La posta del direttore

NASCITA DELLA DEMOCRAZIA Non si può imporre la democrazia e la giustizia con una guerra, che – mettendo gli uomini a rischio di essere uccisi – li rende feroci e vendicativi contro i vinti. Lo spirito della democrazia e della giustizia, iniziato nella Grecia classica, sviluppato da autori cristiani ed illuministi, nasce negli animi. È successo nell’Urss, non invasa da un esercito ma da idee, idee maturate nell’intelletto di Gorbaciov, col consiglio della moglie e le preghiere della madre. Succederà in Cina, quando giungeranno al potere quegli studenti di Piazza Tienanmen, che hanno già la democrazia nell’animo. Bisogna agire, ma anche saper aspettare la Provvidenza; non solo quando il presunto nemico è grosso, come l’Urss e la Cina, anche quando è piccolo come l’Iraq. Il papa aveva supplicato di non scatenare la guerra, tanto era forte il rischio di fomentare nell’Islam l’odio terrorista. Purtroppo ci sono capi di stato che si professano cristiani, ma perseguono politiche basate sulla forza militare, per il controllo dell’energia e quindi del mondo. Chi, abbagliato dalla loro potenza, li segue, è debole di idee e complice dell’orrore bellico da cui deriva altro terrorismo e la disunione dei popoli. Adesso che il disastro è fatto e si diffondono odio e caos, si vuol coprire la politica imperialista con le ragioni umanitarie di mantenere l’ordine, anche brutalmente. Lasciamo il Kurdistan ai curdi e l’Iraq agli arabi iracheni; lasciamoli con i loro leader, con gli ulema e gli ayatollah che si dicono uomini di Dio. Pietro Cipollaro – Firenze D’accordissimo con il suo giudizio sul disastro rappresentato da questa guerra. Penso che il suo lasciamo il Kurdistan ai curdi e l’Iraq agli iracheni non voglia dire lasciamo che si scannino fra loro – il che potrebbe avvenire senza un intervento dell’Onu, che noi abbiamo sempre auspicato, e che ci aspettiamo sia presto operativo – ma aiutiamoli a decidere liberamente del loro futuro. PRIVILEGIARE IL BENE COMUNE Discutendo fra amici (anche facendo nostre le argomentazioni di un periodico), si conveniva sul fatto che la trasversalità sociale presente in alcuni partiti storici, caratterizzati da forti ideologie, non esiste più o trova scarso riscontro all’interno dei grandi schieramenti politici che si sono venuti a costituire in questi anni. Ci fu un tempo in cui a riconoscersi nella Democrazia cristiana c’erano impiegati e contadini, imprenditori e professionisti, così come – certo non con gli stessi rapporti di forze – le stesse categorie sociali e professionali erano presenti nel Partito comunista e negli altri partiti tradizionali minori. Chi più, chi meno, votando, esprimeva prima di tutto un’appartenenza ad un pensiero, ad un credo politico; poi semmai veniva l’interesse per il candidato, per la sua rettitudine nel far politica (ahimè!), per la sua personalità. Oggi la situazione sembra essersi rovesciata, e l’attenzione è rivolta tutta al singolo o a quanto di lui appare (o quantomeno a ciò che il suo ufficio propaganda cerca di far apparire). Questo può rappresentare un aspetto senz’altro positivo… Ma le idee del candidato, il grande sistema di pensiero al quale farà riferimento la sua politica, quali sono? In quanto allo schieramento di appartenenza, esso rischia di diventare un gruppo nel quale, ad accomunare i membri è l’attività lavorativa con la relativa condizione sociale. L’elettore finisce per votare una casta, una classe sociale, con tutti i limiti che ciò comporta. Nel paese di uno di questi miei amici si voterà per l’amministrazione comunale ed ecco che una lista è composta quasi intieramente di impiegati, insegnanti, operai, dipendenti in genere. Inutile aggiungere che le liste concorrenti comprendono soprattutto imprenditori di spicco e professionisti. Si concludevano le nostre osservazioni riconoscendo che mai come adesso c’è stata l’esigenza di conoscere i candidati non soltanto nel nome ma nelle loro intenzioni, capacità, disponibilità a fare il bene comune (non della classe di appartenenza), per poter assegnare un voto realmente efficace. Francesco Baldo – Treviso Rinviamo i nostri lettori all’articolo Una politica per pochi? a pag. 20 che tocca proprio questo argomento. PICCOLI PARTITI Per quanto ne so, e ne capisco, i piccoli partiti non sono altro che la conferma di una democrazia vera. Mi è nebuloso, quindi, il messaggio del premier quando dice che l’Italia è cambiata e i piccoli partiti non bisogna votarli perché disperdono energie. Se questo è vero, era più vero prima della formazione dei due poli. Il problema è un altro: che all’interno dei poli ci sia concertazione e non conflittualità. L’abilità di un premier è appunto questa. Abilità che il presidente del Consiglio ha di sicuro, ma che è restio ad usare, anzi… Per recuperare la gaffe, ché di questo