L’Olocausto dal punto di vista del carnefice

Al festival Romaeuropa la trasposizione teatrale del romanzo di Jonathan Littell “Le Benevole”, firmata dal regista Guy Cassiers: grande affresco epico e tragico, che ripercorre la vicenda di un ex ufficiale delle SS intrecciando violenza, crimini della storia e privati
Spettacolo Le benevole regia Guy Cassiers

Più di mille pagine dalla potenza tragica per narrare l’orrore dell’Olocausto. È il celebre e discusso bestseller “Le benevole” di Jonathan Littell che alla sua uscita suscitò reazioni contrastanti. Un romanzo che, tra il resto, chiama in causa tutta l'Europa, la grande menzogna per cui il vecchio continente rimase a guardare l’orrore che si stava compiendo facendo finta di niente.

 

Il romanzo è opera di un autore di origini ebree che prova ad entrare nella mente di un ex ufficiale delle SS per nulla pentito, Maximilian Aue, uomo di cultura, raffinato, amante della musica e con un privato oscuro, di cui Littell scrive un’autobiografia cinica e dettagliata. Una cronaca quasi scientifica delle violenze del nazismo, le cui parole ci riportano alle mostruosità perpetrate con una naturalezza irritante, una scabrosità vera, reale, resa ancor più inquietante dal fatto che il protagonista, cambiando identità, riesce a sfuggire ai processi sul genocidio e a rifarsi una vita diventando un produttore di merletti. 

 

Trascinato dalla corrente della Storia e inseguito da fantasmi che, come le furie «benevole» dei Greci, le Eumenidi, cercano vendetta, Maximilien Aue rappresenta la parte la più nera dell’uomo. Dopo l’allestimento di Antonio Latella con alcuni attori dello Schauspielhaus Wien, e presentato a Romaeuropa nel 2013, è ora lo stesso festival a proporne un’altra messinscena ospitando "The kindly ones" del regista belga Guy Cassiers, artista tra i più innovativi del teatro europeo. La trasposizione teatrale diventa per Cassiers lo spunto per affrontare il tema del rapporto tra potere e discorso politico, con una particolare attenzione alle trasformazioni politiche, ideologiche e sociali che hanno portato all’avvento del nazismo.

 

Operando degli inevitabili tagli al romanzo, Cassiers tralascia la storia familiare del protagonista e l’aspetto psicologico, concentrando l’attenzione principalmente sulla vicenda militare, sull’analisi del discorso nazista che spiegò e giustificò lo sterminio degli ebrei. “Dal mio punto di vista – ha dichiarato il regista -, l’importanza del romanzo di Littell non è da ricercare nella descrizione della violenza ma, invece, nella violenza che è insita nel linguaggio utilizzato dai nazisti e di cui il testo si fa testimone. Attraverso questo spettacolo voglio mettere in luce l’orrore dei discorsi che hanno giustificato le azioni naziste”. Sulla scena Cassiers evita ogni realismo, omettendo uniformi con simboli nazisti e specifici attributi militari, e crea una scenografia che è un’installazione ispirata alle opere di Rebecca Horn e di Christian Boltanski: una enorme parete costituita da cassette d’ufficio metalliche, dove vengono riposti faldoni e documenti ogni tanto tirati fuori, le cui ante, ad un certo punto, si apriranno e chiuderanno velocemente in una sorta di inquietante balletto della memoria, e, in proscenio, un lungo binario di treno.

 

A queste si aggiunge un enorme grappolo di scarpe che improvvisamente s’alza in alto rimanendo appeso, immagine incombente dell’Olocausto. La storia di Aue viene raccontata attraverso due differenti piani di rappresentazione: dal susseguirsi di dialoghi atroci che degenerarono rapidamente nella Soluzione Finale; e da delle immagini video deformate che ci conducono negli incubi del protagonista. Si crea così un cortocircuito tra la concretezza della parola, capace di concorrere alla costruzione dell’emarginazione, della violenza e dell’esclusione, e l’astrazione dell’immagine, allucinatoria e onirica, enfatizzazione della possibilità che questo incubo storico si ripeta in qualsiasi parte del mondo e in qualsiasi epoca.

 

Interpreti strepitosi, con, in primo piano il protagonista – l’attore Bart Slegers – che all’inizio dello spettacolo, con un duro incipit parlando direttamente al pubblico, fa capire agli spettatori che essi non sono migliori di lui, che nessuno può sapere come si sarebbe comportato al suo posto e nelle medesime circostanze. Aue non è un animale, ma un uomo civilizzato e intelligente, e nonostante ciò continua a far parte di un sistema orribile che lo ingloba. “Voglio che questo spettacolo – chiosa il regista – permetta al pubblico di riflettere profondamente confrontandosi con questi discorsi estremi”.

 

The kindly ones”, di Jonathan Littell, regia e adattamento Guy Cassiers; attori: Bart Slegers, Fred Goessens, Hans Kesting, Jip van den Dool, Abke Haring, Alwin Pulinckx, Johan Van Assche, Katelijne Damen, Kevin Janssens, Vincent Van Sande, Diego De Ridder; adattamento e drammaturgia Erwin Jans,  scenografia e costumi Tim Van Steenbergen, suono Diederick De Cock; luci Bas Devos, video Frederik Jassogne. Produzione Toneelhuis, Toneelgroep Amsterdam (NL), coproduzione deSingel Internationale Kunstcampus, in collaborazione con Le Phénix, Scène nationale de Valenciennes (FR), Maison de la Culture d’Amiens (FR), Istanbul Theatre Festival (TR), Festival Temporada Alta (ES), Romaeuropa Festival (IT). Al Teatro Argentina per il Romaeuropa Festival.

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