L’Europa messa in crisi dai più poveri

Riunione straordinaria dell’Unione europea per parlare d’immigrazione. Verranno prese misure non risolutive. I meccanismi decisionali della ricca Ue messi in crisi dai poveri
immigrati

Stamani, all’alba, andando al lavoro, due giovani del Burkina Faso mi hanno chiesto una moneta. Ho chiesto loro come fosse arrivati a Roma: «Con le barche, dal Niger e dalla Libia – mi hanno risposto in perfetto francese –, dopo tre mesi e mezzo di viaggio prima nel deserto e poi in mare». Sono arrivati sulle coste calabresi venti giorni fa, e senza passare per i centri di accoglienza sono riusciti ad arrivare a Roma, dove ora dormono sotto le pensiline della Stazione Termini. Vogliono andare in Francia, a Limoges, chissà perché. L’esodo dall’Africa arriva a toccarci personalmente.

Oggi a Bruxelles il presidente Ue, il polacco Tusk, ha convocato un Consiglio straordinario dei capi di Stato e di governo per affrontare la questione degli sbarchi dalla Libia e da altri Paesi della riva sud del Mediterraneo. Le indiscrezioni di stampa parlano di misure volte soprattutto a colpire i trafficanti d’armi, prima ancora che a salvare vite umane. Verranno raddoppiati i fondi delle operazioni Triton e Poseidon – che, a giudizio unanime, saranno comunque insufficienti ad affrontare l’emergenza –, mentre si vocifera di azioni anche offensive contro i trafficanti di carne umana e contro gli scafi, operazioni affidate alla supervisione della Mogherini. Ma sulla sostanza di questi interventi nulla è più vago, anche perché le analoghe operazioni messe in atto sulle coste somale, a cui sembrano ispirarsi, sono state attuate in accordo col governo locale. In Libia non c’è ancora un interlocutore univoco e riconosciuto unanimemente. Renzi lascia pure ventilare il fatto che dei terroristi stiano approfittando degli sbarchi per intrufolarsi in Europa: tutto da dimostrare, ma possibile.

Sperando che il Consiglio Ue faccia un lavoro migliore di quello annunciato, e plaudendo al fatto che i leader europei si siano almeno riuniti, resta un fatto: le strutture burocratiche della opulenta Ue paiono bloccarsi dinanzi alla povertà, all’ostentazione vergognosa della miseria, della precarietà, dell’incertezza politica di tanti Stati. Il caso Grecia è sotto gli occhi di tutti: al di là delle questioni di bilanci statali, cosa riesce a fare l’Europa per i nuovi poveri della crisi ellenica? E cosa riesce a dire l’Europa a questi “cercatori di felicità” che lasciano il continente africano? Ancora, come reagisce l’Europa dinanzi alle richieste di aiuto che vengono dalle popolazioni di Siria e Iraq sbandate dal ciclone Isis e ridotte sul lastrico? Sembra che i volti dolorosi e doloranti dei profughi, delle vittime innocenti, della nuova miseria endemica non riescano più a commuovere chi vive nella culla dei diritti umani, nella culla del welfare, nella culla della solidarietà.

Coraggio Europa, abbi il coraggio di guardare in faccia questi poveri. Abbi il coraggio di rinunciare a qualche tuo privilegio per spargere un po’ di quella giustizia di cui ti fai paladina. Abbi il coraggio di capire che un’epoca è finita, quella della ricchezza malgrado tutto e tutti. Abbi il coraggio di tornare alle tue radici, quelle del Dopoguerra povero e doloroso di un continente che usciva dalla peggior guerra della storia. Abbi il coraggio di proporti come promotrice di “fraternità tra i popoli”, ne va della tua sopravvivenza. Già lo scrivevo giorni fa (http://www.cittanuova.it/c/446164/Lesodo_epocale_verso_la_felicit.html).

Nel contempo voci nella stessa direzione vengono, tra gli altri, dalla Cei, da un nutrito gruppo di Ong francesi, da studiosi come Oliver Roy, dal Movimento politico per l’unità che scrive: «La vastità e complessità delle questioni politiche, economiche, sociali e culturali che caratterizzano tali aree richiederebbe una mobilitazione della comunità internazionale, a cominciare dalle Nazioni Unite, per attuare un vasto piano di interventi e di misure d’urgenza, superando le contrapposizioni e i veti incrociati» (http://www.cittanuova.it/c/446214/Urgono_iniziative_politiche_sugli_sbarchi.html). Non bastano pannicelli caldi, serve un Piano Marshall: se l’attuerà, l’Europa potrebbe riguadagnare, almeno parzialmente, il credito perso in questi ultimi decenni.

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