La vita come vocazione

Lasciarsi alle spalle una Chiesa "seduta", che aspetta, e costruire una Chiesa giovane, che "esce"; edificare non una chiesa per i giovani, ma giovane, rinnovata. Questa una delle istanze emersa fortemente nel corso del Sinodo 2018, nel quale si sta affrontando il tema della fede e del discernimento vocazionale

I giovani cercano l’esempio dei santi come modelli di vita, dichiarano di avere bisogno di proposte concrete, della testimonianza di adulti coerenti e credibili; parlano della figura dell’accompagnatore vocazionale, che deve «essere un cristiano fedele impegnato nella Chiesa e nel mondo; essere in continua ricerca della santità; essere un confidente che non giudica; ascoltare attivamente i bisogni dei giovani e dare risposte adeguate; essere pieno d’amore e di consapevolezza di sé; riconoscere i propri limiti ed essere esperto delle gioie e dei dolori della vita spirituale» (cf. Instrumentum laboris, 132).

I giovani, “nativi digitali”, usano i motori di ricerca per rispondere a tante domande, ma cosa è la ricerca di Dio nel tempo dei motori di ricerca? La chiesa non si può ridurre a un Dio-Google, ma occorre aiutare i giovani a porsi gli interrogativi giusti, a ritrovare quelle domande profonde da cui dovrebbe partire il cammino di discernimento. La comunità ecclesiale deve essere il “luogo dell’inquietudine”, dove la ricerca di senso viene risvegliata e non sopita.

Sul tema del discernimento vocazionale, una delle istanze emerse durante il Sinodo è che matrimonio e consacrazione siano valorizzati in uguale misura nella Chiesa. «È giusto dire che il termine vocazione non è da riferire innanzitutto alla vita consacrata, come nemmeno al sacerdozio ministeriale – commenta a questo proposito mons. Martinelli, vescovo ausiliare di Milano –. Abbiamo fatto un uso un po’ clericale di questa parola che va riferita innanzitutto alla vita stessa. Per riscoprire la vita come vocazione occorre prendere consapevolezza che nessuno possiede il fondamento di se stesso. Nessuno può darsi il proprio inizio. Esistere è essere chiamati alla vita. In secondo luogo la vocazione descrive il nostro rapporto con la realtà quotidiana. Dio ci chiama attraverso quello che accade. La vita è vocazione perché la realtà è pro-vocazione, ci ferisce e ci attrae, desta in noi il desiderio di felicità. L’incontro con Cristo ci rivela, come dice la Gaudium et spes 22, che la vocazione è in effetti una sola, quella dell’amore divino. Questa vocazione si declina poi secondo la storia di ciascuno in forme vocazionali: vita consacrata, sacerdozio ministeriale, laicità e matrimonio. Ma se si perde il fondamento dell’unica vocazione, anche le diverse forme di vita cristiana si inaridiscono».

Non sono sufficienti “sforzi orizzontali”, ma sono necessari anche quelli “verticali” finalizzati ad aiutare il giovane ad alzare lo sguardo verso Dio. Prioritaria è, quindi, la dimensione spirituale: la partecipazione alla Messa, all’adorazione eucaristica, il sacramento della confessione. I giovani devono essere “contempl-attivi” – ricorda il Sinodo citando don Tonino Bello –, capaci, cioè, di coniugare la dimensione della preghiera e quella della carità verso i poveri. I movimenti laicali offrono un grande aiuto in tal senso e aiutano le coppie, le famiglie a vivere in profondità la loro vocazione, ad accogliere e incoraggiare la vocazione dei figli.

Fondamentale il tema dell’accompagnamento e della formazione. L’icona dei discepoli di Emmaus è al centro della riflessione sull’accompagnamento vocazionale. A riferirlo è Paolo Ruffini, Prefetto del Dicastero per la Comunicazione che, presentando la sintesi dei lavori di questi ultimi giorni, ha sottolineato l’importanza di un accompagnamento spirituale empatico e non improvvisato. Bisogna accompagnare e non smettere mai di essere accompagnati; prima di insegnare, è necessario diventare discepoli e riconoscere che Gesù ci ha salvato, che è entrato nella nostra storia, come il buon samaritano che si è preso cura dell’uomo ferito.

La chiesa “in uscita” deve comprendere i contesti diversi in cui i giovani vivono: si è anche affrontato il tema dei bambini soldato, dei bambini di strada, delle ragazze madri, delle migrazioni verso le città. È fondamentale un’educazione integrale dei giovani per costruire una società basata su relazioni fraterne e solidali: la missione deve vedere tutti impegnati nella costruzione di un mondo migliore.

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