L’intercultura è già realtà

Non basta più l'integrazione: serve un'apertura nuova e un riconoscimento culturale a quanti, pur provenendo da altri Paesi, sono nati in Italia
Anna Granata

Accade ancora che a giovani con tratti somatici asiatici o di colore si chieda da dove provengano, per poi scoprire che sono italiani, magari mauriziani, cinesi o africani nati in Italia, cioè italiani come noi. A una realtà concreta come questa, manca tuttavia un riconoscimento culturale. Ed è proprio di questa necessità che si è dibattuto nei giorni scorsi a Bari, presso l’auditorium dell’Istituto scolastico Lenoci, al convegno "Intercultura e educazione", organizzato dal movimento Umanità Nuova, espressione sociale del Movimento dei focolari, in collaborazione con l’associazione Igino Giordani di Bari e con il patrocinio del Comune e dell’Università cittadina.

Aver acquisito la nazionalità italiana non implica necessariamente coesione tra nazionalità e cultura. Nel corso dell’evento, alcuni studenti, che avevano lavorato sul tema dell'intercultura a scuola, hanno offerto le loro tesi e le loro esperienze personali, facendo concludere alla scrittrice Anna Granata con la forte ma vera affermazione che «la migliore educazione oggi è un'educazione interculturale». Un'educazione che include nel suo campo di osservazione e di azione, ad esempio, quelle persone di diverse origini, sia immigrate sia nate in Italia, che hanno acquisito la nostra cultura con il desiderio di non perdere le proprie radici, ma di offrirle in arricchimento alle nostre. Tra le proposte emerse nel convegno, rilevante è stata quella di inserire nei programmi scolastici approfondimenti storici, geografici e letterari sulle abitudini, i costumi e le usanze dei diversi Paesi di provenienza, allo scopo di recuperare e apprezzare le radici degli studenti di altre culture.

L’occasione del convegno è stata offerta dalla presentazione, in prima nazionale, del libro “Intercultura. Report sul futuro” della Granata edito da Città Nuova editrice. L’incontro, cui hanno preso parte circa 200 persone, tra le quali politici, mediatori culturali, professori, educatori, formatori e studenti di diverse culture e nazionalità, è stato condotto in un clima di accoglienza e di confronto. Infatti, accanto agli interventi magistrali del preside della facoltà di Scienze della formazione di Bari, prof. Giuseppe Elia, della prof.ssa Angela Chionna, docente di Pedagogia generale della medesima facoltà – che ha posto l'accento sulla "reciprocità asimmetrica", ripresa in seguito dalle domande dei partecipanti – sono state illustrate alcune esperienze concrete di cantieri multicuturali aperti in tutta la Puglia, che forniscono una testimonianza già presente di una società in cambiamento. 

«L"altro", spesso, non è solo lo "straniero", ma può anche essere uno di noi, e può essere dentro di noi, rappresentato dai nostri limiti, dai nostri insuccessi. L'accettazione di sè, dunque, è la prerogativa per l'accettazione incondizionata dell'altro, indipendentemente dalla sua risposta». Questo l'atteggiamento necessario per la creazione di rapporti interpersonali fondati su quel senso di famiglia, di comunità, di cui oggi la nostra società ha tanto bisogno.

«Qualunque prospettiva senza l'altro è mancante», ha affermato Anna Granata (nella foto), la quale nel suo testo ha volutamente evitato il termine integrazione, ormai superato, che lascia pensare all'inglobamento di una cultura da parte di un'altra. Il prof. Michele De Beni, codirettore della collana di pedagogia dell'editrice Città Nuova, ha focalizzato la sua attenzione sul concetto psicologico del "senso di appartenenza", un bisogno che è in grado di suscitare la vera realizzazione della persona, prima ancora del bisogno stesso di autorealizzazione. Al termine dell'evento, sono stati invitati i presenti a partecipare alle iniziative di intercultura avviate in Puglia, con la proposta di impegnarsi in prima persona a diffondere una nuova cultura di educazione interculturale. 

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