L’unità e la nuova” via delle Indie”

Abituati a leggere i fatti internazionali in prospettiva europea o forse occidentale, condizionati dalla storia, da persone e situazioni che hanno fatto la storia, siamo ora spettatori di un mondo globalizzato che, abbandonato il vecchio schema, percorre una nuova via delle Indie. Con l’Apec, il Forum della cooperazione economica Asia-Pacifico, si approda in Occidente – nel continente americano – partendo dall’Asia attraverso il Pacifico. Una realtà che, dati alla mano, coinvolge oltre 2 miliardi e mezzo di persone, circa il 60 per cento della ricchezza mondiale prodotta e il 47 per centro degli scambi commerciali mondiali. Il recente Vertice Apec, tenutosi ad Hanoi (Viet Nam) il 17 e 18 novembre, ha visto la partecipazione dei 21 membri di questa forma davvero speciale di organizzazione internazionale. I partecipanti, ad esempio, non sono classificati come Stati membri, secondo il linguaggio tipico delle relazioni internazionali, ma piuttosto come economie partecipanti. Effetto globalizzazione, si direbbe. C’è il grosso dei Paesi dell’Asia, passando per l’Oceania fino alle Americhe: troviamo le due Cine (quella di Pechino e quella di Taiwan), con Hong Kong che ha una sua presenza distinta; la Russia e i Paesi del Nafta (Canada,Messico e Usa), insieme al Perù e al Cile. Le particolarità, dunque, non mancano e sembrano ricalcare quelle dell’Organizzazione mondiale del commercio di Ginevra. Per i più l’incontro di Hanoi è parso una delle tante conferenze che quotidianamente si svolgono in qualche angolo del pianeta. Magari amplificato dal contenzioso aperto dagli esperimenti della Corea del Nord o dal fatto che l’evento ha consentito a Stati Uniti e Russia di firmare un accordo di partenariato commerciale che rappresenta il passo significativo per l’ammissione della Russia proprio all’Organizzazione di Ginevra. Un’intesa in cui la politica prevale sull’economia, dal momento che si chiude un negoziato avviato nel 1994, ma la Russia accetta il controllo alle dogane per ogni genere di prodotti. Invece il Vertice dei Paesi dell’Asia e del Pacifico dimostra la centralità d’iniziativa dell’Estremo Oriente che si volge ad Occidente, intimidendo l’Europa. Si tratta certo di una realtà essenzialmente economica, senza troppi riferimenti alle libertà politiche, al rispetto dei diritti umani che in alcune delle economie partecipanti trovano non pochi ostacoli, abusi o sono soggetti al dispotismo più assoluto. L’Apec, però, non solo ha lanciato l’idea di intese più strette, come la possibilità di eliminare le frontiere interne tra le economie partecipanti (l’ipotesi di creare una zona area di libero scambio Asia-Pacifico temuta dall’Unione europea), il richiamo alla Corea del Nord perché rispetti gli appelli della comunità internazionale, la volontà di sconfiggere il terrorismo e di promuovere le tecnologie per un’energia pulita. Ha anche incoraggiato una iniziativa inter-culturale e inter-religiosa nella convinzione che solo il dialogo tra le culture e le religioni può consentire il rispetto reciproco e l’interazione sociale, fattori necessari per lo sviluppo economico e la coesistenza pacifica in un’area geopolitica dove le identità sono molteplici. Forse lo slogan di Hanoi Verso una comunità dinamica per uno sviluppo ed una prosperità sostenibili è un messaggio più ampio di quanto possa apparire, rivolto ad un mondo che per unirsi non trova di meglio che la contrapposizione o le sole intese di mercato. Dimostra, infatti, che nell’incontro tra culture e fedi, pur diverse, il farsi uno trova un ideale più alto e per questo destinato a durare.

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