Marò, una vicenda senza fine

L’India accetta l’arbitrato internazionale nell’ambito della Convenzione dell’Onu sul diritto del mare, ma la soluzione della vicenda non e’ ancora vicina.
MARò

Negli ultimi due giorni i quotidiani italiani hanno dato un certo rilievo alla notizia che la procura indiana ha accettato l’arbitrato internazionale proposto dall’Italia per risolvere l’empasse del caso dei due marò che dura da più di due anni. Inoltre, si è sottolineato che il governo indiano permette a Massimiliano Latorre, già in Italia da tempo per motivi di salute, di prolungare la sua permanenza in madre patria, un permesso che originariamente sarebbe scaduta il 15 luglio.

Nei mesi scorsi, proprio per sbloccare una situazione ormai stagnante ed impantanata nelle lentissime procedure burocratiche del Paese asiatico e nelle complesse vicende politiche locali che hanno giocato un ruolo determinante nella vicenda dei due italiani, l’Italia aveva “formalmente chiesto” questa risoluzione, “nell’ambito della Convenzione dell’Onu sul diritto del mare (Unclos)”, di cui il nostro Paese è uno dei firmatari. Tale convenzione prevede che se una parte cerca l’arbitrato l’altra e’ obbligata a prenderne atto ed accettare. L’accettazione da parte dell’India era, quindi, di fatto un elemento scontato.

Il governo indiano ha, tuttavia, fatto sapere che e’ sua intenzione contestare la richiesta italiana, insistendo sul diritto a processare i due marò italiani. La vicenda e’ tutt’altro che risolta se, in un primo momento l’India aveva annunciato la partecipazione indiana alle procedure previste dall’arbitrato internazionale, ma ha, poi, provveduto a precisare che il governo indiano prenderà una posizione diversa da quella annunciata. Tale controproposta dovrebbe essere nota nella prossima udienza, l’ennesima, fissata per il 26 agosto. La vicenda, quindi, continua ad avere contorni piuttosto confusi e nebulosi.

Di fatto, la Corte Suprema Indiana ha chiesto al Governo Centrale del Paese asiatico di offrire una risposta alla richiesta ufficiale dei due marines, che nella dichiarazione scritta avevano fortemente criticato il comportamento della autorità di Delhi e delle modalità con cui erano stati trattati in questi due anni di prigionia e, successivamente, di residenza controllata all’interno dell’Ambasciata Italiana a Delhi. La richiesta per l’arbitrato internazionale accusa, inoltre, il Governo indiano di avere la responsabilità per tutti i ritardi che la vicenda ha avuto.

A fronte di questa situazione, l’Italia ha informato di essere in procinto di “attivare tutte le misure necessarie per consentire il rientro in Italia” anche dell’altro militare italiano,  Salvatore Girone, ancora a New Delhi nell’Ambasciata Italiana. “La decisione del governo indiano – commenta ancora la nota del ministero – di partecipare all’arbitrato internazionale da noi avviato, comunicata oggi in udienza dal suo rappresentante, unita all’estensione da parte della Corte suprema, senza l’opposizione del governo di New Delhi, di ulteriori 6 mesi della permanenza in Italia” di Latorre, “ancorché per un periodo inferiore a quello da noi richiesto, confermano il consolidamento del percorso arbitrale intrapreso dall’Italia il 26 giugno”.

I giochi, quindi, non sembrano ancora chiari. L’Italia sembra convinta di avere partita vinta, ma l’India non demorde e, dopo aver accettato l’arbitrato, come da regolamento potrebbe studiare mosse alternative per garantirsi la giurisdizione del processo.

 

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