Luther

Girato tra Boemia e Germania, il film, di stampo televisivo, diretto da Eric Till e prodotto in parte dalla Comunità luterana americana, si avventura nell’arduo compito di presentare il grande riformatore, ripercorrendone alcuni episodi fondamentali: dal celebre temporale che ne affrettò la vocazione, alla ribellione alla Chiesa romana, dalle insurrezioni contadine, al matrimonio, alla dieta di Augusta, con tutto il variegato intreccio politico e sociale dell’epoca. Lutero appare, un po’ h o l lywoodianamente , secondo le leggi della fiction, come un campione libertario e democratico – la musica trionfalistica di alcuni momenti è di pretto sapore epico -, ma anche come un uomo sincero e appassionato della fede, dotato di un forte desiderio di salvezza – accentuato nelle scene demoniache della cella – di un grande amore per i poveri e capace di riscoprire un Dio misericordioso anzichè giudice. La qual cosa è forse il messaggio migliore del film, quello che dovrebbe passare al pubblico. Non vengono taciuti alcuni aspetti dell’uomo Lutero, come il carattere sanguigno – Non sono un santo, dirà -, le sue contraddizioni. Nello stesso tempo il ritratto dell’epoca, più che un approfondimento – impossibile in un film divulgativo – è un affresco a grandi linee sia nella descrizione della trama politica, come in quella – forse un poco unilaterale (ma non esisteva nulla di positivo nella chiesa di allora?) – della corruzione curiale o della pastorale del primo Cinquecento. Splendida la ricostruzione degli ambienti e dei costumi, con continui richiami alla grande pittura dell’epoca, e ottimi alcuni attori del cast internazionale, fra cui Bruno Ganz – l’amico Staupitz, molto intenso – Peter Ustinov, l’arciduca Federico, nella sua ultima vitale intepretazione. Quanto al protagonista, la scelta del longilineo inglese Joseph Fiennes si giustifica con esigenze di mercato più che di storia, vista la differenza fisica eclatante fra lui e Lutero (confrontare il ritratto di Cranach agli Uffizi), di cui cerca di cogliere in qualche misura l’anima, con risultati alterni. Ma il cinema ha le sue leggi e occorre tenerne conto, se si vuol fare opera di divulgazione e occasione di riflessione storica serena – come ci si augura – su un personaggio così decisivo nella storia d’Europa.

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