La sinistra ha perso la sua anima?

Le elezioni, non solo in Italia, confermano una crescita del consenso della destra mentre è tutto in salita il percorso del Pd e dell’area cosiddetta progressista. Su quali basi ripartire? Dai contenuti della Laudato si' e della Fratelli tutti. E la questione divisiva dei diritti civili? Dialogo con Vannino Chiti, autore del testo “Dare un’anima alla sinistra”
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Elezioni, chiusura della campagna elettorale del Partito Democratico in Piazza del Popolo, Roma. Foto: Mauro Scrobogna/LaPresse

Vannino Chiti ha scritto un libro che ha il merito di prendere di petto la situazione della sinistra in Italia, dopo la recente, prevedibile e larga vittoria elettorale della coalizione guidata da Giorgia Meloni. Un testo che entra nel merito in particolare delle ragioni della lunga crisi del Partito democratico per cercare di capire da dove ripartire.

Chiti proviene dal Pci passando per il Pds, i Ds per arrivare nel Pd. Da parlamentare, nel 2017, non ha votato la fiducia sulla legge elettorale Rosato (Rosatellum). Un presa di posizione rilevante per un ex ministro delle Riforme istituzionali nel governo Prodi, già presidente della Regione Toscana e sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, che nel 2018 non è poi stato ricandidato alle elezioni politiche.

Oltre l’impegno diretto e l’incarico nelle istituzioni, Vannino Chiti è autore di diversi testi di approfondimento con particolare attenzione alla storia del movimento cattolico. Dopo la vittoria della Meloni nelle elezioni politiche del 25 settembre 2022 ha lanciato con Rosi Bindi e altri esponenti della cultura un appello per la ricostruzione di un largo campo progressista.

Gli abbiamo posto alcune domande mentre dalla Grecia arrivano i dati sulla vittoria schiacciante del centro destra, con la sinistra di Syriza che non supera il 17,84% e il partito socialista fermo all’11,85% (resta un partito comunista al 7,69%). Un vento di destra che sembra spirare in tutto il continente e che fa presagire nuovi equilibri nel Parlamento europeo che sarà eletto nel 2024.

 

Lei ha scritto un libro denso di analisi ed esercizio di un pensiero critico. Non le pare che proprio la mancanza di un serio confronto e dibattito sia all’origine della crisi della sinistra in Italia? Non è emblematico il fatto che si continuino a promuovere feste dell’Unità con riferimento ad un quotidiano che è scomparso a favore sostanzialmente di Repubblica, portatore di un pensiero liberal, liberista, libertario finito poi sotto il controllo diretto di Exor?
Nella sinistra non solo italiana, ma europea e occidentale, manca una lettura critica della società, una messa a punto dei valori tradizionali, ancora attuali, di quelli nuovi da assumere. Non ci sono neanche le sedi per un confronto. Al di là del nome delle feste politiche o dei giornali, è vero che è penetrata nella stessa sinistra una cultura neo liberista, che ci allontana dal popolo, dal mondo dei lavori e ci rende incapaci di dare speranza e fiducia nel futuro.

Nel suo testo parla di una posizione “progressista”. Non le pare una definizione antiquata, ottocentesca, in considerazione dei tanti spunti di novità che fa emergere invece nel suo libro?
In parte ha ragione ma tutte le parole della politica risultano oggi inadeguate. Sono antiche le parole o non aggiornati i contenuti? Per me sono i contenuti a non essere aggiornati. Papa Francesco lo ha espresso in una sintesi di rara efficacia: siamo in una nuova epoca, non in un’epoca nuova. Pensi a una parola tra le più abusate: il riformismo. Oggi lo sono tutti, a destra e a sinistra. Sono d’accordo con Prodi: riformiamo i riformismi. Separiamo il fuoco vivo dalla cenere. Valori, progetto di società, programmi: poi le alleanze e le candidature. E coinvolgiamo le persone. Senza partecipazione la sinistra è finita!

