Mamma, li… fiocchi!

L’emergenza neve annunciata a Roma ha del catastrofico: soppresso tutto il sopprimibile, chiuso tutto il chiudibile e assalti alla diligenza - pardon supermercato - … damose na’ regolata
neve

Mi sento un po’ come Woody Allen: i maya predicono la fine del mondo per il prossimo dicembre, a Roma è annunciata una nuova nevicata storica… ed io non mi sento per niente bene. Seguo il tam tam di giornali, telegiornali e giornali radio che unanimi mi informano sulla provenienza del vento, la consistenza della perturbazione e che la colonnina di mercurio scenderà fino in cantina. Alcuni stabiliscono con precisione quanta neve cadrà: trentacinque millimetri, per altri son trentacinque centimetri… facciamo “molta” e non se ne parla più.

In giro sono già stati predisposti centinaia di mezzi: bulldozer, apripista, spargisale, personale della protezione civile. Mancano solo gli alpini ed i cani da valanga. Pare che nessuno voglia litigare di nuovo col sindaco, forse anche per non rivederlo spargere a palate sale fino sulla neve già caduta, evocando altri gerarchi che nel passato collaboravano col loro sudore alla mietitura del grano. E nemmeno si ha voglia di rivedere da Vespa le soldatesse spalare la neve, già spalata. Dunque meglio essere previdenti. Allora, riunioni soppresse, treni soppressi, convegni e seminari soppressi (magari così si risparmia come ha già stabilito il premier Monti, ancora avvolto dalla calorosa accoglienza di Mr. President, che nel salone Ovale non si preoccupa della neve sul Colosseo ma della tormenta perfetta abbattutasi sull’euro), e chiuse anche le scuole. Certo, le scuole. Alla fine i ragazzi della capitale hanno perso sei giorni di lezione. Niente male se proprio ti tocca l’interrogazione in matematica, (mannaggia alle equazioni!), anche se uno si domanda quanta neve ci vuole nell’Alto Adige o nelle Marche per chiudere sei giorni le scuole.   

Al supermercato è frenesia totale. La gente, nonostante che nessuno abbia in casa scorte di alimenti per meno di dieci giorni, vuole provvedersi di tutto. La sopravvivenza all’ondata di gelo siberiano pare che dipenda dalla presenza di fragranti frollini di candidi mulini o da adeguate scorte di bastoncini di pesce di capitani di lungo corso. Per intenderci, di quelli che restano a bordo. Immancabili i pacchi di bottiglie di minerale puntualmente trasportata in tir da remote fonti di chiare, fresche e dolci acque. «Ma faranno la doccia con l’acqua minerale?», mi chiedo calcolando la quantità della riserva da immagazzinare. “Ao, ma che tornano i lanzichenecchi?”, domanda il panettiere alla folla che reclama pane come la folla milanese di manzoniana memoria.

In ufficio, nel frattempo ricevo telefonate da Milano. «Anche voi con la neve?», domando timidamente. «Eh sì, ma tutto normale, mica si capisce perché tanto chiasso da voi per la nevicata». E forse nemmeno io lo capisco. A L’Aquila cosa dovrebbero dire? Come dire: damose na’ regolata.
 

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