La scelta «giusta» in facoltà

Partito alla sede di Giurisprudenza dell'università di Trento il progetto Right, nato per promuovere la raccolta differenziata dei rifiuti di tre studentesse. Che lavorano nel piccolo della facoltà, ma pensano in grande
Trento

«Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile, e all'improvviso vi sorpenderete a fare l'impossibile»: sono parole di San Francesco d'Assisi che non solo hanno ispirato i suoi seguaci, ma sono anche diventate lo slogan del progetto Right, entrato nella fase operativa il 10 luglio alla facoltà di giurisprudenza dell'Università di Trento. Tutto è nato per volontà di tre studentesse – Sofia Pozzobon, Enrica Rocca e Alessia Livan – che lo scorso aprile hanno risposto alla sollecitazione del prof. Nicola Lugaresi, docente di diritto dell'ambiente, a partecipare al premio Paolo Caracristi per l'Ambiente: un concorso indetto dal Comune di Trento e Dolomiti Energia, per promuovere con 2 mila euro ciascuno i due progetti ritenuti più significativi nel campo della riduzione dei rifiuti e della raccolta differenziata.

Anche in un'isola felice come il Trentino, nota per essere all'avanguardia in questi settori – nel capoluogo si arriva al 77,5 per cento di rifiuti differenziati, e un terzo dei comuni della provincia supera il 65 per cento – esistono per converso delle «isole tristi», come appunto la facoltà di giurisprudenza: «Non solo, a differenza di altre sedi dell'ateneo, c'è poca sensibilità in questo senso e non erano nemmeno disponibili contenitori diversi per differenziare i rifiuti – riferisce Sofia -; ma i cestini erano anche abbandonati a sé stessi, tanto che in quelli del giardino nuotavano i girini perché nessuno provvedeva mai a svuotarli dall'acqua piovana».

Le tre non si conoscevano, ma il professore ha provveduto a metterle in contatto dopo che avevano espresso la loro volontà di fare qualcosa; e così da brave giuriste hanno elaborato il progetto Right, «ossia diritto, perché tutti hanno il diritto a vivere in un ambiente sano; ma anche giusto, nel senso di scelta giusta». Ottenuto il sostegno del preside di facoltà, sono andate a chiedere anche quello del Comune: nella fattispecie sotto forma dei contenitori per la raccolta degli imballaggi leggeri non distribuiti, che però erano ancora da montare e da adattare alla raccolta di carta e rifiuto indifferenziato.

Ma le nostre non si sono fatte scoraggiare, e con pazienza hanno provveduto non solo a costruirli – riutilizzando anche il cartone delle risme esaurite abbandonati alle fotocopiatrici -, ma anche a realizzare delle isole ecologiche – ossia delle aree in cui ubicarli – collocate in base all'analisi dei luoghi di socializzazione all'interno delle facoltà. Prima di esporli, hanno provveduto ad una dettagliata campagna informativa non solo tramite il sito della facoltà e la pagina Facebook, ma anche con un «manuale grafico» da appendere a muri e bacheche per dire agli studenti dove buttare cosa: «Abbiamo modificato gli elenchi divulgati dal Comune per renderli più adatti all'ambiente universitario – racconta Sofia -: ad esempio, abbiamo scaricato da internet le immagini delle merendine in vendita ai distributori automatici, così che ciascuno possa individuare visivamente il contenitore giusto».

Il giorno scelto per portare al loro posto i contenitori era il 10 luglio, con tanto di chiamata a raccolta di volontari per dare una mano tramite Facebook. Dei 170 «Mi piace» sulla pagina, solo in tre si sono rimboccati le maniche: ma i sette intrepidi – aggiungendo le tre ideatrici e il professore – non si sono fatti scoraggiare, e in tre ore hanno sistemato 13 isole ecologiche nei corridoi – ciascuna composta di un contenitore per la carta, uno per gli imballaggi e uno per l'indifferenziato -, 5 nelle aule, e una trentina di cestini per carta e imballaggi negli uffici.

In corso d'opera, la gratificazione è stata poca: «Di commenti positivi non ce n'è stato nessuno, mentre sono arrivate tante critiche non costruttive da parte di chi si diceva non interessato alla raccolta differenziata  – osserva con rammarico Sofia -; ma già nei giorni successivi quasi tutti i rifiuti erano divisi correttamente, e studenti di altre facoltà ci hanno contattate per estendere il progetto».

L'idea è infatti quella di esportare Right in altre sedi, tanto più se potrà contare sui 2000 euro di finanziamento previsti dal concorso: «Potremmo predisporre dei punti di raccolta dove gli studenti che consegnano i fogli usati ricevono in cambio dei block notes in carta riciclata .- propone Sofia -; oppure acquistare asciugamani elettrici con cui sostituire le salviette di carta, che hanno un impatto ambientale più alto perché vengono spesso sprecate e non sono riciclabili. O ancora acquistare degli impilabiccheri da mettere accanto alle macchinette del caffè per ridurre il volume dei rifiuti; o consegnare a tutti gli studenti quando si immatricolano una borraccia con il logo dell'università, per spingerli a non acquistare acqua in bottiglia».

Azione quest'ultima che, considerato un consumo medio anche di solo due bottiglie a settimana a studente, si tradurrebbe nel risparmio di 480 bottigliette a testa per l'intero ciclo di studi.

Il responso arriverà dopo la scadenza del concorso, fissata a fine settembre; ma, al di là del responso del comitato che valuterà la bontà del progetto e la sua efficacia e replicabilità, «se riusciremo anche solo a far separare gli imballaggi dal residuo non riciclabile, avremo già fatto un grande passo avanti». Le tre studentesse, poi, pensano in grande: «A settembre ci sarà una conferenza Onu sui temi ambientali a Lima – riferisce Sofia -: vorremmo portare Right fino alle Nazione Unite, facendo individualmente domanda di partecipazione».

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