Ciò che lei è stato capace di assicurare al Paese, in stagioni travagliate, è diventata fiducia diffusa tra gli italiani e negli italiani. Ora c’è un tempo nuovo da vivere, da interpretare, da progettare».

E il “nuovo” presidente è chiamato ad accompagnare il Paese per altri 7 anni, affrontando cioè l’elezione di almeno due legislature. Un compito che avrà bisogno di sostegno come l’esempio di David Sassoli con il quale ha concluso il suo discorso ricordando «la testimonianza di uomo mite e coraggioso, sempre aperto al dialogo e capace di rappresentare le democratiche istituzioni ai livelli più alti». Ne avremo bisogno.

Qui il testo integrale del discorso

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