L’altra Secondigliano

Era il 17 gennaio 1998, giorno del mio arrivo nella nuova parrocchia. Sto parcheggiando l’auto quando sento dei botti che scambio per fuochi d’artificio. Altro che segno di benvenuto! Nell’ufficio postale adiacente alla chiesa è in corso un conflitto a fuoco tra rapinatori e carabinieri; uno dei malviventi rimane ucciso. A quel punto ho capito subito che la mia prima esperienza come parroco sarebbe stata piuttosto movimentata. Guarda però che non è sempre così, ha tentato di rincuorarmi un anziano sacerdote del posto. La smentita qualche anno dopo, quando la nostra comunità ha dovuto fare i conti con sparatorie giornaliere e con la militarizzazione del territorio. Don Fulvio D’Angelo, 45 anni, parroco a SS. Cosma e Damiano, la parrocchia storica di Secondigliano, allude alla guerra di camorra che nel 2004-2005 ha visto contrapposti il clan dei Di Lauro e quello dei cosiddetti scissionisti capeggiati dagli Amato: una faida che in poco più di otto mesi ha provocato 57 morti in questo popoloso borgo ormai assorbito nella grande periferia nord di Napoli. Il 17 dicembre del 2004 – spiega -, proprio nella fase più cruenta dello scontro, noi parroci del quartiere abbiamo organizzato una marcia della pace che ha visto sfilare migliaia di persone intenzionate a prendere le distanze da quell’esplosione di violenza. Da lì hanno preso il via delle giornate della legalità, incontri nelle scuole, interventi sulla stampa cittadina ed altre iniziative come la mia Lettera a un camorrista: un accorato appello a rifiutare una cultura di morte, che ha fatto riflettere diversi giovani carcerati e stimolato l’impegno di molti per la rinascita del quartiere. E tuttavia gli omicidi sono continuati, l’ultimo qualche mese fa proprio davanti alla chiesa, mentre don Fulvio stava celebrando messa. Devo riconoscere però che a Secondigliano ho avuto l’opportunità di fare un’esperienza umana e cristiana che probabilmente non avrei fatto altrove. E ciò grazie a quanti, malgrado tutto, non hanno rinunciato a scrivere con una vita onesta e laboriosa e il proprio impegno cristiano pagine luminose che però spesso sono poco conosciute. Confermano queste parole il film-inchiesta Oltre e il libro L’altra Secondigliano: di entrambi è autore (coadiuvato nel primo dal regista Ciro Fabbricino) il giovane giornalista Luca Saulino, nativo proprio di questo quartiere (www.lucasaulino.it). L’intento suo: Dare visibilità alle persone oneste che lavorano per reagire al marcio che gli cresce intorno, che s’impegnano quotidianamente per concretizzare la speranza di cambiare le cose attraverso il volontariato, lo spettacolo, la scuola, la cultura. Che sia possibile una rinascita per la città partenopea lo sostiene anche Francesco Anfossi nel suo libro- inchiesta Dio non volta le spalle a Napoli (Paoline), malgrado i dati sconvolgenti riguardo alle vittime della camorra, 3600 a partire dal ’79: Quante quelle – commenta il giornalista – dell’11 settembre. Il Ground Zero italiano. Il pensiero va a anche don Giuseppe Diana, il giovane parroco di Casal di Principe ucciso da questo cancro della società il 19 marzo 1994. E lui, don Fulvio, ha mai avuto paura, ricevuto minacce qualche volta? La paura, durante la fase più acuta della faida, si tagliava a fette nel quartiere – ricorda -. Ma col tempo si è imparato anche a conviverci. Va segnalato però, accanto alla paura, il coraggio di tanta gente semplice che ha continuato a svolgere il proprio impegno in parrocchia e a far sentire la sua voce contro la violenza. È stato questo, insieme al sostegno dei fratelli del focolare e alla certezza che la mia vita è nelle mani di Gesù, a farmi andare avanti. Minacce dirette non ne ho avute, anche se qualche mio intervento può avere creato fastidio; invece ho avuto dei riscontri che qualche mia parola ha toccato alcuni camorristi. Come alla veglia di Pasqua dell’anno scorso, occasione per intrattenersi amichevolmente con un gruppetto di loro che dal fondo della chiesa avevano assistito alla celebrazione. Nel colloquio a cuore aperto che ne è scaturito – ricorda don Fulvio -, si sono evidenziati tanti drammi personali ed io ho cercato di incoraggiarli per quanto possibile a fare un cammino diverso. Del resto noi preti siamo qui per cercare di gettare dei semi. Il Signore sa come e quando farli fruttificare. Ultimamente hanno fatto scalpore i temi di certi