La posta del direttore

ANCORA SULLE STRAGI DEL SABATO SERA Nei giorni scorsi ho letto su un noto quotidiano la lettera straziante di un padre che ha perso l’unico figlio ventenne per incidente stradale all’uscita di una discoteca nelle prime ore del mattino. Come noto, la legge che prevedeva la chiusura anticipata dei locali notturni è stata bocciata dal voto contrario di tutta la sinistra e i voti determinanti della Lega e della Margherita che inizialmente erano favorevoli alla legge. Ricordo che anche il centro-sinistra fece un tentativo per regolamentare il settore, ma anche allora non se ne fece nulla. Evidentemente le pressioni dei gestori sono cosi forti da condizionare i partiti politici. Anche i sindaci della riviera adriatica hanno fatto nei mesi scorsi una grossa campagna mediatica assicurando che sarebbe stato sufficiente l’autoregolamentazione dei gestori a garantire la sicurezza dei giovani. Come tutta risposta, alcuni locali del loro territorio hanno avuto la facoltà di organizzare nei loro locali musica-no stop da mezzanotte a mezzogiorno. Ma com’è possibile che per il profitto si lascino morire migliaia di giovani ogni anno? Penso sarebbe utile ricordarlo ai nostri politici (possiamo trovare gli indirizzi su Internet: sito: www.senato.it o camera dei deputati). Erois Cecchi Evidentemente il voto che ha bocciato la legge è stato trasversale perché diversamente la sola sinistra non avrebbe avuto i numeri per imporsi. In ogni caso non ci dispiace ripeterci per denunciare con lei l’allarmante gravità di questo fenomeno che i nostri rappresentanti in parlamento non sembrano volere arginare. La cosa più saggia mi pare sia quella di prendere nota di chi ha votato contro per evitare di rieleggerlo. PIÙ DIALOGO PER CAPIRE MEGLIO Sono rimasto sorpreso leggendo, nel numero 12 della rivista, la lettera del signor Pietro Cipollaro, insieme alla relativa risposta. Senza qui ripetere quanto dallo stesso espresso, mi permetto di dissentire dalla sua idea che non si può imporre la democrazia. Anche a noi (e non solo a noi), nel 1945, la democrazia è stata imposta, sia pure con il parziale contributo dei partigiani italiani, e non mi pare che dobbiamo pentirci o vergognarci di questo (anche perché, nei decenni successivi, molti italiani hanno dato la vita per difendere questa democrazia dai terrorismi di tutti i colori). Anche in quel caso, si assistette ad episodi di violenza dei vincitori (come dimenticare le violenze di vario genere commesse da alcuni reparti alleati una volta sbarcati in Italia, delle quali non si parla nei libri di storia delle scuole?), ma non per questo, credo, siamo disposti a rinnegare o respingere sdegnosamente il frutto di quella invasione. Spero, con queste riflessioni, di non venire inserito nella categoria di persona debole di idee e complice dell’orrore bellico . Nicola Miolo Ho riletto la lettera che ha dato origine a questa sua protesta e la trovo sostanzialmente in consonanza con le riflessioni che da tempo andiamo facendo su questo controverso argomento. Spesso dipende dall’animo con cui noi stessi affrontiamo certi fatti, trovarli più o meno dissonanti dal nostro giudizio. Anche queste sue affermazioni potrebbero sembrare paradossali e lasciare sconcertati, mentre esse pure contengono una parte di verità, certamente non tutta. Per questo ritengo sia importante dialogare con animo aperto, dando per scontata la buona fede dell’altro, senza con ciò abdicare a quella che ci pare sia la verità. UN DISSENSO PRECONCETTO Sono Marco ed ho 18 anni. Oggi alcuni miei amici hanno letto degli articoli di Città nuova, che avevo portato al mare, però non hanno fatto altro che criticare il modo di scrivere con argomentazioni assurde, senza smettere di offendere e ridere di chi li ha scritti ed interpretare tutto con leggerezza e malizia. Ho cercato di difendere la dignità di chi collabora per Città nuova ma non mi hanno neanche ascoltato, anzi, hanno continuato a smontare gli articoli e, più in generale, i valori che sostengono i cattolici. Sono rimasto molto male e mi sento scoraggiato…. Marco – Massa È successo che raccogliendo accidentalmente Città nuova, usata per incartare un cavolo, essa venga letta e colta come una perla preziosa. Altre volte, fatta oggetto di un regalo, essa è rimasta a lungo ignorata finché … Altre ancora può diventare segno di contraddizione. Penso sia questo il caso