Londra, le radici del terrore

Se i politici non porranno fine e non troveranno soluzioni alle ingiustizie in Medioriente, gli attacchi continueranno. Un'analisi del nostro corrispondente dal Regno Unito

Ciò che è accaduto a Londra lo scorso 23 marzo è drammatico, ed è stato giustamente condannato da leader politici e religiosi di ogni genere. Dobbiamo fare tutto quanto è in nostro potere per prevenire questi attacchi. Ma fermare singoli individui che usano un coltello e un’automobile come armi è praticamente impossibile: a un certo punto i nostri politici dovranno andare alla radice del problema, altrimenti non verrà mai risolto.

Le tensioni nell’Irlanda del Nord non si sono placate finché non è stata posta fine alle ingiustizie. Molti musulmani, e non solo gli estremisti, si sentono trattati in maniera ingiusta dall’Occidente: ma finora è stato fatto molto poco per affrontare questo problema. Risolvere la questione palestinese sarebbe un grande passo avanti nel risolvere il problema del terrorismo.

L’attacco di Londra è stato una vera atrocità, ma in quanto a numero di vittime non è nemmeno lontanamente paragonabile a quanto sta accadendo in Sud Sudan, Siria, Iraq, ed altri Paesi ancora; tuttavia c’è una frenesia mediatica, come i piranha che si avventano sulle loro vittime. Ogni minimo dettaglio viene strombazzato, e anche la speculazione più bizzarra viene sbattuta in prima pagina. Ma così facendo i media stanno collaborando con i terroristi, offrendo loro pubblicità gratuita; e questo rende più probabile la ripetizione di queste atrocità, appunto perché i media le hanno rese non solo una maniera molto efficace di propagandare una filosofia distorta, ma anche di diffondere la paura e il pregiudizio che alimentano il conflitto da cui il terrorismo dipende.

L'arcivescovo di Canterbury Welby, lo sceicco Mohammad al Hilli, lo sceicco Ezzat Khalifa, il caporabbino Ephriam Mirvis e il cardinal Vincent Nichols, arcivescovo di Westminster, prendono parte alla veglia interreligiosa per le vittime dell'attentato
L’arcivescovo di Canterbury Welby, lo sceicco Mohammad al Hilli, lo sceicco Ezzat Khalifa, il caporabbino Ephriam Mirvis e il cardinal Vincent Nichols, arcivescovo di Westminster, prendono parte alla veglia interreligiosa per le vittime dell’attentato

Non siamo in Corea del Nord. I fallimenti e i disastri non devono mai essere nascosti, ma viviamo in una sorta di Stato totalitario in cui ciò che comunichiamo, specialmente se dietro c’è un movente utilitaristico, tende ad essere perlopiù negativo – con l’obiettivo di far crescere la nostra paura e la nostra insicurezza, e allontanandoci l’uno dall’altro. Dando la massima visibilità a questi attacchi facciamo il gioco dei terroristi. Questa è una sorta di “terrorismo soft” che è molto più insidioso delle aperte atrocità che lo provocano, e dobbiamo essere fermi nel contrastarlo.

 

(Traduzione dall’inglese di Chiara Andreola)

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