si tratta, ne ha fatto una più grossa: Mi riferivo ai partitini dell’opposizione. Da quando in qua il leader di uno schieramento si preoccupa che l’altro sia più efficace e, quindi, più concorrenziale? Marginalità? Sono d’accordo. Tanto più d’accordo quando si tratta di scegliere un candidato per una carica locale. Qui il simbolo conta relativamente. A contare davvero è l’affidabilità di chi si propone a rappresentarci. Sento il dovere di esternare, come cittadino, il mio apprezzamento per quei candidati che scelgono i piccoli partiti non per il potere o il cadreghino ma per la difesa dei valori in cui credono. I piccoli partiti garantiscono le peculiari diversità e sono una ricchezza da non dilapidare. Corrado Raponi CONCERTI DI SOLIDARIETÀ IN PROVINCIA DI CASERTA Dopo aver letto del progetto Ilanthalir sulla rivista Città nuova, all’istante sento che si può fare un’azione concreta per rispondere alla richiesta. Con un gruppo di amici decidiamo di organizzare dei concerti mirati alla raccolta di fondi, insieme ad una scuola musicale presente sul territorio e con la partecipazione di Maria Fucci, cantante di canzoni tradizionali napoletane. Pensiamo quindi di coinvolgere la chiesa di Capua, proponendo dei concerti di solidarietà nelle varie parrocchie. Non solo la diocesi accoglie l’idea, ma contribuisce alle spese, in modo che il ricavato possa andare tutto a favore del progetto Ilanthalir. Il primo concerto ha luogo nella parrocchia di Maria Assunta, a Santa Maria La Fossa. Una partecipazione non molto folta, ma di qualità: circa 70 persone. Un giornalista commenta che c’è stata aria di pace e di amore, che hanno nobilitato ancora di più la musica. Un secondo concerto si è svolto nella parrocchia di Marcianise: 200 persone e un forte clima di unità che ha contagiato tutti. Ed era proprio questo, al di là dei soldi (quasi 1.300 euro raccolti), il nostro desiderio più grande: costruire fra tutti un rapporto basato sull’amore scambievole e aperto ai fratelli che sono nel bisogno. Mario Mannillo UN RINGRAZIAMENTO E UNA RACCOMANDAZIONE Riceviamo di frequente lettere che non richiedono risposte a quesiti, quanto piuttosto un ringraziamento per quanto in esse comunicato: apprezzamenti per il nostro lavoro, o anche esternazioni di sentimenti più che condivisibili per avvenimenti di carattere privato. Non potendo rispondere a ciascuno, li accomuno in un ringraziamento corale a nome di quanti collaborano alla nostra rivista. Rinnoviamo anche l’invito ai lettori perché si rivolgano a questa rubrica con lettere brevi e firmate. Ci dispiace molto non potere prendere in esame quelle che non rispettano questa esigenza, cui, per ovvi motivi, non possiamo derogare. Eventuali richieste di aiuti vanno indirizzate invece direttamente alla rubrica Guardiamoci attorno, ottemperando alle indicazioni ivi segnalate. GLI OSTINATI DELLA PACE Crediamo che in questo momento storico, assai particolare e per certi aspetti drammatico, sia urgente e indispensabile far circolare voci e impegni portati avanti con coraggio e determinazione da varie realtà sociali ed ecclesiali, tra cui la vita religiosa femminile, a favore della pace. Come amava ripetere don Tonino Bello, la pace prima che traguardo è cammino. Insieme siamo chiamati ad aprire e a percorrere cammini di pace. Grazie per tutto il bene che fate in particolare con la vostra rivista. Sorelle Comunità Rut Con questo preambolo le Sorelle della Comunità Rut ci hanno fatto avere copia di una lettera inviata al Santo Padre, come al maggior testimone della pace in questo momento. Lettera che per motivi di spazio non possiamo qui riportare per intero, ma che condividiamo. A volte proviamo a immaginare – vi si legge fra l’altro – come sarebbe oggi il mondo se la risposta all’11 settembre del 2001 fosse stata, da parte di noi popoli occidentali cristiani, un alto grido, pur straziato dal dolore, di perdono. Ma è forse follia essere cristiani fino in fondo e seguire le orme del Cristo che nel momento più drammatico della sua vita terrena si rivolge al Padre invocando il perdono per tutta l’umanità Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno? Santo Padre, continui ad essere questa voce di Verità, continui a gridare a tutti i popoli della Terra che il bene assoluto dell’umanità è la Pace. Continui a porre gesti che manifestino l’indispensabilità dell’apertura del cuore all’amicizia con le nostre sorelle e fratelli musulmani. Ma continui ad essere anche un pungolo per noi popoli ricchi duri di cuore che per vili interessi, o forse proprio perché noi ne siamo la causa, non vogliamo fare l’unica e vera grande battaglia contro la fame e le tante forme di povertà . Ci sentiamo vicini a questi ostinati della pace a combattere con altri mezzi la stessa battaglia.

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