Le insidie della masso-‘ndrangheta

Le inchieste coordinate dal giudice Gratteri rivelano un mondo sommerso da combattere. Pubblichiamo l'articolo apparso sul n. 2/2020 di Città Nuova
Photo Adriana Sapone/LaPresse
Foto Roberto Monaldo / LaPresse
Foto Roberto Monaldo / LaPresse

Con l’operazione Rinascita- Scott, scattata nella notte del 18 dicembre 2019, la Procura di Catanzaro, guidata dal dottor Nicola Gratteri, ha inflitto, con oltre 330 arresti, un colpo alla ’ndrangheta di Vibo Valentia mettendo in evidenza legami consolidati tra mondo dell’imprenditoria, politica e massoneria deviata. Con la più recente inchiesta Thomas è emerso come il boss Nicolino Grande Aracri, capo del locale (nodo geografico della struttura mafiosa) di Cutro, influenzasse la gestione del Comune e dei suoi appalti. Anche in questo caso alcuni indagati risulterebbero appartenere a settori deviati della massoneria.

Siamo di fronte a un’organizzazione mafiosa, la ’ndrangheta, che non solo cerca di allearsi con i poteri forti, ma promuove la nascita di logge massoniche deviate, di sostegno. Sono stati proprio i collaboratori di giustizia, unitamente alle intercettazioni, a svelare l’esistenza della Santa, struttura riservata, superloggia segreta che si celava in una loggia massonica ufficiale e agiva tramite soggetti “cerniera”. Massoni che si muovevano tra ’ndrangheta, istituzioni deboli e politici che accoglievano richieste e sollecitazioni in un contesto di corruzione latente. Si è costituito un intreccio di interessi che ha finito per costruire un sistema alternativo a quello auspicato dalla legislazione nazionale ed europea per sviluppare un territorio mortificato.

Come noto per “massoneria” si intende una società dal carattere segreto e occulto, anche se molti preferiscono parlare di riservatezza. Non di associazione segreta ma “con segreti”. Requisiti che cozzano inevitabilmente con l’esigenza di trasparenza, che è una garanzia irrinunciabile nella gestione di interessi pubblici orientata al bene comune.

Oggi si rileva una commistione cosiddetta “masso-’ndrangheta” che arriva anche a far eleggere direttamente propri uomini nelle istituzioni democratiche, fino al Parlamento.

La Chiesa ha sempre definito inaccettabile per i cattolici l’appartenenza alla massoneria. Papa Clemente XII, nel ’700, prevedeva la “dichiarazione di scomunica”. E se alcuni fanno notare che tale misura estrema non compare nel Codice di diritto canonico del 1983, bisogna tener presente che, nello stesso anno, la Dichiarazione sulla massoneria della Congregazione per la Dottrina della Fede, approvata da Giovanni Paolo II, ribadiva la condanna, diffidando i cattolici dall’appartenenza, per inconciliabilità dei principi con la dottrina della Chiesa.

Tale chiarezza deve accompagnare la riflessione su quanto ormai emerge da tempo dalle inchieste antimafia e cioè l’esistenza di una commistione masso-’ndrangheta che arriva anche a far eleggere direttamente propri uomini nelle istituzioni democratiche.
È proprio in Calabria che si riscontrano la più alta presenza della massoneria e, purtroppo, la percentuale maggiore di logge infiltrate dalla ’ndrangheta, deviate, non regolari od occulte, di cui fanno parte soggetti del mondo criminale.

A Reggio Calabria, l’operazione Gotha della Procura Distrettuale Antimafia ha fatto emergere l’alleanza tra ’ndrangheta e massoneria deviata, tramite una loggia coperta e noti professionisti, oggi sotto processo, che avrebbe condizionato l’intera organizzazione pubblica cittadina. Il mancato sviluppo della città trae origine inevitabilmente anche da tale stato delle cose che finisce per arricchire pochi corrotti a scapito di un’intera comunità tenuta sotto scacco.
È eclatante la fuga in massa dei giovani da questa terra. Figli che partono in cerca di opportunità e di lavoro. E che, con tutta probabilità, non ritorneranno più. Esistono, tuttavia, segnali di una forte riscossa civile di molti calabresi che non si arrendono. Con un impegno sociale avanzato che non può non incidere, prima o poi, a livello politico.

Dalle inchieste è emerso, infatti, come proprio la componente massonica, indipendentemente dal colore dei candidati, gestirebbe di fatto flussi elettorali con la complicità e/o il sostegno della ’ndrangheta. E non sono poi così lontani gli anni in cui noti politici venivano scoperti a parlare di voti in casa di boss di ’ndrangheta.
Eppure non bisogna attendere le inchieste della magistratura per fare la propria parte. Tutto inizia dal rifiutare quei rapporti ambigui con chi chiede il voto, e non solo, con promesse estranee e contrarie al bene pubblico. La lotta alla massomafie inizia così.

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