alunni di una scuola media di Miano, nei quali l’organizzazione malavitosa veniva vista a dir poco benefica. Anche nei miei incontri con studenti – osserva il parroco – è emersa talvolta una sfiducia nei confronti dello Stato, spesso assente o scarsamente efficiente; qui poi le istituzioni civili sono identificate soprattutto con la figura del carabiniere o del poliziotto visto come il nemico, come quello che viene a perquisirti di notte, ad arrestarti… Così, per tanti, la Chiesa resta l’unico punto di riferimento nel territorio anche per le necessità più elementari: è che viviamo in un quartiere dove mancano molti servizi, per cui occorre inventarsi anche forme di vicinanza alla gente al di là dell’ambito proprio religioso. Continuiamo a parlare dei giovani, la vera ricchezza di Secondigliano, e delle loro troppo scarse prospettive di inserimento lavorativo. Qui c’è chi lavora in nero a 10 euro al giorno con un orario che va dalle otto del mattino alle otto di sera, se non di più. Quale l’alternativa ad un lavoro di questo tipo, sottopagato, senza dignità, senza protezione? C’è chi è costretto a cercare altre opportunità altrove, e chi invece finisce per fare la sentinella di camorra, perché questa offre protezione e pane. È un pane maledetto, certo, ma pur sempre pane. Non tutti hanno dei valori che li rendono capaci di resistere a certe tentazioni (vedi box). La vera forza della criminalità organizzata a Napoli (un sistema che dà lavoro, che crea addirittura occasioni di svago) è questo esercito di sbandati che se non vengono reclutati dalla camorra non sanno come mettere insieme il pranzo con la cena. Don Fulvio non nasconde un altro suo cruccio: A parte qualche scambio su queste tematiche con i miei superiori e qualche amicizia personale, certe volte noi preti ci sentiamo lasciati un po’ soli. Io non riesco a pensare ad una pastorale in questo campo condotta da singoli sacerdoti perché operano in quartieri particolari, hanno vissuto esperienze particolari, o sono più sensibili a certe tematiche. Occorre un vero cammino di Chiesa, in quanto la persona singola può essere minacciata, colpita, isolata, il che diventa più difficile se ha alle spalle un’intera comunità . Secondigliano non è solo terra di camorra, ma anche terra di santità: basti ricordare il beato Gaetano Errico, fondatore dei Missionari dei Sacri Cuori, che è nato ed ha operato proprio qui nella prima metà dell’Ottocento. La canonizzazione, il prossimo ottobre, di questa figura che, come altri santi sociali del suo tempo, si è spesa per il popolo più diseredato, non potrebbe costituire uno stimolo anche per i secondiglianesi di oggi? Don Fulvio non ha dubbi: La personalità e l’azione del beato Errico, pur nella diversità dei tempi e delle situazioni, possono fornire numerosi spunti anche per una pastorale più attenta ai problemi attuali del quartiere. A patto però di non limitarsi al momento puramente celebrativo. Ma io spero proprio di no. E allora, san Gaetano Errico, aiutaci tu! LETTERA DAL CARCERE Salve, don Fulvio, mi chiamo G. e sono un ragazzo di Scampia. Ho 33 anni e sto dentro dal 2000. Ho fatto uso di droga dall’età di 15 anni. In poche parole, la normalità non ho mai potuto conoscerla. Mia moglie mi ha abbandonato e non vedo mia figlia da sette anni. Spesso mi sono sentito solo e disperato, ma da quando ho iniziato ad invocare il nome del Signore mi sento più sicuro e affido il mio futuro a lui. Ieri ho letto il giornale Roma e voglio dire qualcosa ai ragazzi della scuola Vittorio Veneto di Secondigliano che hai incontrato per la giornata della legalità. Parlo per esperienza personale: ho avuto molte proposte da chi controlla l’illegalità nel mio quartiere ma ho sempre detto di no. Sento tanti discorsi violenti ed ignoranti, ma non mi appartengono più, perché nell’umiltà e nell’amore sto ritrovando me stesso e la mia vita. Vi supplico, ragazzi, non vi soffermate solo sull’apparire perché non serve a nulla, e voi ragazze non guardate a quei giovani sulle moto o auto di lusso, ma poi così vuoti dentro. Nel mio piccolo e nella mia ignoranza vi dico che i valori della vita sono altri: cercate dentro di voi e li troverete con l’aiuto di Dio. Fra un anno scadrà la mia pena. Non so ancora cosa farò e dove andrò, ma spero con l’aiuto di Dio di trovare la mia strada. Pregate per me.

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