La posta del direttore

NON GUERRA MA DIALOGO CON L’ISLAM Ho letto il libro di Oriana Fallaci. Condivido da anni l’ideale che ispira Città Nuova ed il Movimento dei focolari. Ho anche alcuni amici islamici, con i quali c’è un vero rapporto di amicizia, di aiuto reciproco ed un dialogo anche a livello spirituale. Ho sempre seguito con gioia il dialogo del Movimento dei focolari col mondo islamico. Eppure, dopo aver letto quel libro ho dovuto lottare contro me stessa e contro dei dubbi malefici che la Fallaci mi ha istillato dentro. Forse ha ragione la scrittrice, forse è tutto inutile… Per fortuna la ragione, convalidata dalle esperienze fatte, ha avuto il sopravvento. Molti miei amici hanno letto quel libro; amici spaventati dagli ultimi avvenimenti, dalle immigrazioni clandestine, dal terrorismo ecc. Cercavo in passato di spiegare loro che non si può generalizzare, che gli islamici non sono tutti terroristi e incivili, che non si può fare di tutta l’erba un fascio. Mi hanno telefonato dopo l’uscita del libro della Fallaci. Ecco il tenore: Oriana Fallaci ha detto quello che tutti pensiamo e che nessuno osava dire. Queste persone, come la gran parte della gente, non sono informate dell’esistenza del dialogo con l’Islam moderato. E’ più facile demonizzare, creare il nemico, piuttosto che usare i distinguo e cercare di conoscere. Condivido il vostro articolo sull’ultima Città nuova. Volevo solo sottolineare gli effetti di questo libro di Oriana Fallaci che temo stia contribuendo a creare una vera e propria guerra di civiltà con demonizzazione reciproca. Consigliate di leggere il libro confrontandolo con ciò che Città nuova ha scritto in questi ultimi anni sul dialogo col mondo islamico. È proprio questo il problema: solo pochissimi conoscono il lavorio di dialogo e di comprensione reciproca che pure esiste. Lucia Lasciarrea Siamo pienamente d’accordo con la sua lettura dell’articolo e condividiamo la proposta di diffondere sempre più le notizie sulle molte esperienze di dialogo esistenti. CHE DIFFERENZA C’È FRA BUSH E KERRY? Si dice che i sondaggi elettorali negli Stati Uniti in questo momento diano alla pari Kerry e Bush. C’è da chiedersi quale elemento possa far pendere la bilancia a favore dell’uno e dell’altro. Desidero prendere in considerazione l’elemento Iraq,per vedere quale (se c’è) sostanziale differenziazione esiste tra l’uno e l’altro. Da quello che mi sembra di capire non è molta; anzi, Bush ha dalla sua il fatto che la sua visione strategica (dell’egemonia americana) è chiara e netta e corrisponde a buona parte dei sentimenti americani. Kerry avrà il coraggio in questi pochi mesi di creare una propria visione non solo sulla situazione irachena ma su quali basi costruire i rapporti internazionali? Riguardo all’Iraq, Kerry propone una internazionalizzazione dell’occupazione. Ma non dice come ciò può avvenire. Riguardo all’Onu Kerry tace. Si sa che gli americani non hanno mai avuto una eccessiva simpatia per l’Onu. A me sembra che il punto debole di Kerry sia proprio la sua posizione sull’Iraq, che al momento è solo polemica nei confronti di Bush. Il fatto è che bisogna inventare un nuovo modello di rapporti internazionali, e in questo quadro affrontare il problema del fondamentalismo islamico. E, poi, non bisogna dimenticare quello che, forse, è il vero problema del mondo d’oggi: il potere di controllo della principale fonte di energia – il petrolio -, e a quale autorità affidare questo controllo. Gianni Caso QUESTO NUMERO È SPECIALE Questo numero di Città nuova esce per una volta con una foliazione inedita. Si compone infatti di un primo fascicolo, ridotto rispetto al consueto, ma completo di tutte le sezioni con gli articoli e le rubriche principali. E di un secondo fascicolo interamente dedicato alla manifestazione di Stoccarda Insieme per l’Europa. Esso contiene, oltre ad un reportage sull’avvenimento, ai commenti di eminenti personalità intervenute e alle impressioni del pubblico, anche gli atti completi del Convegno. Ci è sembrato infatti che in questo particolare momento che vede l’Unione europea ormai allargata a 25 membri, pronta a darsi una Costituzione e ad eleggere fra breve il proprio parlamento, ma ancora così incerta sui valori fondanti la sua dimensione spirituale, che soli ne potranno garantire lo sviluppo e l’unità nella pace, fosse di grande stimolo e incoraggiamento conoscere quale convergenza di forze sane e