Guardando le mobilitazioni dell’area “progressista” appare evidente l’impegno convinto su tematiche come il matrimonio egualitario e la legge Zan, perno della maggioranza di Elly Schlein, mentre è latitante e dubbiosa sulla questione epocale della guerra. Significativa la rimozione di questo termine nell’incontro con Lula. Cosa davvero interessa a questo mondo? Una sinistra plurale vuol dire mettere insieme i pezzi del “ma anche” di Veltroni silenziando il confronto su ciò che divide?
La sinistra, da Zapatero in poi, sta separando l’impegno sulle libertà civili da quello sui diritti sociali e sui grandi temi come il disarmo e la costruzione della pace. Su questo versante spesso si è afoni ed è un errore. Le libertà civili sono fondamentali ma i desideri non possono diventare diritti. Su leggi che riguardano l’etica e la vita si deve procedere non in modo giacobino ma coinvolgendo gli esperti della scienza, della cultura, delle religioni, promuovendo prima un dibattito pubblico. Nel Pd esiste la regola della libertà di coscienza, che tutela l’espressione delle convinzioni di ognuno: al tempo stesso deve svolgersi una discussione vera.

I cristiani che sono portatori della cultura del personalismo devono abiurare per poter entrare nel fronte cosiddetto progressista?
I cattolici e i credenti che vogliono far parte della sinistra non devono abiurare a niente, ma pretendere un confronto vero, senza reticenze. Per fare un esempio concreto: sono contrario alla maternità surrogata, il cosiddetto utero in affitto. Per me sarebbe il cedimento a un individualismo liberista che consegna ai più ricchi il corpo delle donne. Sono invece d’accordo su una legge che impedisca violenza verbale e fisica contro le persone gay. Due presidenti emeriti della Corte costituzionale avevano indicato soluzioni di giusta mediazione al ddl Zan. È stato sbagliato non farle nostre. Non c’era Elly Schlein alla guida del Pd.

Come si fa a declinare sul serio la mobilitazione della Cgil, e non solo, sulla sanità pubblica se il Pd è stato corresponsabile della privatizzazione del SSN? Da dove ricominciare?
Il Pd deve battersi per la sanità e l’istruzione pubbliche, il diritto a un lavoro degno, la partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori nei consigli d’amministrazione delle imprese medio-grandi come da cinquant’anni c’è in Germania, il salario minimo garantito almeno a 9 euro l’ora, un fisco progressivo. Come? Riconoscendo quando si è sbagliato e dando così credibilità alle proposte di cambiamento. In ogni caso, per essere precisi, il secondo governo Prodi non tagliò sanità o istruzione. Dopo di allora governi di centrosinistra non ci sono più stati.

Parlando di politica economica e industriale a partire dal caso della Gkn, è mai possibile che, nonostante il sostegno di pezzi importanti della società civile, non si riesca a trovare, nella Toscana che fu rossa, un’alternativa alla linea decisa dalla multinazionale in base alle previsioni di lungo termine dell’automotive?
L’economia è guidata da logiche finanziarie dettate dalla Borsa: il profitto senza se e senza ma. Le conseguenze sono l’intensità dei ritmi di lavoro, l’arretramento nei diritti, lo scarto, come dice il papa, di pezzi di società. Ci si deve schierare a fianco dei lavoratori nelle tante GKN d’Italia, per un’occupazione che realizzi uno sviluppo giusto socialmente ed ecologicamente. La soluzione non è in mano a una Regione. In Italia non si è ancora varata una legge contro le delocalizzazioni produttive a base speculativa. Non sarebbe sufficiente, ma un passo avanti per pretendere dall’Unione europea provvedimenti che garantiscano il lavoro. Le delocalizzazioni dividono i lavoratori e le nazioni, minano il futuro dell’Unione. La stessa Bce deve essere riformata: la sua missione deve unire controllo dell’inflazione e insieme garanzia e promozione del diritto al lavoro.

