La posta del direttore

Non ce l’ho con l’arbitro Moreno “Sono un ragazzo di sedici anni, amo lo sport in generale, pratico la pallacanestro a livello agonistico, ma sono attratto in modo irrefrenabile dal calcio. Seguendo l’avventura mondiale della nazionale italiana e di altre squadre, mi sono reso conto che errori arbitrali o complotti di dirigenti hanno manovrato scorrettamente lo svolgimento del torneo più prestigioso del pianeta. I milioni di italiani che hanno gridato allo scandalo non sono gli unici a recriminare. Chi ha incontrato la Corea (dal Portogallo alla Spagna) è stato travolto da ingiuste decisioni arbitrali. E della parzialità sono state vittime altre squadre, dal Messico al Belgio. “Credo che Trapattoni e i giocatori avrebbero potuto fare qualcosina in più, ma non ce l’ho con loro. Ce l’ho con chi, oltre a decidere chi deve vincere e chi deve perdere, minimizza gli errori che sono stati fatti a danno dell’Italia e di altre nazionali. Ce l’ho con chi per i propri interessi designa un arbitro anziché un altro. Ce l’ho con chi oltre a sconfiggere l’Italia sconfigge il calcio. Ce l’ho con chi tenta di distruggere lo sport facendolo diventare uno strumento di potere. “Se riuscissero a dimostrarci che è stato tutto un caso, preghiamo i potenti signori della Fifa di portare al prossimo mondiale arbitri più competenti. Ma resta un fatto. Da questo evento mondiale, che dovrebbe essere ogni volta una festa, esce un calcio buttato fuori a calci. Per noi giovanissimi affascinati dallo sport non è stata una bella lezione. Nel calcio si vince o si perde, ma senza l’amarezza di un risultato deciso a tavolino”. Tommaso Loriga – Siena Un occhio di riguardo alla squadra del paese organizzatore dei Mondiali non è mai stato negato nelle edizioni precedenti. Ma si era trattato di attenzioni non decisive. Questa volta abbiamo assistito a molto di più. Troppo. E non solo in favore della Corea. Il calcio merita di meglio. Soprattutto a livello di dirigenza, tanto internazionale, quanto italiana. Perché il male peggiore non è l’esclusione degli azzurri o di altre nazionali, ma il disincanto che ha graffiato la genuina passione per lo sport di tanti giovanissimi, di cui Tommaso si è fatto spontaneo portavoce. Occorrono immediate riforme per una gestione trasparente del governo del calcio mondiale. Altrimenti sarà una disciplina condannata a perdere in fascino e credibilità. Quelle controverse impronte digitali “Non vi pare che si sia dato un rilievo eccessivo alla proposta di prendere le impronte digitali degli immigrati? Del resto, anche nella carta di identità tutt’ora in uso in Italia c’è uno spazio riservato a questo scopo. “Personalmente non avrei nulla in contrario a che si prendessero le impronte anche agli italiani, a cominciare da me. Così almeno non si potrebbe più parlare di discriminazione e di razzismo, mentre crescerebbe la soglia di sicurezza per tutti”. La decisione di rilevare le impronte digitali agli immigrati (art.5, c.2-bis: “Lo straniero che chiede il permesso di soggiorno è sottoposto a rilievi fotodattiloscopici”) ha sollevato un forte dibattito. In realtà, in sede europea, questa pratica è stata introdotta quando, l’11 dicembre 2000, il Consiglio dell’Unione europea ha istituito, presso la Commissione europea, il sistema “Eurodac”, consistente in una banca dati informatizzata che ha il compito di confrontare le impronte digitali non di tutti gli stranieri, ma solo di alcune categorie di essi: quelli che richiedono asilo in uno degli stati membri, quelli fermati perché hanno attraversato in maniera irregolare una frontiera esterna dell’Unione, gli stranieri presenti illegalmente in uno stato membro dell’Ue. Tale banca dati si è resa necessaria – nell’ambito dello scambio di informazioni tra gli stati dell’Ue – per dare realizzazione alla Convenzione di Dublino (applicata in Italia dal 1° settembre 1997), che stabilisce i criteri in base ai quali determinare quale sia lo stato membro dell’Ue competente ad esaminare una domanda di asilo. Il rilievo e il confronto delle impronte digitali si rende necessario, sicuramente, quanto non è possibile stabilire in altro modo l’identità dello straniero: in questi termini esso viene già messo in atto in Francia. L’allargamento di tale pratica a tutti coloro che chiedono il permesso di soggiorno riflette una crescente preoccupazione di controllare il fenomeno. Negli Stati Uniti, ad esempio, dove il fenomeno immigratorio è una costante della vita nazionale, il rilievo delle impronte riguarda tutti coloro che richiedono il permesso di lavoro e di soggiorno. In Spagna e in Brasile, poi, è applicato anche a tutti i cittadini. In