da te descritto, dove il dissenso dalla linea della rivista appare piuttosto preconcetto. Gli attestati di stima e apprezzamento che riceviamo sono infatti assai frequenti e autorevoli.Tuttavia anche Città nuova che, mi par di capire, tu stimi e ami, in certi casi va offerta con prudenza a chi può intendere, proprio per evitare ciò che è successo a te. Dobbiamo essere noi stessi, e dunque pure tu, quella rivista aperta, ma discreta, che parla del nostro ideale di unità. Se lo testimonieremo con la nostra vita, più difficilmente potranno smontarci. E quando ci chiederanno cosa essa nasconde, potremo offrire Città nuova che allarga gli orizzonti su tutto un popolo che vive il nostro stesso ideale. Auguri, Marco.Tutti siamo passati attraverso esperienze simili alla tua. Del resto Gesù stesso ne parla, invitando a non gettare le perle… APROPOSITO DEI TRAFORI ALPINI Di recente Alma Pizzi ha parlato su Città nuova dei trafori alpini spiegando che, in termini di sicurezza, sono stati fatti notevoli passi avanti. Non ne dubito. Tuttavia, sia in Italia che all’estero, percorrendo le autostrade alpine e non solo quelle, ci si imbatte spesso in restringimenti di corsia proprio in corrispondenza dei grandi trafori che per lo più accolgono in un unico tunnel il traffico in entrambi i sensi di marcia. Nonostante i limiti di velocità imposti, questi tratti fanno veramente paura, e gli incidenti che troppo spesso si verificano, confermano la loro pericolosità . Giovanni Bianchi – Aosta Chi viaggia, sia per lavoro che per diporto, sa che quanto lei afferma è vero. È anche vero che in tutti i paesi alpini si sta procedendo con impegno al raddoppio di queste gallerie. Solo per quella del Monte Bianco si discute ancora, sia perché il suo raddoppio risulta molto oneroso, sia perché le nazioni coinvolte sono due e, come si sa, gli interessi non sempre collimano. Visto comunque che di queste nuove strare non si può fare a meno, converrà tenere presente i consigli che vengono forniti agli utenti dagli stessi gestori dei trafori, e cioè: sintonizzarsi sulla stazione radio del tunnel; mantenere la distanza di sicurezza (50 metri per le auto, 150 per i camion); localizzare i dispositivi di sicurezza presenti nel tunnel; in caso di incidente spegnere il motore, ma lasciare la chiave inserita nel cruscotto; non invertire mai il senso di marcia; utilizzare le stazioni SOS per chiedere soccorso; prima chiamare aiuto, poi prestare i primi soccorsi. Cerchiamo Denise A nome della famiglia di Denise Pipitone, la piccola scomparsa da casa nel trapanese, di cui si teme il rapimento, ci viene chiesto di pubblicare la sua foto, ritenendo che quante più persone ne memorizzano l’immagine, tanto più facilmente potrà essere ritrovata. Altre notizie si possono trovare nel sito: www.cerchiamodenise. org da cui si possono scaricare i dati sulla bambina e anche la foto FRA SCIENZA E PACE CHE RAPPORTO C’È? Ho appena letto in Città nuova, nº14 del 25 luglio del 2004, l’articolo su Oppenheimer e la bomba che mi ha interessato molto, poiché viene incontro a quanto sto cercando di conoscere sul rapporto tra scienza e pace. In questo momento, mi trovo infatti a fare uno studio su questo argomento e mi interessa sapere: se la scienza ha a vedere con la pace, e più precisamente con l’educazione alla pace; quali sono stati gli scienziati che hanno lavorato in questo campo e come lo hanno fatto. Se possibile, chiederei alcuni riferimenti bibliografici . Maria Emanuel de Almeida – Portogallo Fra gli scienziati che hanno dato, con il loro esempio, un contributo alla pace spicca Franco Rasetti (1901-2001). Egli è stato uno dei più grandi fisici sperimentali italiani ed ha lavorato con Fermi a Roma nel gruppo di via Panisperna. Nel 1943 si rifiutò, per motivi di ordine morale, di collaborare in America alle ricerche militari sull’energia nucleare. Più di Oppenheimer, a mio parere, ha incarnato l’etica della responsabilità per la civiltà tecnologica formulata dal filosofo austriaco Hans Jonas, uno degli iniziatori del dibattito bioetico. Nel campo dell’educazione alla pace mi sembra opportuno segnalare anche la rivista Bulletin of atomic scientists (consultabile on line all’indirizzo www.thebulletin.org) fondata da un gruppo di scienziati che avevano partecipato al Progetto Manhattan durante la Seconda guerra mondiale.

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