Uno storico intellettuale come Mario Tronti invita a stare attenti a non far travolgere l’Europa nel tracollo dell’Occidente indicando questo obiettivo come compito della sinistra, ma le prossime elezioni europee sembrano indicare un diverso scenario. Che fare?
È vero: l’Europa è nell’Occidente ma ha una sua specificità. Può contribuire a garantire la convivenza pacifica dell’umanità, impedendo guerre che, nella sfida iniziata tra Usa e Cina, distruggerebbero il pianeta e i suoi abitanti. La sinistra non vincerà le elezioni europee se si presenta come un pallido riflesso delle destre. La sua rotta può avere due riferimenti fondamentali: la Laudato sì e la Fratelli tutti. Lo so, mi daranno del papista. Non deve esserci un uso strumentale delle due encicliche ma la capacità di tradurle in progetti di società, in programmi concreti e coerenti. La sinistra deve essere in campo per la pace e assumere la nonviolenza a sua base. Non si può essere d’accordo con la corsa agli armamenti. Bisogna operare per mettere al bando le armi nucleari. Intanto in Italia si promuova l’adesione al Trattato dell’Onu per la proibizione delle armi nucleari. È stato approvato nel 2017: l’Italia non lo ha firmato. La sinistra deve portare avanti l’obiettivo di una democrazia federale europea, senza la quale ci aspetta la decadenza e l’impoverimento delle stesse democrazie nelle varie nazioni.

Con questa legge elettorale il blocco espresso dalla Meloni è destinato a restare a lungo al potere dopo aver coperto pedine importanti in campo economico e sui media. Ma non sembra che tale argomento sia mai stato all’ordine del giorno del Pd. Perché?
Questa legge elettorale, il cosiddetto Rosatellum, è pessima al di là di chi possa favorire. Danneggia i cittadini e la nostra democrazia, accentuando il distacco dalle istituzioni. Ho l’orgoglio con altri cinque senatori di sinistra di non averla votata. Il Pd ha assolutizzato il principio della democrazia decidente, traducendolo in una legge elettorale che dovrebbe sancire, finite le elezioni, la coalizione di governo. Tutti a suo tempo ce ne siamo invaghiti! Bisogna cambiare e tornare ad assumere, a sinistra e a destra, l’impegno a non fare riforme delle istituzioni a maggioranza. La Costituzione non è dei governi o dei parlamentari in carica ma degli italiani.

Che tipo di sistema elettorale offre maggiori garanzie democratiche?
Personalmente sono per una legge elettorale proporzionale con lo sbarramento al 5%. La destra propone un regionalismo differenziato, che sgretolerebbe la coesione del Paese, e un imprecisato presidenzialismo. Ritengo che si debba dire no e avanzare proposte alternative: le Regioni non possono avere gli indirizzi guida nella sanità, scuola, assistenza. Non ci può essere una sanità o scuola lombarda, toscana, siciliana. Il presidenzialismo è estraneo alla Costituzione, che si affida al ruolo del Parlamento. La stabilità dei governi e il rafforzamento del ruolo del presidente del consiglio si possono ottenere seguendo i modelli della Germania e della Spagna, introducendo in Costituzione la sfiducia costruttiva. Oggi l’Italia dal punto di vista istituzionale sembra che indossi il vestito di Arlecchino.

Quale percorso comune vede possibile pur partendo da sponde opposte?
Auspico che, insieme, sinistra e destra, trovino convergenze a partire dalla riforma dei Comuni, dalla necessità di un ente intermedio, oggi assente per la pseudo riforma delle province, dalla riprecisazione della funzione delle Regioni (l’esperienza del Covid impone un ripensamento del Titolo V), da una nuova legge elettorale e dal rafforzamento dei governi parlamentari. Il tutto nell’orizzonte della costruzione della democrazia federale europea, alla quale dobbiamo contribuire.

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