L’Indonesia condanna l’ISIS

Il governo indonesiano ha ufficialmente proibito la diffusione degli insegnamenti dello Stato islamico di Iraq e Siria. Un provvedimento particolarmente importante, in quanto questo Paese islamico, pur avendo più alta concentrazione di popolazione musulmana al mondo, intende valorizzare e difendere le differenze etniche, religiose e culturali
Il presidente indonesiano Joko Widodo

Mentre in occidente crescono le preoccupazioni per la situazione in Iraq dopo la proclamazione del califfato ed il progressivo crescere del fanatismo dell’ISIS che sta portando ad un esodo biblico di cristiani ed altre minoranze dal Paese medio-orientale, nel corso della settimana sono arrivate prese di posizioni importanti contro questo nuovo rigurgito fanatico.

L’Indonesia, il Paese con la più alta concentrazione di popolazione musulmana al mondo – 244 milioni nel 2012 con l’86,1 per cento di musulmani – ha di fatto condannato quanto sta accadendo in Iraq, definendo illegale qualsiasi tipo di supporto e di appoggio da parte dei suoi cittadini alla causa del califfato. Lunedì scorso, Djoko Suyanto, ministro che coordina gli Affari Politici, Legali e la Sicurezza nazionale, ha tenuto una conferenza stampa nella quale ha annunciate la posizione chiara del suo governo.

“Il governo indonesiano ha ufficialmente proibito la diffusione degli insegnamenti dello Stato islamico di Iraq e Siria (ISIS)" – ha dichiarato Djoko Suyanto. Il ministro indonesiano ha motivato la decisione del governo, sottolineando che l’ideologia del gruppo islamico che ha dichiarato il califfato in Medio Oriente costituisce una seria minaccia alla diversità culturale e religiosa del suo Paese. Per questo deve essere monitorato attentamente e controllato. “Gli insegnamenti dell’ISIS non rappresentano una questione religiosa – ha aggiunto l’esponente del governo dell’arcipelago più grande del mondo. – Per questo il nostro governo e lo stato hanno deciso di bandire la sua ideologia dal Paese. L’Indonesia non deve essere il luogo dove si diffonde una tale dottrina”. Suyanto era accompagnato da diverse autorità del gabinetto, fra i quali l’attuale ministro per gli Affari religiosi, Lukman Hakim Saifuddin.

L’intervento del governo sulla questione dell’ISIS è arrivato dopo giorni di tensione e proteste da parte di leaders religiosi di minoranze all’interno dell’Indonesia, che avevano chiamato in causa il ruolo dell’autorità politica e amministrativa, dopo che era apparto su YouTube un video provocatorio che riprendeva un leader religioso musulmano fondamentalista fare giuramento di fedeltà all’ISIS. La cosa era apparsa ancora più grave perché la ripresa era avvenuta all’interno del penitenziario in cui si trova attualmente Abu Bakar Ba’asyir, condannato per terrorismo, che, nell’atto pubblico ripreso da una telecamera, invitava i musulmani del suo Paese ad unirsi alla causa dell’ISIS. Il ministro per la Legge ed i Diritti umani, Amir Syamsuddin, si è affrettato a dichiarare che la sorveglianza ed il controllo all’interno delle carceri indonesiane saranno rinforzati al fine di impedire che si ripetano fatti come quello che ha visto Ba’asyir protagonista. Nella seconda metà di luglio si era verificato un altro caso di questo tipo con un intero gruppo di detenuti per motivi di terrorismo che, dall’intero della sala di preghiera, aveva dichiarato il proprio impegno per la causa del califfato.

A fronte di questo, nel Paese asiatico molti leaders religiosi musulmani e non, stanno diffondendo una posizione anti-ISIS e lo fanno con sms e messaggi di diverso tipo sia su Facebook che su Twitter, mettendo, tra l’altro, in evidenza come la violenza dell’ideologia che guida la formazione dell’ISIS prenda di mira non solo le minoranze religiose della zona, ma anche i musulmani che non accettano i loro principi o l'appartenenza alla fascia sciita dell’Islam.

Sono ora allo studio alcune strategie per contrapporsi in modo propositivo al diffondersi di questo tipo di fanatismo estremo, in un Paese dove, sebbene sia presente una forte maggioranza musulmana, la shari’a (legge islamica) non è mai stata applicata. L’Indonesia, infatti, dal giorno della sua indipendenza, fonda la propria democrazia sulla cosiddetta pancasila, la teoria dei cinque principi: fede nell'unico e solo Dio, giustizia e civiltà umana, unità della nazione, democrazia guidata dalla saggezza interiore dell' unanimità derivata dalle delibere dei rappresentanti e la giustizia sociale per tutto il popolo indonesiano. Si tratta di principi ispiratori a cui gli indonesiani sono sempre riusciti a restare fedeli, anche nei momenti più difficili ed oscuri della propria storia degli ultimi 70 anni. Le recenti elezioni presidenziali, che hanno sancito la vittoria di Joko Widodo (nella foto), popolarmente noto come Jakowi, anche se ancora appese alla spada di Damocle di una indagine per una contestazione di brogli elettorali avanzata da parte del candidato sconfitto, hanno confermato l’appoggio della popolazione indonesiana a questa idea che tende ad accettare e valorizzare le differenze etniche, religiose e culturali.

Incoraggiante la foto pubblicata in questi giorni da quasi tutti i quotidiani che ritrae leaders religiosi di diverse tradizioni in piedi uno accanto all’altro con cartelli in cui si legge: grande No all’ISIS, ISIS fuori dall’Indonesia.

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