La posta del direttore

SÌ AL DIALOGO NO ALLE POLEMICHE Faccio parte di quella generazione dove, per quasi tutti i poveri, non era consentito di avere un’istruzione oltre la quinta elementare. Ma da quando vi conosco mi avete aperto orizzonti di dialogo, condivisione e rettitudine prima a me sconosciuti. Perciò, leggo con profondo interesse ogni pagina di Città nuova, compresa arte, cultura, spettacolo, tutto. Il vostro modo di esporre anche questi argomenti mi fa capire la bellezza che c’è dentro ogni cosa e questo mi aiuta a rendere gloria a Dio. Inoltre vi ringrazio per l’obiettività con cui trattate i temi di attualità e politica. In mezzo a tante confuse notizie, c’è bisogno di una voce serena come la vostra. Sinceramente evito ormai di ascoltare anche i programmi di alcune reti dove, a mio parere, le informazioni vengono spesso trasformate in banalità, come se lo spettatore fosse privo di un proprio raziocinio. Sono consapevole della mia ignoranza, ma rifiuto le cose demenziali perché queste mi umiliano. Allora vi dico, a nome di tanti: continuate così, e non abbiate timore quando parlate di attualità e di politica, di condannare quello che è contro il bene comune, da qualsiasi partito esso provenga. Chiedo anche di non pubblicare questa lettera, perché spesso, quando vengono espressi pareri non sempre condivisibili, si innescano polemiche a non finire. Questo non è ciò che desidero. Vanna F. Non ho ottemperato alla sua richiesta, gentile signora Vanna, di non pubblicare la lettera (anche se non la riporto per intero perché troppo lunga) proprio per il tono costruttivo e conciliante con cui si esprime. Il suo timore, infatti, di innescare polemiche, come talora accade, attesta, più di ogni altra considerazione, pur positiva, il fatto che lei ha colto il senso più profondo del dialogo che vorremmo instaurare con i lettori. Grazie, dunque, per questa piccola-grande lezione, utile anche a noi, quando scriviamo. La accettiamo come un invito a non indulgere alle polemiche. Ciò ovviamente non significa che non si debba fare spazio a chi non la pensa come noi ed esponga il proprio pensiero senza animosità. MAOMETTO FU PRIMA CRISTIANO? A proposito dell’articolo Gesù nel Corano (Città nuova n. 22/2003), bisogna sapere che Maometto ebbe un’educazione cristiana e probabilmente ebbe la madre cristiana. Per questo il Corano non va contro Maria e Gesù, ma non riconosce (per vie tortuose) la risurrezione, perché è il miracolo che, se creduto, fa di Gesù il figlio di Dio per tutti gli uomini. San Paolo dice: se non crediamo alla risurrezione vana è la nostra fede. Una lettrice – Firenze Le vie del Signore sono talvolta enigmatiche, e ancor più quelle dell’uomo. Che Maometto fosse stato educato anche cristianamente è risaputo, cosicché non ci si stupisce della presenza nel Corano di tanti riferimenti a lui e a sua madre Maria (citata più volte nel Corano che nel Nuovo Testamento). Certamente i musulmani, come lei dice, non riconoscono la resurrezione di Cristo. Ma l’affermazione fatta da Paolo (cf. 1 Cor 15,14) diceva che, se Cristo non fosse morto, vana sarebbe stata la loro fede. E si indirizzava ai cristiani e all’universalità della loro fede, non a persone che seguivano altre fedi. D’altronde non è dato sapere se Maometto fosse lui stesso un cristiano convinto. In ogni caso, Cristo è morto e risorto per tutti. BANCA ETICA ED ECONOMIA DI COMUNIONE Sono abbonato a Città nuova da anni ed essendo un piccolo risparmiatore gradirei che sulla rivista comparisse un ennesimo articolo sull’Economia di Comunione. Sarebbe interessante per me, ma penso anche per altri, che si spiegasse come con piccole somme a disposizione, per esempio 10-30 mila euro, si possa inve- stire in azioni nell’Economia di Comunione con i relativi dettagli per l’adesione. Lettera firmata Da più parti ci vengono fatte richieste di questo tipo, come pure di conoscere quali pubblicazioni siano state edite sull’Economia di Comunione. Ne parleremo anche sul prossimo numero di Città nuova. Intanto possiamo informare che è stato avviato un programma di collaborazione tra Banca Etica ed EdC spa con lo scopo di contribuire a colmare il divario tra ricchi e poveri attraverso la costituzione di aziende che condividano gli utili con gli indigenti e promuovano nel mondo economico un agire basato sulla cultura del dare piuttosto che dell’avere. Banca Etica si pone come punto di incontro tra i cittadini che condividono l’esigenza di una gestione responsabile del denaro e le iniziative socio-economiche che si ispirano ai princìpi di un modello di