Legge elettorale necessaria. Ma serve fiducia reciproca

Intervista a Giuseppe Riggio SJ, caporedattore di Aggiornamenti Sociali, sulle ipotesi in campo nel dibattito pubblico dopo il No del referendum costituzionale. Qualsiasi sistema è instabile senza dialogo
ANSA/MASSIMO PERCOSSI

Prima o poi andremo a votare di nuovo. La Corte Costituzionale ha rinviato al 24 gennaio la data della sentenza relativa al sistema “Italicum” introdotto, per la sola Camera dei deputati, dalla maggioranza dell’ex governo Renzi. Tra crisi bancarie ed emergenze internazionali, la questione delle regole elettorali resta determinante come ha ribadito l’appello del Movimento politico per l’unità. Abbiamo chiesto il parere sulla situazione attuale e le ipotesi finora in campo a padre Giuseppe Riggio, caporedattore  di Aggiornamenti Sociali, la rivista dei gesuiti che, in Italia, dal 1950, «affronta gli snodi cruciali della vita sociale, politica ed ecclesiale articolando fede cristiana e giustizia».

C’è da ricordare che nelle diverse opzioni esercitate dal variegato mondo cattolico, l’intera equipe redazionale del periodico ha approvato un documento favorevole alla riforma costituzionale Renzi Boschi, respinta poi dal voto referendario del 4 dicembre.

Partiamo quindi da risultato del referendum sulla riforma costituzionale, per osservare le diverse proposte di legge elettorale e avviare un dialogo aperto sui temi già affrontati con il professor Paolo Pombeni.

Non era stato descritto, dal governo Renzi, l’Italicum come il sistema migliore che poteva essere imitato da altri Paesi? Si può pensare di riproporre il Mattarellum senza attendere la decisione della Corte Costituzionale del 24 gennaio?

La bontà o meno di un sistema elettorale non può essere valutata in teoria, facendo riferimento a un’ipotesi astratta, pensata a tavolino; piuttosto le considerazioni su una legge elettorale vanno formulate alla luce del contesto sociale e politico del Paese in cui deve essere applicata.

Pur essendo trascorso solo un anno e mezzo dall’approvazione dell’Italicum, la legge elettorale per la Camera dei Deputati, la situazione italiana è mutata in un punto fondamentale: l’Italicum era stato scritto avendo come riferimento un nuovo assetto istituzionale, quello definito dalla riforma costituzionale, che era al tempo in discussione nel Parlamento. La bocciatura della riforma nel referendum e la profonda diversità delle attuali leggi elettorali per la Camera e il Senato cambiano il quadro politico al quale bisogna riferirsi e da qui nasce l’esigenza di considerare se mantenere o meno l’attuale sistema elettorale. Se si dovesse trovare un accordo da parte delle forze politiche per procedere all’approvazione di una nuova legge elettorale per entrambi i rami del Parlamento o per solo uno dei due, non ritengo che sia necessario attendere la decisione della Corte costituzionale, soprattutto se il sistema elettorale scelto si discosta sia dall’Italicum sia dal Porcellum, già dichiarato in parte incostituzionale con una pronuncia del 2014. Sarebbe questo il caso del cosiddetto Mattarellum.

Più in generale, l’Italia non è forse difficilmente riducibile ad una logica bipartitica senza allontanare larghe fasce di popolazione dal voto? 

Il processo politico che si è realizzato negli ultimi anni non si è tanto mosso nella direzione di un bipartitismo quanto di due aree politiche (centrodestra e centrosinistra) composte da una pluralità di partiti, con uno o due di maggior peso elettorale rispetto agli altri. Mi sembra che un quadro di questo genere permetta agli elettori di scegliere tra diverse sensibilità politiche, che si collocano all’interno di una proposta condivisa, senza essere frustrati a causa dell’irrilevanza del proprio voto ai fini della determinazione delle scelte politiche nazionali. L’astensionismo elettorale che è in aumento negli ultimi anni è dovuto in parte alla difficoltà di riconoscersi negli attuali partiti, e questo potrebbe essere reso ancor più difficile se ve ne fossero solo due, ma ancor di più alla crescente disaffezione verso la vita politica e alla sfiducia nella nostra classe dirigente. Operare per diminuire l’astensionismo passa soprattutto dalla ricostruzione di un clima di fiducia reciproca tra elettori ed eletti.

In linea teorica il ritorno al proporzionale sarebbe compatibile con altri strumenti per rendere possibile la governabilità?

Se ragioniamo in via teorica si deve riconoscere che la stabilità del Governo non è incompatibile col proporzionale. Non è così in Germania, dove vige un sistema elettorale proporzionale con alcuni correttivi (in particolare una soglia di sbarramento). Ma perché ciò avvenga è necessario che ci sia anche un clima politico, che renda possibile un confronto serio e franco tra i diversi partiti per trovare soluzioni alternative in caso di stallo. Per restare sempre all’esempio tedesco, ci sono state elezioni che non hanno espresso una chiara maggioranza a favore di uno dei partiti, ma i maggiori partiti hanno trovato un accordo per realizzare una Grosse Koalition, fondata su un vero e proprio patto. Se consideriamo l’ipotesi di applicare un sistema proporzionale al nostro Paese, bisognerebbe allora individuare anche alcuni correttivi, tenendo conto della nostra storia e dell’attuale quadro del Paese, ma soprattutto sarebbe necessario un mutato clima politico, più sereno e dialogante, per avere una prospettiva di stabilità a livello di governo.

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