Mai dire mai

Nessuno scommetteva su di lei, troppo “minuta” per potersela giocare alla pari con le migliori del mondo. Invece la Errani ci ha sempre creduto, fino all’exploit dell’ultimo Roland Garros
Sara Errani

Ci sono obiettivi, per ciascuno di noi, che per quanto ci si sforzi di essere ottimisti sembrano in realtà davvero impossibili da realizzare. Prendete il caso di Sara Errani, la ragazza romagnola balzata agli onori delle cronache nei giorni scorsi per gli straordinari risultati ottenuti al Roland Garros. Dopo aver iniziato a giocare a tennis all’età di cinque anni, Sara ha lasciato l’Italia giovanissima per andare a imparare i fondamentali di questo sport a Miami, nella famosa scuola di Nick Bollettieri.
 
Poi si è trasferita in Spagna, a Valencia, dove da otto anni si allena agli ordini del coach Pablo Lozano. Mentre nel frattempo le sue compagne di nazionale, Flavia Pennetta e Francesca Schiavone, scrivevano pagine importanti di storia del tennis italiano, la Errani si è allenata con umiltà giorno dopo giorno, cercando di migliorare sempre, con un sogno nel cassetto che però sembrava quasi impossibile da realizzare: entrare un giorno tra le prime dieci giocatrici del mondo.
 
Già, le “top ten”, l’obiettivo cui in cuor suo aspira ogni tennista che comincia a frequentare il circuito professionistico. Perché, a prescindere dalla soddisfazione personale, se entri a far parte di questo ristretto club i tuoi avversari subiscono poi una maggiore pressione psicologica nell’incontrarti. Ne sa qualcosa proprio la Errani che, prima del torneo parigino, aveva incontrato tenniste in quel momento classificate tra le prime dieci giocatrici del mondo per ventotto volte, subendone altrettante sconfitte! Per carità, Sara in questi anni aveva dimostrato più volte di essere una buona giocatrice, era riuscita a vincere un paio di tornei nel circuito maggiore, era entrata a far parte stabilmente della squadra azzurra di Fed Cup (la Coppa Davis al femminile), ma da quattro anni stazionava ormai costantemente intorno alla cinquantesima posizione della classifica mondiale e non sembrava essere in grado di fare l’ulteriore salto di qualità.
 
Gli addetti ai lavori, parlando di lei, ponevano l’accento su alcuni limiti tecnici e soprattutto fisici, perché Sara non è una di quelle ragazze che grazie alla loro prestanza hanno recentemente dominato il circuito del tennis femminile. No, Saretta, come la chiama affettuosamente il suo allenatore, è molto diversa. Abbastanza “minuta” di corporatura (164 centimetri di altezza per 55 Kg di peso), la nostra giocatrice appariva davvero priva della potenza necessaria per competere alla pari con le più forti. Nonostante ciò lei ha continuato a credere in sé stessa, a mettersi sempre in discussione, anche se con il passare del tempo i risultati sembravano porla davanti all’evidenza del fatto che l’obiettivo di entrare un giorno nelle top ten dovesse rimanere un sogno irrealizzato.
 
Non dotata di un vero e proprio colpo risolutivo, quello che gli addetti ai lavori chiamano il “winner”, la Errani ha progressivamente perfezionato un gioco che è diventato via via sempre più ricco di variazioni di ritmo, di pallonetti e di smorzate, senza disdegnare di scendere a rete quando il momento lo suggerisce. Insomma, un gioco bello da vedere, la rivincita del tocco e della tattica sulla potenza. Soprattutto, Sara è diventata ultimamente una che non molla più un punto, tanto da sembrare la versione femminile di Rafa Nadal: anche se in un game si trova sotto 40-0 o 40-15, rimane concentrata, fa pochissimi errori gratuiti, e ha trovato negli scambi lunghi da fondo campo un vero punto di forza.
 
Ecco allora che proprio quando tutti pensavano che questa ragazza fosse avviata verso la continuazione di una buona ma non eccelsa carriera, a inizio di quest’anno il salto di qualità c’è stato davvero. Complice anche un cambio di racchetta, Sara ha prima raggiunto i quarti di finale agli Australian Open, poi sono arrivate le vittorie nei tornei di Acapulco, Barcellona e Budapest (oltre a cinque successi in doppio), risultati che le hanno fatto crescere convinzione e autostima, e che l’hanno portata a essere indicata come una delle possibili sorprese alla vigilia del torneo parigino.
 
E qui Sara non ha deluso le attese: giocando un tennis davvero efficace ha battuto tra le altre due campionesse come la Ivanovic e la Kuznetsova, che qui avevano già vinto il torneo rispettivamente nel 2008 e nel 2009, prima di rompere finalmente il tabù che l’aveva vista sempre sconfitta con le prime dieci del mondo, superando prima la tedesca Kerber (n. 10) nei quarti di finale, e poi l’australiana Stosur (n. 6) in semifinale.
 
Così Sara ha raggiunto la finale del Roland Garros, uno dei quattro tornei più importanti del mondo, un risultato che prima di lei, per l’Italia del tennis, erano stati capaci di raggiungere solo Nicola Pietrangeli, Adriano Panatta e Francesca Schiavone. Qui, opposta all’attuale numero uno del mondo Maria Sharapova, Sara ce l’ha messa tutta. Seppur affaticata da un lungo torneo nel quale ha disputato e vinto anche la prova di doppio con l’amica Roberta Vinci, la Errani ha giocato punto su punto, senza mai scoraggiarsi di fronte a un’avversaria che dall’alto dei suoi 188 centimetri picchiava ogni palla con una forza micidiale e che stava giocando un tennis quasi perfetto. Alla fine la nostra giocatrice si è dovuta arrendere, ma oggi, a soli 25 anni, e quindi non ancora nel pieno della maturità agonistica che in questo sport si raggiunge un po’ più avanti, con il risultato raggiunto a Parigi è arrivata lì dove sembrava apparentemente impossibile.
 
Sorridi Sara, da oggi sei anche tu tra le prime dieci giocatrici del mondo, proprio quel prestigioso club a cui pochi pensavano potessi mai iscriverti. La dimostrazione migliore del fatto che se uno sportivo non si abbatte e continua a lavorare con dedizione i risultati alla fine arrivano.
 

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