determinate, appartenenti a diverse confessioni e fedi, si stia spendendo per questo primario obiettivo: dare un’anima all’Europa. IO NON TI ABBANDONERÒ Così mi scrive dal carcere un detenuto abbonato: Ho ricevuto come sempre Città nuova e in questo numero mi ha colpito l’articolo Psicologo tra i detenuti, molto bello, e devo dirti che anche per me vale la ‘cura Dio’; ogni mattina che mi alzo ho al mio fianco una scritta che mi sono messo per sentirmi amato da lui: Dio stesso ha detto: ‘Io non ti lascerò e non ti abbandonerò’. Così inizio ogni mia giornata. Sento la vita come dono suo. Lui è intervenuto nella mia storia. Un abbonato – Roma MISSIONARI RICONOSCENTI Solo con la preghiera riconoscente, potrò dire il mio grazie per la rivista Città nuova tanto attesa, che fedelmente mi inviate, dono della vostra generosità e dei benefattori per i missionari lontani. Grazie anche a nome delle mie consorelle e dei laici volontari che restano per alcuni mesi nel nostro ospedale. Suor Giulia Ferrario,Atakpamè (Togo) THE PASSION PERCHÉ NO? Ho deciso di non andare a vedere La passione di Cristo, il film di Mel Gibson, quando ho capito che quel che aveva mosso a parlarne tutti gli italiani era stata solo un’imponente campagna mediatica, vale a dire una pubblicità ossessiva praticata fuori dagli spazi pubblicitari, per mascherarla, da spontanea, massiccia manifestazione d’opinione. M’è parsa proprio un’occasione per dire un tranquillo No, grazie. M’è parso un modo di difendermi dal marketing aggressivo dell’industria dell’intrattenimento. Se il film avesse la dignità culturale di un’opera d’arte, sarei lieto, a tempo opportuno, di andare a vederlo avendo le giuste motivazioni; ma non si può andare al cinema solo per la pressione ossessiva della pubblicità. Non ci sto. E mi pare, la mia scelta, un tranquillo modo di andare controcorrente. Cosa mi perderò? Un’opera d’arte? La Passione ha ispirato tante opere d’arte che un prodotto industriale americano non potrà aggiungere granché al contributo che la Passione ha dato finora all’arte vera. Perderò l’occasione per un momento di meditazione? La contemplazione del mistero dell’Abbandonato sulla croce merita un esercizio quotidiano che per fortuna trascende dalla visione di un film. Si gioverebbe poco della ricercatezza dei dialoghi in lingua aramaica, della violenza esagerata o del rigore filologico brillante del pur grande esercizio di un eccellente regista. Teddy (mailto:roberdip@tin.it) Su La passione di Cristo è stato scritto molto e ancora se ne parla moltissimo. Anche Città nuova ha fatto la sua parte di commento che, se vuole, potrà trovare sul n. 8 del 25 aprile. È vero che, come accade di consueto, anche questo film ha fruito di un’imponente campagna mediatica (forse in parte controproducente). È vero che certi eccessi di verismo possono turbare e sono discutibili.Tuttavia mi asterrei da un giudizio così drastico senza avere visto il film. Forse non sarà un’opera d’arte, ma induce a riflettere. E non è poco. FERMA CONDANNA DELLE TORTURE Le torture perpetrate in Iraq sono una radicale negazione della dignità dell’uomo, certune poi vanno proprio a colpire nel più profondo l’anima, la religiosità dei musulmani. Sono una gravissima offesa inferta a tutto il mondo islamico.Orrore e vergogna titolava l’Osservatore Romano del 9 maggio. Dobbiamo prendere coscienza che è questo il retaggio di ogni guerra. Urge, prima che sia troppo tardi, come è richiesta corale da parte di autorità civili e religiose in tutto il mondo, un cambiamento di rotta con un effettivo passaggio all’Onu della responsabilità dell’opera di pacificazione in Iraq. Non solo. Questi drammatici fatti ci scuotono. Dobbiamo andare alle radici del male. Urge il dialogo con il mondo musulmano. Una necessità che, dopo l’11 settembre, è avvertita dal mondo politico, civile e religioso. È questo il nostro impegno costante nei diversi paesi del mondo: si rivela via privilegiata per disinnescare pregiudizi e rancori e suscitare una reale fraternità, oggi più che mai indispensabile per sanare spaccature e sventare il rischio di uno scontro di civiltà. Bisogna assumere la fraternità anche come categoria politica, il che vuol dire condivisione dei beni, rispetto della cultura dell’altro popolo, scelta dell’interdipendenza e dell’orizzonte mondiale in ogni decisione politica. Servizio Informazione Focolari

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