L’uomo abban-donato. Premesse per un’antropologia rinnovata, in dialogo con K. Hemmerle

La fine della metafisica è un fatto, del quale è necessario prendere atto e che invoca una ontologia rinnovata, che dia conto dell’assenza di Dio nel mondo. Questa nuova ontologia deve muovere dalla rivelazione trinitaria avvenuta in Gesù. Infatti, come ha scritto K. Hemmerle, solo Gesù nel momento dell’abbandono chiarisce definitivamente i tratti dell’Essere di Dio. Rifiutato dal Padre, Gesù mostra che Dio si manifesta tutto nel contrario di Sé: l’assenza di Dio, per questa ragione, può essere compresa come una modalità altra della Sua presenza. Poiché, come scrive C. Lubich, Dio che è l’Essere custodisce “nel suo intimo il non-essere come dono di Sé”: è questo il Dio-Amore rivelato dall’Abbandonato. Nella condivisione dell’assenza di Dio, gli uomini possono riscoprirsi una cosa sola; e generare nuovamente, in questo modo, la presenza di Dio alla storia.

Come sempre nel corso degli ultimi due millenni, anche oggi il pensiero di ispirazione cristiana è chiamato a farsi carico delle questioni fondamentali che travagliano  la contemporaneità, e che attendono letture puntuali e pertinenti tentativi di risposta. Una delle maggiori urgenze del nostro tempo, della quale non può essere la teologia la sola a farsi carico, ma nella quale essa è chiamata a investire le proprie energie migliori, concerne l’esercizio concreto di una lettura dell’umano che parta dal novum costituito dalla rivelazione trinitaria, in Gesù consegnata alla storia. In modo da imparare a riconoscere le dinamiche trinitarie che già abitano, perlopiù a loro insaputa, il vivere e l’agire degli uomini, quando le loro relazioni sono caratterizzate (lo dico sotto forma di enunciato) dal dono sincero di sé1.

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