La solidarietà ha scalzato la fraternità

Il sentire comune ha dato una casacca pragmatica ad un valore che mi fa percepire l'altro libero e uguale a me. Attenzione alle conseguenze
Extracomunitari

Secondo il sentire comune …. Spesso con queste parole si tende a definire il diffuso e condiviso significato di un valore, di un pensiero. Quindi, in questo freddo avvento natalizio il “comune sentire” ci riporta, come le luci e il panettone, la parola e l’atteggiamento di Solidarietà. Credo che per quasi tutti la solidarietà è una forma di comportamento sociale altamente approvato, venendo “comunemente” assimilato all’altruismo, a ciò che è virtuoso.

 

Ma come spesso capita, una parola, un significato, come una slavina nevosa, parte da un sassolino, una concezione che dice un qualcosa e poi la storia, la cultura, il “comune sentire” le confezionano un’ altra funzione.

Qualcuno afferma che la parola solidarietà ne avrebbe soppiantato un’altra, secondo noi di maggior fattura, che è “fraternità” che, dopo i fasti donatigli da San Francesco (uno dei primi ad esprimere questo concetto) e soprattutto dal trittico della Rivoluzione Francese (Liberté, Égalité, Fraternité), la fraternità è quasi del tutto ignorata oppure relegata nella sfera privata – spesso in quella religiosa. Per di più, la fraternità ha una connotazione emotiva che fa perdere vigore al suo vero significato.

 

Addirittura in un “Vocabolario generale della politica” uno scrittore francese faceva il seguente rilievo: “Quando uno dice la parola libertà, tutti sanno di che cosa si tratta; lo stesso dicasi della parola uguaglianza : ha un significato chiaro e determinato. Invece non è così quando uno parla della fraternità. Questo concetto è vago e indeterminato”.

 

Probabilmente una certa laicità ha volutamente o meno, menomato la fraternità perché considerata come troppo idealistica, troppo vaga, troppo inoperante, e forse troppo religiosa. Ed ecco che in partita entra la solidarietà con una casacca più “pratica”. Uno studioso della materia, il sociologo Giovanni Sarpellon, afferma che «Bisogna tuttavia riconoscere che la solidarietà può trovare fondamento su motivazioni affatto diverse (quali l’interesse, se non addirittura l’egoismo –individuale o di gruppo-) e originare comportamenti conflittuali anche molto aspri». Continuando egli spiega che la solidarietà «si fonda sulla similitudine fra società e organismo vivente e individua nella cooperazione fra le parti il motore del benessere collettivo. In questa teoria la solidarietà agisce in quanto comportamento funzionale e conveniente perché, assicurando la vita dell’organismo, assicura anche la vita delle singole parti componenti».

 

E parrebbe di capire che in tutto ciò non c’è nulla di altruistico anche perché l’azione solidale deve individuare un “confine” che ovviamente delimita, il “Noi”, l’insieme con i quali, appunto, ci sentiamo solidali. Dall’altra parte ci sono gli “Altri” che, spesso, possono addirittura minacciare gli interessi dei “Noi”. Ma il discorso scivola verso alte e altre sfere che abbandoniamo volutamente.

 

Torniamo al nostro sentire comune e chiediamoci se possiamo dare un significato significante alla fraternità, ridandogli quel posto che le compete. Certo alle orecchie del sentire comune la fraternità non sussurra parole, ma le grida. La fraternità mi dice una cosa difficile a sentirsi ed a integrarsi nella mia coscienza. Perché insomma chi sarà quell’altro perché mi assicurino che mi è fratello? Fratello a che titolo, fratello a nome di chi? Se il mio gesto ha idea di cambiare le cose, anche appagarmi– cosa non sempre disdicevole – diventa di fatto atto concreto e politico, direi pure costituzionale, cosa che di questi tempi non guasta. Infatti realizza quel dettato dell’art. 3 che impegna tutti a «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti …».

 

E’ simpatico vedere che in detto articolo c’è la pianta ed è invece sottesa la radice. Ci sono libertà ed eguaglianza e mancherebbe la fraternità. Ma non manca, appunto, nella radice di questo principio perché per rimuovere gli ostacoli è necessaria, più che mai, la fraternità. Infatti essa implica un contatto immediato con le persone, una relazione faccia a faccia con l’altro. Essa riconosce in ogni persona uno che è insieme diverso da me e uguale a me. Diverso perché ognuno è unico. Uguale perché in ognuno c’è la chiamata ad essermi fratello in umanità, fratello in quanto appartenente ad un’unica famiglia umana. Ed ecco che la fraternità arricchisce, completa, radica e sviluppa la libertà e l’uguaglianza. Caro sentire comune per questo Natale ci proviamo a ridare senso e sostanza alla Fraternità?

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