L’ebbrezza dell’Autosole

Estratto dal Reportage di Spartaco Lucarini sul suo primo viaggio in automobile tra Firenze e Bologna sull’Autostrada da poco aperta al traffico.
Autostrada

I nostri lettori più anziani ricordano certamente di aver visto in determinati punti delle strade di trent’anni fa ottime coppie di buoi, che sostavano in permanenza per aiutare le macchine più grosse a superare le pendenze. Così da Genova Bolzaneto sulla salita che porta al passo dei Giovi. Così sulla Somma. In altri luoghi, specie dell’Italia meridionale, sostavano squadre di uomini, i quali, muniti di grossi canapi, aiutavano il veicolo a dare lo “strappo”. (…)

 

La strada di qualche decennio addietro toccava i villaggi più nascosti, saliva la montagna, aggirandola con aggressività dolce o prendendola di punta fino a scoprirne la sommità. La strada di oggi no, non può perdere tempo, ama la linea retta, abolisce le pendenze, tocca i luoghi che raccolgono maggior traffico. (…) Solo le autostrade oggi possono soddisfare queste esigenze: strade cioè appositamente costruite per le auto di oggi (…) possono giocare il ruolo di volano e di incentivo che hanno svolto per tutta l’economia nazionale le ferrovie nel secolo scorso. Quello che fecero un tempo le vie consolari di Roma debbono farlo oggi le autostrade. Per l’ingegnosità del lavoro umano, il dorso appenninico, un tempo causa di divisione, sta diventando il fulcro di tutto il sistema autostradale italiano. Bisogna andarvi per rendersene conto. (…)

 

Quel giorno da Firenze puntammo su Bologna per l’Autostrada del Sole. In un’ora eravamo a destinazione. Si aveva l’impressione di camminare su rotaie, tanto la guida era sicura e il percorso rettilineo: innestata la marcia più alta, non abbiamo poi avuto più bisogno di cambiarla. (…) È stato giustamente detto che con l’Autostrada del Sole si è portata la pianura in montagna. (…) Dal Citerna al Piano del Voglio, a Rioveggio, a Sasso Marconi si corre come su un altopiano, sollevati tra stupendi paesaggi appenninici. (…) E mentre guardi le cose create, non puoi staccare il cuore dalle cose dell’uomo, dal suo lavoro e dalla sua fatica: cinque milioni e 170 mila giornate lavorative, migliaia e migliaia di operai vi hanno lavorato. (…)

 

Un’opera che ha affratellato nel lavoro gli artefici, noti e ignoti, questa Transappenninica: per dare l’esempio e la possibilità al Paese di una più alta fraternità civile.

Spartaco Lucarini

I più letti della settimana

Chiara D’Urbano nella APP di CN

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons