Lo straniero venuto dal mare

Attualità di uno dei più intensi racconti di Joseph Conrad, incentrato sulla condizione dell’esule

Nel corso della sua movimentata vita Joseph Conrad (vero nome Józef Teodor Konrad Korzeniowski, nato nel 1857 nell’Ucraina annessa all’Impero russo) aveva conosciuto una grande varietà di popoli e di razze, grazie all’aver viaggiato per venticinque anni come marinaio e poi ufficiale a bordo di navi mercantili francesi e inglesi sulla rotta delle colonie in Estremo Oriente, in Africa e in America del Sud: esperienza poi riversata nei suoi romanzi e racconti di ambientazione per lo più esotica, con personaggi quasi sempre rappresentati da creature infelici, perdenti, corrotte o misteriosamente innocenti. Conrad stesso, figlio di esiliati polacchi e costretto dalle circostanze a vivere sempre in movimento, è l’emblema dell’esule, del senza patria che mai del tutto riesce a integrarsi nei diversi porti di approdo.

Questa condizione di estraniamento e marginalità che accompagnò l’intera sua esistenza è il fulcro di Amy Foster, racconto apparso di recente nella collana di classici inglesi con testo a fronte della Marsilio. Non per niente è stato definito dallo scrittore statunitense di origini palestinesi Edward Said come «la più fedele e intransigente rappresentazione dell’esilio che sia mai stata scritta». Palese, poi, è la sua attualità nei tempi presenti, che vedono il mondo intero percorso da flussi migratori, da ondate di profughi in cerca di un luogo che li accolga, in cerca di futuro.

Con Amy Foster, al posto dei luoghi esotici a lui cari, Conrad ci trasporta eccezionalmente in un angolo del nostro Occidente, sulla costa orientale del Regno Unito. Ecco in sintesi la trama. A Colebrook, nome fittizio di un villaggio marittimo dell’East Bay, il giorno dopo la burrasca che ha mandato a fondo un bastimento carico di emigranti, fa la sua comparsa, come Ulisse sull’isola dei Feaci, l’unico superstite: Yanko Goorall, un montanaro dei Carpazi che sperava di costruirsi una nuova esistenza in America. E qui una singolare coincidenza ci riporta ai nostri giorni: la prima vittima rigettata dalle onde a riva è il corpicino di una bambina vestita di rosso: lo stesso colore del giubbino del piccolo profugo curdo annegato, la cui foto ha fatto il giro del mondo.

Creatura aliena di cui è impossibile conoscere i precedenti e le intenzioni, dato che nessuno degli abitanti del luogo è in grado di capirne la lingua, Yanko è scambiato per un vagabondo, un matto o comunque un elemento perturbatore. La stessa immagine iniziale del villaggio di Colebrook, circondato da un alto muraglione a difesa dalle tempeste marine, simboleggia la sua chiusura al “diverso”. La sola a rivelare un cuore compassionevole è la mite, apatica e poco attraente cameriera Amy Foster, che nella legnaia dove Yanko è stato rinchiuso provvede a rifocillarlo. Gradualmente, tra questi due emarginati ciascuno a suo modo, nasce un amore che, nonostante l’ostilità degli abitanti, sfocia in un matrimonio dal quale nascerà un figlio.

Né l’aver imparato ad esprimersi in uno stentato inglese, né la nuova condizione di sposato con una del posto, né la rustica casetta donatogli dal fattore presso cui lavora valgono a meritare a Yanko la sua inclusione nella comunità, tanto sono radicate certe barriere culturali. L’isolamento in cui vive la piccola famiglia conosce una nuova prova quando Amy comincia a prendere le distanze da Yanko, infastidita dal fatto che il marito parla al bambino nella sua lingua, gli canta le canzoni della propria terra e gli fa sentire le preghiere in polacco. L’angoscia di sentirsi incompreso, sempre nel posto sbagliato e incatenato ad un destino avverso contribuisce ad abbreviare la vita di Yanko. Il giorno in cui si aggrava e comincia a delirare, chiedendo acqua in maniera aggressiva nella sua lingua, la moglie che lo assisteva fugge via impaurita portando con sé il bambino, senza più fare ritorno.

Questa drammatica scena finale ha un riscontro autobiografico: nel 1896, durante la luna di miele dei coniugi Conrad in Bretagna, lo scrittore fu colto da febbre e iniziò a farneticare in polacco, terrorizzando la moglie Jessie. La stessa figura di Amy venne ispirata dalla loro domestica Nellie Lyons.

Il dottor Kennedy, una delle due voci narranti del racconto e personaggio che più di altri è riuscito a comprendere le sofferenze del povero Yanko, arriva in tempo per assistere alla sua morte. «Con il petto ansimante e gli occhi lucidi, mi fece pensare ancora una volta a una creatura selvaggia catturata in una rete, un uccello preso in trappola. Lei lo aveva abbandonato. Lo aveva abbandonato malato, indifeso, assetato. La lancia del cacciatore gli aveva trafitto l’anima. “Perché?” gridò, con la voce acuta e risentita di un uomo che si rivolge a un Creatore responsabile, Risposero una raffica di vento e uno scroscio di pioggia. E mentre mi giravo per chiudere la porta, pronunciò la parola “Misericordioso!” e spirò».

La sete, l’abbandono, il grido, la lancia… Conrad ha intenzionalmente assimilato la morte di un “povero cristo” come Yanko a quella del Cristo in croce. E l’ultima parola da lui pronunciata, “Misericordioso!”, è il nome di Dio, quel Dio che può ora appagare l’altra sete che ha tormentato in vita il morente ed era poi la stessa dello scrittore: l’aspirazione al superamento delle barriere culturali tra popoli diversi.

In seguito, rivedendo Amy che s’è rifatta una sua vita, il dottor Kennedy rileva con sorpresa che il ricordo del marito morto «sembra essere sparito dalla sua mente ottusa come un’ombra svanisce da uno schermo bianco», tanto da chiedersi: «Pensa mai al passato? L’ho vista chinarsi sulla culla del bambino con appassionata tenerezza materna. Il piccolo era disteso supino, un pochino spaventato da me, ma immobile, con i suoi occhioni neri, e l’aria sgomenta di un uccello in trappola. E guardandolo mi sembrava di rivedere l’altro, il padre, rigettato misteriosamente dal mare per perire nella suprema sciagura della solitudine e della disperazione».

Sarebbe dunque riservata anche a questo piccolo innocente, «uccello in trappola» come l’esule Yanko, la stessa sorte del padre? Se Amy non ricorda più suo marito, chi legge invece non potrà più dimenticare questa figura toccante, e commiserarla. Tanto può l’arte di uno scrittore.

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