generale, anche alla maggioranza degli italiani il rilievo generalizzato delle impronte digitali, applicato senza discriminazioni, appare uno strumento adeguato alle crescenti necessità di sicurezza. Buone intenzioni e buoni principi “Ho letto la risposta alla lettrice sul n.10 ed ho concluso che “L’inferno è lastricato di buone intenzioni”. “Riprendo l’osservazione della suddetta lettrice “potreste fare a meno di mettere la foto di Veltroni in copertina e dedicargli addirittura cinque pagine” non tanto per motivi politici, quanto per considerazioni di ordine… morale. “Quando si pone all’attenzione del lettore una immagine, questa deve stimolare pensieri di crescita sociale, morale, religiosa, etica. Mi pare che il signor Veltroni sia tutt’altro che un paladino dei princìpi ai quali si ispira e che difende la rivista. Egli appartiene ad un’ideologia che è divorzista, abortista, favorevole al riconoscimento giuridico delle unioni di fatto, tutte caratteristiche che minano alla base la famiglia, nucleo e cardine della società. “Gradirei una risposta che sarà certamente critica e di assoluta non condivisione”. Cesino Schiavi – Padova Penso che ogni lettera meriti una risposta, soprattutto se non è di piena condivisione. Purtroppo ho dovuto pubblicare la sua solo in parte, perché troppo lunga, sperando di avere salvato l’essenziale. E ne approfitto per raccomandare una volta di più a tutti la concisione. Per lo stesso motivo non sto a ripetere la mia risposta alla lettrice cui lei fa riferimento, perché nel frattempo abbiamo potuto pubblicare anche l’intervista fatta al sindaco di Milano Albertini. Quanto alla tesi da lei sostenuta, è vero che non si può definire l’on.Veltroni paladino dei princìpi sulla famiglia che Città nuova sostiene; mentre può esserlo di molti altri princìpi che ci sono cari, come l’attenzione agli ultimi, per citarne uno soltanto. Ma neppure questo conta. Importa invece ciò che lui ha detto. Poco o tanto. Bene o male. Mi sarei aspettato, dunque, che le eventuali critiche fossero rivolte alle risposte che il sindaco di Roma ha dato. Ecco perché non mi sento di condividere la sua posizione pregiudiziale, ma la ringrazio comunque perché anche una critica può portare un contributo al dialogo, e in tal caso non andrà a lastricare l’inferno. Il giorno atteso “Poter guardare vorrei anch’io lontano/ di là dell’orizzonte;/ vorrei sopra ogni cosa/ scorgere nel chiaro dell’aurora/ dopo la notte/ il giorno atteso,/ per dire al figlio che cammina:/ non v’è città nemica”. Franco Nappo – Torre Annunziata Faccio uno strappo alla regola che ci siamo dati di non pubblicare poesie, riportando solo l’ultima strofa di una composizione che esprime un profondo desiderio di riconciliazione e di pace, tanto più condivisibile oggi. Divulgazione scientifica e ideologica “Piero e Alberto Angela fanno delle trasmissioni di seria e godibile divulgazione scientifica, tranne quando l’ideologia – l’ateismo, che non è e non può essere una tesi scientifica, tanto meno dimostrata – prende loro la mano. “È il caso di Ulisse del 20 aprile su Raitre. Davanti a un mirabile cristallo di sale sotterraneo antichissimo, Alberto Angela dice: “Nessuno l’ha progettato”. Ohibò, come si diceva una volta, prova quello che dici. Lui mi risponderebbe: “Si può forse provare, scientificamente, il contrario?”; Certo che no, direi, restando nella scienza naturale, che deve spiegare i come e non i perché. Però. “Però; se resta vero che la scienza naturale non può e non deve dare prove dell’origine non materiale della materia – e c’è una buonissima ragione per questo: se per assurdo la scienza naturale provasse l’esistenza di Dio, Dio sarebbe… una cosa! -; se è vero questo, è però altrettanto vero che la scienza naturale (continuo a scrivere naturale, perché non esiste solo lei), restando nel suo ambito di fenomeni materiali, può accumulare indizi. Indizi, non prove; ma indizi, direi, interessanti. “Uno scienziato, in un congresso di colleghi in maggioranza non credenti, fece più o meno questo discorso: Vado nel deserto. Su una parete rocciosa vedo inciso: “Nel mezzo del cammin di nostra vita/ mi ritrovai per una selva oscura,/ ché la diritta via era smarrita”. Torno da voi e dico: Guardate cos’hanno fatto gli agenti geologici e atmosferici, la sabbia e il vento.Voi mi direste: tu sei matto. Bene: sono matto se vi dico che in un batterio, che siamo tutti d’accordo nel definire un essere vivente elementare, c’è cinquemila volte il numero di tutte le informazioni contenute nei più che quattordicimila versi della Divina Commedia? “. Giovanni Casoli – Roma

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