L’Indonesia ha un nuovo presidente

A quasi due settimane di distanza dal voto per le presidenziali dichiarati i risultati finali: vittoria per la coppia Joko Widodo e Jusuf Kalla, rispettivamente candidati alla presidenza e alla vicepresidenza
Indonesia

A quasi due settimane di distanza dal voto per le presidenziali in Indonesia, la commissione elettorale nazionale ha finalmente dichiarato i risultati finali: vittoria con oltre il 53 per cento dei voti per la coppia Joko Widodo e Jusuf Kalla, rispettivamente candidati alla presidenza e alla vicepresidenza. Il risultato non ha sorpreso, visto che da subito le proiezioni avevano annunciato lo stesso risultato. Solo poche agenzie, che guarda caso pubblicavano i risultati di quick-count sul canale televisivo sostenitore della campagna dell’antagonista Prabowo Subianto, erano riuscite a spostare l’ago della bilancia sulla loro coppia preferita, ma creando anche non pochi dubbi di veridicità: tanto per dare un’idea, la somma delle percentuali di voti a favore dei due contendenti aveva raggiunto ad un certo punto il 100.35%! Mica male per delle agenzie di statistica.

Dopo mesi di campagna non sempre brillante dal punto di vista della sportività e dello stile, si è dunque arrivati alla conclusione che, sebbene con pochi punti percentuali di vantaggio, Joko Widodo sarà il presidente per i prossimi cinque anni della nazione con la più numerosa popolazione musulmana del mondo. La vittoria è tutta una scommessa. Jokowi, come si fa chiamare qui in Indonesia, non ha infatti nessuna esperienza di politica internazionale, anzi non viene proprio dalla politica e probabilmente è stato scelto perché finora i politici hanno deluso. Dalla sua ha il fatto di essere vicino alla gente, tanto è vero che la sua campagna è stata sostenuta da un esercito di volontari, è attento ai problemi concreti e determinato nel prendere le soluzioni necessarie. Il nuovo presidente incarna le speranze delle minoranze religiose, che si sentono sempre più minacciate dalla crescita del fondamentalismo. Al contrario, alcuni gruppi notoriamente intolleranti, hanno apertamente sostenuto Prabowo. Infine, Jokowi sembra una persona onesta e questo non è un dettaglio di poco conto in un paese i cui non passa giorno in cui i giornali non pubblichino notizie di politici e funzionari statali implicati in fatti di corruzione

Ora Jokowi dovrà mettersi al lavoro per comporre un governo che porti a realizzazione il suo progetto politico. Molto dipenderà dalla competenza dei suoi collaboratori e dalla loro capacità di agire in sinergia con il timoniere. Sarà anche necessaria l’apertura verso tutte le componenti politiche, anche verso gli ex avversari nell’agone elettorale, affinché egli diventi davvero il presidente di tutti.

Ma oltre all’incertezza di chi condividerà i posti di comando col nuovo presidente, si aggiunge l’incognita della inconsueta reazione del gruppo degli sconfitti. Con una certa sorpresa, anche se la cosa era nell’aria, Prabowo ha infatti rifiutato di accettare i risultati ricapitolativi dalla commissione elettorale. Dapprima, per protesta, non ha voluto presenziare all’annuncio ufficiale i risultati del voto, poi ha dichiarato di ritirarsi dalla corsa elettorale, a votazioni avvenute, infine ha denunciato la commissione elettorale alla corte costituzionale per parzialità, consegnando un dossier contenente 58mila dati riguardanti presunte violazioni durante il processo di voto. Appena prima della denuncia, Prabowo ha affermato che, da buon ex-soldato (era comandante delle truppe speciali), lotterà fino alla morte per far trionfare la giustizia e la democrazia.

Tutti si augurano che la giustizia vinca davvero. Questo vale per le elezioni, ma anche, e soprattutto, per i casi di gravi violazioni dei diritti umani di cui Prabowo è sospettato a partire dagli anni ‘90, come pure per i fatti di corruzione in cui probabilmente sono implicati diversi suoi alleati. Tuttavia in questo momento, invece di pensare di lottare all’ultimo sangue per ottenere l’impossibile, sarebbe molto meglio per tutti che si arrivasse ad accettare la palese sconfitta con sportività. Inasprire i toni del confronto non fa bene a nessuno, tanto meno agli indonesiani che, in fase di campagna, entrambi i candidati hanno ripetutamente promesso di voler servire.

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