L’allarme di un Parlamento inoperoso

L’inattività delle Camere è il sintomo di una finanza pubblica malata e di una maggioranza in crisi.
Parlamento italiano

Il Parlamento in vacanza. Un giornalista del Messaggero ha riportato sulle prime pagine della stampa la questione della produttività del Parlamento, già ai minimi storici ed in continua discesa. Lo dicono i numeri: la produzione complessiva nello stesso periodo del 2009 (gennaio-ottobre) è stata di 68 leggi (dei quali 13 di conversione di decreti-legge e 31 di ratifica di trattati internazionali); nei primi dieci mesi di quest’anno si arriva a un totale di 57, di cui 18 conversioni di decreti-legge e 22 ratifiche. L’ulteriore dato che viene messo in risalto è che le leggi di iniziativa parlamentare sono, nel 2010, appena 12. A fronte di oltre 3700 proposte presentate alla Camera e di oltre 2300 disegni di legge giacenti in Senato.

 

E ora la Camera si appresta a “chiudere” per i prossimi venti giorni circa, fatta eccezione per la commissione Bilancio, impegnata sul fronte della legge di stabilità (il provvedimento di finanza pubblica che ha sostituito la legge finanziaria). Nemmeno il Senato si affanna, poiché non ci sono neppure decreti da convertire in legge.

Cosa vorrà dire tutto ciò?

 

Un Parlamento è il cuore pulsante di un sistema democratico nazionale e sintomi di non-funzionamento non possono mai essere banalizzati. Capirne le cause è un’operazione vitale. Nel nostro caso l’inattività delle nostre due Camere è certamente sintomo di almeno due mali: la situazione malata della finanza pubblica e l’incertezza della tenuta della maggioranza.

 

Che le casse siano vuote lo sappiamo da tempo, ma un’altra spia della gravità della situazione viene dal blocco niente di meno che della riforma universitaria, un intervento importantissimo per il Governo e per il paese. No money, no law, (niente soldi, niente leggi) sentenzia il ministro dell’economia Tremonti; e se devono ritirarsi in buon ordine i suoi colleghi, figuriamoci i deputati e i senatori.

 

Ma il bello (si fa per dire) è che non si riesce a portare avanti neppure qualche legge a costo-zero, in questo caso per ragioni di tenuta politica della maggioranza. Lo vediamo in presa diretta proprio in questi giorni: l’esame del cosiddetto “lodo Alfano costituzionale” sta mettendo alla prova l’equilibrio della maggioranza nella sua formazione inedita.

Il mix delle due cause è lo stallo. Difficile uscire da una situazione del genere, tanto più che è alle porte un Consiglio europeo che imporrà all’Italia decisioni dure e dolore di politica di bilancio. Una congiuntura di lungo periodo che avrebbe bisogno di un Governo forte e autorevole per essere affrontata con capacità di programma, visione e valori chiari come priorità.

 

Oggi la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, ha espresso l’opinione che il Paese non reggerebbe elezioni anticipate. Ma può reggere l’assenza di governo?

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