L’unità delle Chiese, i poveri e la pace

Una grande attesa: venerdì 12 febbraio all’aeroporto di Cuba papa Francesco incontrerà il patriarca di Mosca Kirill, patriarca di tutte le Russie. Un evento atteso da sempre. Due uomini chiamati da Dio a “fare” la via dell’unità e della pace tre le Chiese
Cubani in festa per papa Francesco

Domenica il papa, all’Angelus, ha così ricordato il prossimo appuntamento che lo attende: «Grazie (si rivolgeva ai membri del collegio messicano) per il vostro impegno di accompagnare con la preghiera il viaggio apostolico in Messico che compirò tra pochi giorni e anche l’incontro che avrò all’Avana con il mio caro fratello Kirill». Tutto molto semplice, diretto, senza retorica e senza enfasi: semplicemente un incontro di fratelli e tra fratelli. Un incontro nel Vangelo e del Vangelo, dunque, un ecumenismo non delle dottrine, delle diplomazie, degli aspiranti teologi politici, che si candidano ad essere professionisti del dialogo, pronti a firmare tutto perché tutto rimanga fermo.

 

Un ecumenismo, è quello prospettato da Francesco, che vive la grazia segreta del martirio, che non cerca di fuggire, ma di rimanere secondo la forza inerme del Vangelo, nel volto del servo crocifisso, che oggi è la misura di quell’ecumenismo del sangue di cui ha parlato più volte il vescovo di Roma. Papa Francesco sceglie la via della semplicità evangelica: nessuna condizione se non la gioia dell’incontro: l’abbraccio con il fratello per narrare insieme il Vangelo dell’unità e della pace. Un camminare insieme per vivere insieme la grazia della conversione che genera le Chiese alla bellezza delle spose sante del Signore.

 

Ciò che unisce Francesco, Kirill e Bartolomeo è l’appello del Signore a vivere il Vangelo e nient’altro, e a viverlo fino al martirio, come tanti cristiani testimoniano in tante parti del mondo, dal Medio Oriente all’Africa, alla grande Asia. Quando la Chiesa dei poveri diventa per grazia di Dio la Chiesa dei martiri e quando la Chiesa dei martiri diventa la Chiesa dei poveri, appare il mistero dell’unità della Chiesa e tra le Chiese. Al centro di questo mistero di unità stanno i poveri e la pace. Questo vale in Siria, in Palestina, nel Medio Oriente e a Gaza, ma anche in Ucraina, dove anche di recente i cristiani si sono uccisi gli uni contro gli altri.

 

Tutto ciò è stato seminato da Roncalli, quando convocò il Concilio, quando consegnò la Chiesa dei poveri di fronte alle attese del Sud del mondo, e quando narrò la pace delle vittime al cuore della crisi di Cuba, alla vigilia di uno scontro militare atomico, per cui si prevedeva l’uccisione di un terzo della umanità. Tutto avvenne tra la fine di settembre e la fine di ottobre del 1962. Oggi quella semina vede i suoi primi e straordinari frutti. Cuba diventa la porta dei poveri del Sud del mondo, la porta della pace, la porta della fraternità che i fratelli visitano, per comprendere meglio il Vangelo e l’appello del Signore a essere uno.

 

Papa Francesco e il patriarca Kirill celebrano la fraternità con le parole del salmo: «Come è dolce e soave che i fratelli stiano insieme». È davvero dolce e soave la fraternità dei fratelli che nutre il primato dei poveri e la ricerca della pace. Questi sono gli abiti del mistero dell’unità della Chiesa. Nessun trionfalismo, ma la gioia dei discepoli che vivono la visita del Signore, la sua misericordia come dono per l’intera umanità.

 

In questo tempo del Vangelo e dello Spirito di Dio, altri eventi si stanno avvicinando: le celebrazioni per il 500 anniversario di Lutero, il Concilio pan-ortodosso, lo sguardo amoroso e pieno di tenerezza verso la Cina e la grande Asia. Sono davvero eventi universali che chiedono un cuore grande per essere accolti e vissuti nella tenerezza di Dio. 

 

I segni dei tempi diventano segni di Dio e della sua misericordia, segni che anticipano le nostre attese, talora prigioniere di calcoli politici ed ecclesiastici. Alla fine dell’incontro sarà siglato un documento conclusivo. È proprio un tempo, il nostro, che domanda il Vangelo e nient’altro.

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