La storia di Tonino a Ventimiglia

In prima fila nell’accoglienza dei rifugiati. Una vita sempre in prima fila nel riscatto degli ultimi e la vicinanza con chi soffre. La radice di una scelta che nasce da lontano, da un dolore che scava dentro e apre all’altro
ventimiglia ansa

Sta scaricando, assieme ad un gruppo di volontari, pacchi di pasta, di sughi, di riso e di ogni tipo di vivande, oltre a scatoloni di vestiti, di scarpe. Tonino classe 1941 a Ventimiglia è in prima fila ad aiutare i profughi che stanno raggiungendo le mille presenze e che hanno bisogno di ogni tipo di aiuto. Già, anche delle semplici piantine della città, dei vocabolari e delle ricariche dei telefonini. «Comunicare con i familiari – mi spiega lui – è una delle primissime necessità. Ho incontrato ragazzi che è da sei, sette mesi che non hanno notizie dei genitori, dei fratelli. Praticamente da quando sono partiti dalle loro città».

 

Tonino è un infermiere in pensione che con sua moglie si prodiga a sostenere chi ha necessità di aiuto. La sua è una storia bella, semplice, intrisa di sofferenza, e di “sano patire”, quel patire che poi ti insegna a stare accanto a chi è nel bisogno, a donare tempo, a condividere sofferenza. Ad ascoltare in silenzio e a operare sodo.

 

Fin da piccolo la sua storia è stata segnata da questo timbro. Figlio di un carabiniere, la mamma uccisa dai partigiani quando era piccolo, adottato e allevato da un’altra signora, che è diventata la moglie del papà ma che non l’ha mai sentito come figlio. Quasi l’ha rifiutato sempre, facendolo sentire non della famiglia.  «E questo per me è stato sempre una sofferenza forte, dura. Cruda». Poi finiti gli studi per “guadagnare qualcosa” Tonino fa il cameriere in Inghilterra, in Germania e in Francia. Poi quando a San Remo trova un lavoro come magazziniere, lo raggiunge una proposta interessante: “Vuoi fare l’infermiere in ospedale?”. A proporgli questa opportunità è una suora che conosce bene questo giovane generoso e credente. Anche qui tra i letti, e le sofferenze dei pazienti, Tonino non si risparmia. C’è da accompagnare un treno di malati a Lourdes, e lui ci va. Conosce Carla che dopo qualche anno sposa. “La mia è una vita bella serena, donata alla famiglia e alle persone che incontro e che sono in  necessità”.

 

Tonino confida: «la fede in Dio mi ha sempre accompagnato. Il Signore è sempre intervenuto nella mia vita. Se sai andare oltre, se sai perdonare la tua vita anche se faticosa, anche se incontri difficoltà è sempre una avventura straordinaria, bellissima che vale la pena vivere fino in fondo»”.  Ora dopo quarantasei anni di matrimonio mi confida un pensiero fatto proprio in quel giorno: «Oggi mi sposo e devo dare a mia moglie ai miei figli tutto l’amore che io non ho ricevuto e posso dire, davanti a Dio  che quello che ho promesso, naturalmente con il suo aiuto l’ho mantenuto».  Trentacinque anni in ospedale, la sua professione di infermiere capo-sala è stata curare, alleviare sofferenza, custodire memorie, confidenze. Storie. E poi davanti al dolore dei parenti per una paziente che moriva consolare: «Servono le ragioni del cuore per piangere come ha pianto Gesù, quando è morto Lazzaro, dice papa Francesco,  e per capire che solo il pianto di Gesù insegna a fare mio il dolore degli altri». 

 

Già l’insegnamento di Chiara Lubich è stata la carta per vincere ogni cosa in questi anni. Per superare le difficoltà, per accettare le croci piccole e grandi dell’esistenza. L’esperienza condivisa, l’aiuto ricevuto da altri. “Che ricchezza la vita del Vangelo vissuto!”. Tonino dispensa serenità dal suo volto pur scavato dalla fatica. Tra i servizi e le opere caritative che sostiene da anni vi è pure il viaggio che compie una volta al mese con l’Associazione Regina della Pace, una onlus che porta con dei tir, dall’Italia in Bosnia Erzegovina cibo, vestiti, lavatrici, mobili, lenzuola, coperte. «Una piccola cosa: un aiuto a chi ha bisogno – ci dice – per tirare avanti. Là la vita è più dura che qui».

 

Ultimamente stava percorrendo la statale in bicicletta, quando è stato investito da un’automobile. Frattura del bacino è stata la diagnosi, stare fermo è stato un penitenza accettata “per fare bene quello che Dio mi chiedeva”. Il risarcimento dell’assicurazione poteva essere una vera provvidenza per fare un lavoro programmato da tempo, ma Tonino ha pensato di destinarlo ad un’altra persona che aveva più bisogno: “quel lavoro, lo possiamo fare più avanti, non c’è fretta”.  Tonino ci lascia col sorriso sulle labbra, è felice di aver imboccato fin   da giovane l’avventura cristiana e di aver provato a vivere ogni giorno il Vangelo. La sua storia si è arricchita di tanti tasselli, piccoli e grandi. Soprattutto la sua vita è stata sempre vissuta nell’attenzione verso chi aveva bisogno. E quanti volti, quante storie, quanti “atti d’amore” sono conservati nel suo cuore.

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