sviluppo umano e sociale sostenibile. Sulla base della condivisione di questi valori, l’intesa mira a sostenere le comuni attività nel campo dei progetti economici, culturali ed educativi, valutando tra gli altri aspetti: le possibilità di interazione nell’ambito della diffusione di Banca Etica sul territorio; la possibilità di dare risposta, tramite finanziamenti, alle necessità anche della EdC spa o delle realtà ad essa collegate. Per informazioni dettagliate ci si può rivolgere a EdC spa – Via Castagneto, 21 – 50064 Incisa in Val d’Arno FI – tel. 055-8334427 – e-mail: info@edicspa. com; www.edicspa.com BAMBINI E BILINGUISMO Con mio marito abbiamo ricevuto una buona proposta di lavoro all’estero e stiamo prendendo in considerazione l’eventualità di un trasferimento. Ma ci tormenta un dubbio: i nostri bambini di due e tre anni e mezzo potrebbero risentire in modo negativo del cambiamento, soprattutto linguistico (il piccolo soprattutto ha appena cominciato a dire qualcosa in italiano!)?. Francesca Datteri (Trento) Conosco diversi esempi di famiglie in cui i bambini parlano senza difficoltà due lingue, avendole imparate fin da piccoli. Dipenderà da voi adulti, se in casa continuerete a parlare l’italiano, fare in modo che non lo dimentichino, ma completino il loro apprendimento via via che crescono. Sarebbe utile, poi, che trascorressero le vacanze in Italia, per accrescere la conoscenza della lingua, scritta e orale, nonché della cultura italiana, perché non succeda che sviluppino compiutamente la nuova lingua, e della prima posseggano solo un vocabolario infantile. UN APPREZZAMENTO CONDIVISO Desidero ringraziarvi per il vostro lavoro ed in particolare per l’intervento di don Foresi Che cos’è pregare (Città nuova n. 3/2004): tre pagine preziosissime e intense, parole e frasi da far innamorare di Dio!. Marzia Dallolio – Ferrara Sono lieto di poter riportare uno dei tanti apprezzamenti che ci giungono per le pagine di spiritualità che regolarmente figurano nella rivista. E in particolare di segnalare che la preziosa collaborazione di don Pasquale Foresi ci è stata assicurata per diversi numeri ancora. MEZZO SECOLO DI OMERTÀ SULLE FOIBE Si è tornato a parlare di foibe. Finalmente! Era ora che si parlasse senza veli di quei terribili mesi dell’occupazione jugoslava, quando venne iniziata quella pulizia etnica che sacrificò nelle foibe 17 mila italiani, quasi tutti colpevoli soltanto di essersi riconosciuti tali. Ma neppure si può sorvolare su questo mezzo secolo di silenzio omertoso che ci separa da quegli anni.Anni di dolore per gli istriano-dalmati.Anni di vergogna per noi, nei quali si è finto che quella brutta pagina di storia non fosse stata scritta mai. È vero che qualche coraggioso ha cercato di rimuovere quel velo, ma la consegna impartita dai nostri governi è stata sempre quella di seppellire nel silenzio una memoria troppo scomoda. Non sono un profugo, ma ho sofferto con loro e per loro, e anche per noi, per la nostra viltà. La mia non più breve vita mi consente di ricordare episodi vergognosi, come l’accoglienza indegna che quei poveretti, in fuga dallo sterminio, ebbero da parte di squadre organizzate del Pc al loro sbarco ad Ancona e al loro passaggio da Bologna. Fischi, sputi e insulti, oltre all’epiteto di fascisti, quando la verità era ben altra. Mi fermo, perché so che, dilungandomi, non mi pubblichereste. Franco G. – Bologna Sì, finalmente pare che quella ferita ancora aperta dopo mezzo secolo possa venire rimarginata, almeno nella memoria collettiva. Per il resto non ci sono risarcimenti adeguati come non lo sono state queste sofferenze agli italiani, per risarcire i torti inflitti da noi agli jugoslavi. Ma in questo caso, molto male, male morale, ce lo siamo fatto da soli. Io stesso, quando ho pur timidamente cercato di alzare un poco il velo dell’omertà, sono stato guardato come un marziano. Con la nuova decisione perorata dallo stesso presidente Ciampi e finalmente condivisa in maniera trasversale dalla maggior parte degli schieramenti politici, di celebrare il 10 febbraio la memoria di quell’olocausto, si è assistito all’autocritica di chi, per rendere giustizia alle vittime, è sembrato assumersi con coraggio le colpe dei padri. È stato colto un parallelismo fra l’autocritica di Fini a Gerusalemme e quella di Fassino sulle foibe.Anche il riconoscimento al merito di questo coraggio è stato trasversale. I saggi dicevano che il tempo è galantuomo. In questi giorni è sembrato che anche gli uomini sappiano qualche volta esserlo.

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