L’Iran taglia le scorte di uranio arricchito

La notizia è trapelata qualche giorno fa dall'Agenzia internazionale per l'energia atomica a Vienna durante i lavori per giungere ad un accordo definitivo sul nucleare iraniano. Da gennaio ispettori della comunità internazionale monitorano il Paese per accertarsi che la produzione nucleare non abbia finalità belliche
Hasan Rohani

Qualche giorno fa l'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea) ha lasciato trapelare la notizia che l'Iran ha tagliato metà delle proprie scorte di uranio arricchito. La decisione segue la linea degli accordi che erano stati presi a Ginevra con il gruppo dei 5+1 (Stati Uniti, Russia, Cina, Gran Bretagna, Francia e Germania). A seguito di questo – secondo quanto riportato dall’agenzia AsiaNews – gli Usa hanno autorizzato lo sblocco di 450 milioni di dollari di fondi iraniani congelati.

Nei giorni scorsi, a Vienna, erano ripresi i negoziati tra l'Iran e il gruppo dei 5+1 con l’obiettivo di raggiungere un accordo definitivo sul nucleare iraniano entro luglio, data in cui scade l’attuale protocollo d’intesa. Come si ricorda, lo scorso novembre, Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Russia, Cina e Germania avevano raggiunto, con il nuovo governo di Teheran, una convergenza di massima, che, entrata in vigore a gennaio, assicura un allentamento delle sanzioni internazionali in cambio di una riduzione dell'arricchimento di uranio e plutonio da parte della Repubblica Islamica. Anche se accompagnati da un cauto ottimismo, i negoziatori non hanno nascosto il permanere di divergenze, soprattutto in materia di limiti, voluti dall'Occidente e rifiutati dall’Iran, riguardo al programma di arricchimento dell'uranio e al destino dell'impianto nucleare di Arak, dove si trova un reattore ad acqua pesante.

Il contenzioso è legato al fatto che l'Iran insiste sulle proprie intenzioni di mantenere la ricerca e produzione nucleare con finalità energetiche e di ricerca medica, mentre i Paesi dei 5+1 temono che il materiale possa essere utilizzato anche per creare delle bombe atomiche, aumentando il pericolo di una escalation nucleare nel mondo. La comunità internazionale vuole che l'Iran dia assicurazioni e permetta controlli così da escludere i fini bellici del programma. Teheran ha sempre negato di voler costruire armi nucleari, ma ha anche nascosto diversi siti a verifiche. Il rapporto ufficiale e completo dell'Aiea dovrebbe essere pubblicato a breve, ma le notizie trapelate fanno ben sperare. A partire da gennaio, ispettori della comunità internazionale si trovano in Iran con il compito di monitorare la situazione e di ricevere aggiornamenti mensili da parte delle autorità competenti della Repubblica islamica.

Il contenzioso sul nucleare iraniano ha radici remote – metà degli anni Cinquanta –, quando Usa e Iran firmarono un primo accordo di cooperazione nello sviluppo dell’energia atomica per fini civili, come parte del programma Atoms for peace lanciato dal presidente statunitense Eisenhower. In seguito all’accordo, gli Usa trasferirono nel Paese asiatico diversi chilogrammi di uranio arricchito. Nel 1968, poi, l’Iran firmò il Trattato di non proliferazione nucleare (Npt), ratificato dal Parlamento iraniano nel 1970. Il Trattato si basava su tre princìpi: disarmo, non proliferazione e uso pacifico del nucleare e stabiliva che il trasferimento di tecnologie nucleari per scopi pacifici sarebbe dovuto avvenire sotto il controllo dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea). Ancora nel 1975, l’amministrazione Ford decise di trasferire tecnologia nucleare all’Iran per lo sviluppo del proprio programma nucleare civile.

Con la rivoluzione del 1979, il neo primo ministro Shahpur Bakhtiar cancellò con atto immediato un contratto con gli Usa da 6,2 miliardi di dollari per la costruzione di due impianti nucleari e nel 1987 l’Iran ricevette la consulenza di Abdul Qadeer Khan, scienziato pakistano padre del programma nucleare di Islamabad. La cooperazione continuò fino al 1995, quando il Paese islamico firmò un accordo con la Russia per la costruzione della centrale nucleare di Bushehr, che attualmente è ritenuta il maggiore centro di ricerca, sviluppo e produzione della tecnologia nucleare iraniana.

Tuttavia è a partire dal 2006 che si sono complicati i rapporti con Usa ed Ue con l’accusa che l’Iran abbia riavviato il processo di arricchimento dell’uranio nella centrale di Natanz. L’intelligence Usa ha proposto un piano di attacco cibernetico contro le centrali nucleari iraniane, approvato dall’allora presidente George W. Bush. Lo stesso anno, l’Aiea ha approvato una risoluzione che deferisce il programma nucleare iraniano al Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite. La risoluzione chiedeva l’immediata sospensione di tutte le attività legate al processo di arricchimento dell’uranio, dalle quali può scaturire tanto energia elettrica quanto armi nucleari. L’Aiea inoltre ha denunciato numerose violazioni, da parte dell’Iran, del Trattato di non proliferazione nucleare, e ha affermato di non avere alcuna fiducia nel fatto che il programma nucleare iraniano sia di natura civile. La risoluzione è stata approvata con 27 voti a favore, 3 contrari e 5 astensioni, e ha offerto al Consiglio di sicurezza la prima vera opportunità per intraprendere azioni punitive nei confronti di Teheran: nel mese di dicembre, il Consiglio di sicurezza ha approvato all’unanimità una serie di sanzioni contro l’Iran. Le sanzioni hanno messo al bando l’importazione e l’esportazione di materiali e tecnologia che possono essere usati per il processo di arricchimento dell’uranio e di costruzione di missili balistici.

Gli ultimi anni hanno visto un alternarsi di tensioni ed allentamenti sulla questione del nucleare iraniano con minacce da parte di Usa ed Israele di infettare le centrali nucleari con virus informatici e con la ripresa, da parte della Repubblica Islamica, del processo di arricchimento di uranio, dopo una breve sospensione alla fine dello scorso decennio. La tensione è salita ulteriormente quando, nel 2012, alcuni scienziati nucleari iraniani sono stati uccisi con omicidi mirati. L’Iran ha accusato Stati Uniti e Israele dell’atto.

La presidenza Rohani ha, senza dubbio, portato novità importanti nella politica internazionale della Repubblica Islamica. Il presidente Obama ha, da parte sua, fatto passi impensabili negli ultimi trentacinque anni. Resta il fatto che gli Usa e l’Ue devono trattare la questione con grande tatto diplomatico, sensibili non solo agli equilibri internazionali ma anche a quelli fra mondo sunnita e sciita, all’interno dell’Islam. L’Iran merita un’attenzione particolare, sotto molti punti di vista, ed il suo ruolo può diventare importante, oltre che costruttivo nel panorama mondiale. È necessaria, per questo, da parte dei Paesi occidentali consapevolezza e un’attenzione particolare a non dettare clausole, ma a cercare vie di mediazione diplomatica su vari nodi. Il Paese, sebbene stia attraversando una fase nuova caratterizzata da segni di apertura importante, è tutt’ora attraversato da correnti più intransigenti e passi falsi da parte della diplomazia e dei governi occidentali potrebbero offrire a tali strati l’occasione per mettere in difficoltà Rohani.

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