Lady Gaga, l’icona dissacrante

Preceduto da un tam-tam mediatico possente, “lady Germanotta” trova con questo nuovo disco quel che voleva: la consacrazione definitiva nell’elitario club delle superstar.
Lady Gaga

Massì, parliamone. In primis perché bisogna, giacché nel bene e nel male questo suo attesissimo e già vendutissimo Born this way è il disco del momento, e, in secundis, perché lei è, da qualche anno ormai, la donna più chiacchierata del pop planetario.

Newyorkese venticinquenne, Lady G. è sempre più la Madonna del terzo millennio per mille motivi: le origini italiane, un’educazione cattolica presto deviata verso i bassifondi, un’escalation bruciante nel segno di trasgressioni più o meno pruriginose e uno straordinario talento nell’abbattere i confini tra apparenza e sostanza, tra carisma e gossip, tra creatività e marketing.

 

Preceduto da un tam-tam mediatico possente, “lady Germanotta” trova con questo nuovo disco quel che voleva: la consacrazione definitiva nell’elitario club delle superstar.

 

Una formula che, come nel caso della succitata collega, sarebbe un errore catalogare come frutto di mera fortuna o di furbizia. Perché anche se gli ingredienti sono quelli del sensazionalismo elevato a prodotto di massa, non si può negare che la riuscita della ricetta sia anche frutto di un istinto da fuoriclasse, di un carisma perfettamente nutrito dalla propria indole e da un’applicazione maniacale.

 

Non c’è dubbio che la smarrita gioventù di questo decennio avrebbe bisogno di ben altri modelli di riferimento, ma l’iperbole di Lady Gaga si porta appresso lezioni di cui perfino i buoni maestri farebbero bene a tener conto: a cominciare dal fatto che nulla oggi si può improvvisare e che qualunque successo trans-mediatico implica una credibilità (se vera o artefatta importa poco, ahimè) oltreché una perfetta sintonia con gli umori, le aspirazioni, i linguaggi, del proprio tempo.

 

In quest’ottica Lady Gaga è, insieme, una profetessa molto glamour e una testimone fin troppo spregiudicata. Allo stesso modo in cui questo disco è un prodotto d’indiscutibile appeal e di furbissimi compromessi tra gli obblighi del piacionismo pop e l’ansia di trovare una propria cifra espressiva che trascenda il modello madonnesco.

 

E adesso? S’accontenterà del trono o deciderà di rilanciare?

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