L’assoluto della fraternità

A seguito dei fatti di Parigi, la libertà è stata presentata come intoccabile. Sarò verò? Vale lo stesso anche per i due principi della Rivoluzione francese? E quanto le persone sono implicate nel trittico che abbiamo ereditato come modello per la cultura occidentale? Una riflessione
Pakistan

Non ho intenzione di ripetere cose trite e ritrite in questi tempi ma vorrei solo lanciare alcune riflessioni.

La libertà – soprattutto quella di espressione – è stata presentata come un assoluto intoccabile. Sarà vero? La Rivoluzione Francese ha proclamato tre assoluti, nelle sue intenzioni: liberté, egalité, fraternité. Sono proprio degli assoluti, tutti e tre?

Veniamo alla libertà. Quando è stata assolutizzata, ha generato il liberalismo sfrenato, il relativismo, lo sfruttamento dei poveri, delle masse, dei popoli a vantaggio di alcuni privilegiati. Giustamente si dice: la mia libertà finisce quando inizia quella degli altri. Quindi non è un assoluto. Non solo, ma la mia libertà finisce quando inizia la mia. Come? Quando la mia libertà mi rende schiavo di me stesso, allora deve finire. I classici vizi capitali, per esempio, sono il limite che non posso superare per non essere schiavo di me stesso. Quindi la mia libertà si deve fermare davanti ad essi, non posso fare quanto mi pare e piace.  Conclusione: non posso esaltarla come un assoluto.

L’uguaglianza. Tutti uguali? Consisterebbe nell’appiattimento: culturale, politico, sociale, religioso…? La storia, anche recente, parla di uguaglianza come negazione delle persone, come massificazione, col tagliare, fra l’altro, le teste che emergono. E poi, tutti uguali, ma alcuni più uguali degli altri. Non si può assolutizzare l’uguaglianza, perché la diversità è come una spina al suo fianco che continuamente la relativizza, la costringe a rispettare l’alterità, la singolarità.

Resta la fraternità. L’unico assoluto. Suppone libertà e uguaglianza e le supera. Include la libertà come il mettersi liberamente al servizio degli altri, al servizio della dignità e della grandezza dell’altro. Gesù, nella definizione più sconvolgente di libertà che mai sia stata data, dice: “Io do la mia vita per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la dono da me stesso: ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo” (Gv 10,17-18). Al centro sta il dono.

E include l’uguaglianza come riconoscimento dell’altro come essere unico e irrepetibile, fino al punto di considerarlo superiore a noi stessi (cfr. Fil 2,4). Nella sua comune e fondamentale dignità e, allo stesso tempo, nella sua originalità.

Fraternità non è un sentimento né un’idea (come potrebbero essere la libertà e l’uguaglianza), ma una realtà fatta di persone concrete in carne ed ossa, quindi assoluti, incarnazione di un progetto di Dio. Da qui il fatto che la fraternità è un assoluto, l’unico assoluto. E alla base di tutto sta Dio-Trinità, che può incarnarsi sulla terra solo nella fraternità.

Qualcuno dirà: “Perché tirare in ballo Dio? Non si tratta di religione! Dobbiamo restare sul piano della laicità!”. Come se Dio non fosse laico. Per caso Dio sarebbe clericale o “prete”? Dio è Dio, tre che si amano e basta, nella libertà, nell'uguaglianza e nella fraternità.

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